Ritratto di Raul Hilberg lo storico della Shoah recentemente scomparso
Testata: La Stampa Data: 09 agosto 2007 Pagina: 38 Autore: Elena Lowenthal Titolo: «Raul Hilberg la passione di raccontare l'Olocausto»
Da La STAMPA del 9 agosto 2007:
Se n'è andato qualche giorno fa, coperto da quell'omertà che sotto l'ombrellone, quand'è tempo di vacanze, avvolge le notizie tristi. Raul Hilberg è morto il 4 di agosto, a ottantuno anni. Aveva lasciato Vienna adolescente insieme alla famiglia, nel famigerato 1939. Ma tornò in Europa qualche anno dopo, con l'uniforme dell'esercito americano. A Monaco venne incaricato dai suoi ufficiali di badare ai locali del partito nazista ormai disfatto: la scoperta di casse e casse di carta stampata - la biblioteca personale di Hitler - segnò la sua vita. E' raro, infatti, trovare una carriera di storico votata così come la sua interamente a un'unica - per quanto enorme - questione. Già la sua tesi di laurea, infatti, porta il titolo dell'opus magnum in più volumi che uscirà alcuni anni dopo di allora: La distruzione degli ebrei d'Europa apparve in inglese nel 1961 ma solo nel 1982 venne tradotta in tedesco. L'edizione italiana, in due volumi, arrivò nel 1999 per le edizioni Einaudi e continua a rappresentare il punto di riferimento principale nella storiografia della Shoah. Un'opera monumentale ma dalla scrittura densa, profonda, sempre in stretto contatto con una smisurata mole di documentazione d'archivio. Sin dai tempi della sua tesi di laurea, al Brooklyn college e sotto la guida di Franz Neumann, Hilberg era convinto che questa storia, questa mostruosa frattura nella modernità, non potesse restare affidata ai racconti dei sopravvissuti, a una labile tradizione orale. A partire dal rifiuto del termine «olocausto», carico di un'inadeguata valenza religiosa, in favore del più asettico ma anche drastico «distruzione», Hilberg traccia i confini del metodo storiografico nel contesto di quegli anni e di quella tragedia. La stessa Hannah Arendt, durante la sua esperienza d'ascolto al processo Eichmann, ha modo di citare come esempio l'indefessa ricerca di Hilberg. Che resta tuttora un modello di equidistanza armata di pathos: lo storico non è certo distante dalla bruciante materia che affronta. La sua esperienza di vita è anzi parte integrante, e sofferta, di questa storia. Eppure la precisione documentaria, la fedeltà all'immenso bagaglio di fonti raccolte lungo tutto una vita, non cedono mai il passo al grido di dolore. Hilberg si tenne sempre distante da ogni radicalismo, vuoi sentimentale vuoi metodologico. La sua storia di quegli anni, vista attraverso l'obbrobriosa lente della soluzione finale, è un immenso affresco della memoria.
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