Raul Hilberg, storico della Shoah, e Norman Cohn, "specialista in persecuzioni" due ritratti
Testata: Il Foglio Data: 11 agosto 2007 Pagina: 2 Autore: Nicoletta Tiliacos Titolo: «Norman, specialista in persecuzioni. - L’intuizione di Hilberg fu raccontare la burocrazia del male»
Un ritratto dello storico Norman Cohn:
Norman Cohn
Nacque il 12 gennaio 1915. Nacque a Londra. Il padre era ebreo, la madre cattolica. Si dedicò allo studio delle lingue. A Oxford si laureò in Lingue moderne. Quando scoppiò la guerra si arruolò, servì nel reggimento della regina, mise a frutto le sue conoscenze linguistiche per decrittare i codici del nemico. Alla fine delle ostilità fu mandato a Vienna per interrogare i membri delle SS. A Vienna incontrò anche i rifugiati dall’Urss staliniana. Fu tra i primi a cogliere il parallelismo e le analogie tra i due totalitarismi. Smessa nel 1946 la divisa, insegnò francese all’Università di Glasgow, ma l’esperienza di Vienna lo indirizzò a un filone di studi trascurato dalla storiografia convenzionale. Grazie alla sua conoscenza profonda del latino medievale, del greco, del francese antico e dell’alto e basso tedesco, rintracciò e tradusse negli archivi di mezza Europa i documenti che conservavano la testimonianza del complesso intreccio di movimenti e di idee di ispirazione apocalittica. Come aveva fatto con le SS naziste, interrogò i flagellanti che nel 1349 avevano massacrato gli ebrei a Francoforte, istruì un processo contro gli anabattisti che nel Cinquecento a Münster avevano creato un effimero e scandaloso stato comunista e teocratico. Inseguì gli hussiti boemi che in nome di Dio avevano istigato i contadini alla rivolta, i ranters inglesi che in nome dell’ispirazione diretta dello Spirito Santo predicavano il rifiuto di ogni regola morale e praticavano ogni licenza. Rintracciò nella predicazione di Gioacchino da Fiore, calabrese del XII secolo, che i ranters aveva ispirato, le radici del marxismo. Non lasciò che sfuggissero al giudizio catari e patarini, bogomili e dolciniani. Citò in giudizio tutti quei movimenti millenaristici che predicando l’avvento di un mondo perfetto perseguitavano e odiavano gli avversari e coltivavano quella mala erba del totalitarismo che nel Novecento avrebbe portato all’Olocausto e all’universo dei Gulag, alla Gestapo e all’Ovra. Pubblicò nel 1957 “The Pursuit of the Millennium: Revolutionary Millenarians and Mystical Anarchists of the Middle Ages”. Fu un successo immediato e duraturo. Il libro venne tradotto in un’infinità di lingue e giudicato infine, per quello che simili giudizi possono valere, uno dei cento libri più importanti del Novecento. Lo storico dilettante divenne professionista. Nel 1960 Cohn fu nominato direttore del centro per gli studi sulla persecuzione e il genocidio all’università del Sussex. Vi studiò la questione dei protocolli di Sion, il falso che permise di accreditare l’idea di una congiura ebraica intesa a dominare il mondo, dimostrò come le radici dell’antico antisemitismo millenarista medievale continuavano a proliferare nel novecento. Si occupò dei motivi profondi della caccia alle streghe nel rinascimento, ne trovò le radici nella persecuzione di cristiani nell’impero romano, dei templari nel regno cristiano di Filippo il Bello. E’ morto lunedì 30 luglio.
