Nuova esplosione davanti a un centro islamico le ipotesi degli inquirenti
Testata: Il Foglio Data: 11 agosto 2007 Pagina: 3 Autore: la redazione Titolo: «Dietro ai tubi esplosivi davanti al centro islamico di Abbiategrasso»
Dal FOGLIO dell'11 agosto 2007:
Milano. Due tubi di metallo e un po’ di polvere pirica piazzati davanti al centro islamico di Abbiategrasso sono stati fatti esplodere nella notte tra giovedì e venerdì. Lo scoppio ha danneggiato solo l’ingresso del locale, tanto che alle autorità giunte dopo la mezzanotte è parso più grave il susseguirsi di gesti analoghi nell’hinterland milanese rispetto all’ordigno in sé, esploso solo in parte e innescato da una striscia di liquido infiammabile. Nessuno si trovava nel locale, sede di un’associazione islamica tra le più moderate della Lombardia, estranea al circuito delle moschee dell’Ucoii e nota al sindaco Roberto Albetti, di Forza Italia, per aver partecipato alle commissioni del consiglio comunale quando all’ordine del giorno c’erano le dinamiche d’inserimento degli immigrati nel tessuto cittadino. L’associazione Alif Baa vi ha sempre preso parte senza avanzare richieste islamicamente corrette, impegnandosi a far partecipare i suoi iscritti alla vita del comune milanese e a non rinunciare ai momenti di preghiera che pure, ad Abbiategrasso, non sono mai mancati. Prima di fare il calcolo dei recenti episodi che hanno accomunato molotov e islam, polizia e carabinieri hanno controllato i dossier su Via Crivellino, sede di Alif Baa, inaugurata nell’aprile del 2005. L’ipotesi di una bravata si è affievolita leggendo i rapporti: pochi gioni prima, la stessa associazione ha subito un attacco similare, due bottiglie incendiarie sono state gettate nel cortile del centro nella notte tra il 26 e il 27 luglio. Pochi, però, ne hanno parlato, perché le fiamme si sono sedate naturalmente e senza danneggiare la struttura. Che quello di giovedì notte sia un episodio estemporaneo è stato dunque quasi escluso dagli inquirenti, anche se il gesto non è stato rivendicato in nessuno dei due casi. Secondo le prime ricostruzioni, resta in piedi la sfida tra le componenti più dure dell’islam e quelle che lottano per una maggiore autonomia e per un reale processo di integrazione. Nel centro islamico Alif Baa non circolano infatti libri e volantini legati alla rete nazionale dell’islam organizzato, ma ci si ritrova per lavorare a un percorso comune, quello dell’integrazione. Evidentemente quest’approccio vicino a un islam moderato, se non propriamente laico, ridimensiona quello più radicale che anima, per esempio, la moschea di Segrate, in cima al dossier dell’antiterrorismo nel nord Italia. Anche davanti al centro di Segrate nei giorni scorsi è esplosa una molotov, senza rivendicazione. Sulle agenzie è finita la ricostruzione del vicepresidente della moschea, Hamid Zariate, che ha spiegato: “Si parla tanto di pericolo islamico, ma gli attentati li fanno a noi”. Secondo il Viminale, un pericolo di matrice islamica però c’è, altrimenti il dossier dell’intelligence appena aggiornato non esisterebbe. Quello che gli inquirenti lasciano trasparire è che la componente più radicale si sta riorganizzando per riconquistare rappresentanza nella comunità musulmana. Questo clima di confusione fa in parte il loro gioco e non si esclude che alcuni di loro vi si siano inseriti: cinque blitz negli ultimi cinque mesi se si considerano anche quelli alla sede milanese della moderata Coreis (3 maggio), all’Islamic Relief (13 aprile), unico gesto rivendicato da una sigla, e alla moschea di Savona. Intanto, mentre polizia, carabinieri e antiterrorismo continuano a indagare sui tubi esplosivi di Abbiategrasso e mentre i Servizi di sicurezza elaborano la mappatura delle moschee più a rischio di infiltrazioni eversive, il Garante della privacy ha condannato Sky a cancellare un servizio andato in onda a febbraio. Con la stessa motivazione ha decretato che il Corriere della Sera cancelli dagli archivi un articolo del vicedirettore Magdi Allam che riportava il contenuto del filmato: due giornalisti di Sky, una somala e un iracheno, avevano avvicinato Abou Imad (imam di Viale Jenner a Milano) Kahchia Brahim (Varese) e Mohamed Ben Mohamed (Centocelle). Si erano presentati come marito e moglie per un consulto religioso sul velo. Tutti e tre gli imam hanno avuto parole dure verso l’occidente, auspicando la nascita di partiti musulmani che cerchino di imporre la sharia in Italia. Ma una volta scoperti si sono rivolti al Garante.
Per inviare una e-mail alla redazione del Foglio cliccare sul link sottostante lettere@ilfoglio.it