Un intervista allo storico Michele Battini sull'opera di Raul Hilberg:
Hilberg, storico isolato e incompreso, che per molto tempo ha lavorato circondato da indifferenza e fastidio. Hilberg, instancabile catalogatore di documenti sull’Olocausto, più capace di dire “come” avvenne lo sterminio che di ragionare sul “perché”, uno che si fidava delle carte “decine di migliaia di pezzi”, che diceva che “tutto quello che appare su una pagina è importante: il modo in cui le cose sono dette, a chi sono indirizzate, i commenti a margine”. Hilberg, che ancora a ottobre raccontava a un giornalista di Libération come alla fine degli anni Quaranta, per quella tesi che poi sarebbe diventata la monumentale “Distruzione degli ebrei in Europa” (2.400 pagine nell’ultima ristesura) aveva “costruito un piano di ventidue pagine, quello che uso ancora oggi”. E’ stato per molti versi uno studioso “irregolare”, Raul Hilberg, austriaco di nascita, americano d’adozione e morto ottantunenne due giorni fa nel Vermont. Michele Battini, docente di Storia contemporanea all’università di Pisa, dice al Foglio che “è di Hilberg un’intuizione fondamentale e imprescindibile, se si voglia davvero capire che cosa fu lo sterminio degli ebrei a opera del nazismo. Fu lui il primo a comprendere che era stato necessario il coinvolgimento di un immenso apparato burocratico, amministrativo, industriale, di infrastrutture, per poter attuare la distruzione degli ebrei europei, e la sua at- LO STORICO SOLIT ARIO DELL’OLOCAUSTO tività di catalogazione puntigliosa fu esattamente il modo che trovò per rispondere al ‘perché’ dell’Olocausto”. I libri di Hilberg, spiega Battini, “sono spesso faticosi da leggere, soprattutto per quei capitoli che ricostruiscono in modo quasi pedante l’organizzazione dei trasporti, delle ferrovie, gli assetti degli uffici e la ripartizione delle mansioni burocratiche. Ma quelle elencazioni apparentemente noiose parlano sempre di responsabilità amministrative e organizzative e raccontano un pezzo di storia. Così lontane, in superficie, dalle decisioni all’origine dello sterminio e a volte anche dalla sua concreta attuazione, ma essenziali per la sua realizzazione”. E’ dunque lì, nei passaggi automatici di una solida burocrazia, nella coscienziosa preparazione delle diverse fasi organizzative “infrastrutturali”, che Hilberg rinviene e denuncia freddamente il meccanismo che permise di annientare tanta parte degli ebrei europei. Questa impostazione, prosegue Battini, “è molto coerente con quella che era stata la formazione di Raul Hilberg. Il quale era stato allievo di Franz Leopold Neumann al Brooklin college di New York, che nel novero dei sociologi e dei giuristi francofortesi fu quello che aveva accettato di dare un’interpretazione del sistema tedesco come articolazione di una ‘pluricrazia’ multi-poteri. Un’interpretazione radicalmente contraria, questa di Neumann fatta propria da Hilberg, all’immagine del moloch totalitario, del leviatano. Mentre l’ipotesi di Neumann, piuttosto complessa, riguarda l’articolazione dell’intero stato tedesco, Raul Hilberg si propone di verificarla per quanto riguarda l’apparato dello sterminio”. Le conclusioni che tirerà, spiega ancora Michele Battini, sono “che sia l’apparato tradizionale dello stato, sia l’industria produttrice dei prodotti chimici che furono necessari ai lager, sia altre articolazioni amministrative furono parte essenziale di quegli eventi. Geniale, a mio avviso, è la visione di una società intera e di uno stato che si applicano all’impresa dello sterminio, e che quindi non escludono nessuno dalla responsabilità”. Una struttura complessa, fatta di diversi livelli e di diversi coinvolgimenti, ovvero quanto di più lontano dalla teoria, a suo modo consolatoria, di un manipolo di uomini ai quali, soli, imputare la volontà criminale di eliminare gli ebrei europei. Storico fuori dalle scuole anche tra gli studiosi dell’Olocausto, Hilberg ha molto battagliato per difendere le proprie posizioni, compresa quella con la quale spiegava la relativa assenza di resistenza da parte ebraica (“solo gli esecutori avevano una visione d’insieme, non le vittime”, diceva) e la sua preferenza per i documenti scritti, anche i più scialbi, all’apparenza, rispetto alle testimonianze orali. L’opera di Hilberg ci dice, conclude Battini, che “lo sterminio degli ebrei fu una finalità addirittura più importante rispetto all’obiettivo della vittoria nella guerra. Si rimane colpiti, leggendo certe pagine, dalla quantità impressionante di energie e di risorse che, in certe fasi della guerra, lo stato nazista dedicò alla macchina dello sterminio, anche a detrimento dell’efficienza bellica”.
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