Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
L'attentato alla moschea di Segrate e il pericolo fondamentalista che non deve essere negato: un editoriale di Magdi Allam
Testata: Corriere della Sera Data: 08 agosto 2007 Pagina: 35 Autore: Magdi Allam Titolo: «Il caso della moschea di Segrate»
Dal CORRIERE della SERA dell'8 agosto 2007, un editoriale di Magdi Allam:
Negli ultimi anni migliaia di moschee sono state attaccate e chiuse in diversi Paesi musulmani, tra cui il Pakistan, l'Arabia Saudita, il Marocco e l'Egitto, da parte delle forze dell'ordine che vi hanno individuato dei centri di sovversione contro lo Stato; altre decine di moschee sono state fatte esplodere in Iraq e in Afghanistan anche da parte di terroristi suicidi islamici che, condannando i correligionari di «eresia», ne legittimano il massacro persino nel momento in cui pregano lo stesso Dio. Ma se una moschea subisce un attentato in Italia, il buonismo dilagante ci porta istintivamente a escludere delle dinamiche interne all'eterogenea e conflittuale realtà dell'islam e a ritenere più probabile che possa trattarsi del gesto folle di un autoctono affetto da islamofobia acuta. Va da sé che chiunque sia stato l'autore dell'attentato contro la moschea di Segrate, a Milano, nella notte dello scorso 6 agosto e qualunque sia stata la sua motivazione, la condanna deve essere netta. Né intendo escludere che possa effettivamente trattarsi di due naziskin, come sostiene il sedicente vice- imam Hamid Zariate, a cui è stata incendiata la sua Peugeot 306 parcheggiata di fronte alla moschea. Ma ciò che vorrei rilevare è che storicamente la moschea è il catalizzatore e lo specchio di una problematicità e una conflittualità strutturali insiti in una religione che è fisiologicamente plurale ma che non è mai stata pluralista, ovvero che a fronte della diversità nell'interpretazione del credo non ha mai sviluppato una democrazia interna, che pertanto ha sempre manifestato forme di violenza endogene e nel suo rapporto con le altre fedi. Per quanto attiene alla situazione specifica del-l'Italia, che ricalca in ritardo le orme dei Paesi europei che ci hanno preceduto nell'accoglienza degli immigrati e che hanno ingenuamente permesso se non favorito il radicamento di una rete di moschee monopolizzate dagli integralisti e dagli estremisti islamici, si possono individuare tre problematiche principali. La prima è la crescita del pensiero e dell' attività dei gruppi jihadisti, propugnatori dell'ideologia della guerra santa islamica, che sono figli naturali anche se ribelli dei Fratelli Musulmani, dei wahhabiti e dei salafiti, di tutti coloro che autoproclamandosi unici detentori del «Vero Islam», hanno finito per ritrovarsi in competizione e in conflitto aperto con chi non esita a ricorrere al terrorismo per imporre il «Verbo di Allah», che immagina di incarnare. È in quest'ambito che si ascrive la grave aggressione fisica subita dal sedicente imam di Segrate, Ali Abu Shwaima, il 19 aprile 2004, da parte di Mohammed Mouraki condannato a otto anni di reclusione. La seconda è la diffusione di un'intolleranza religiosa da parte dei gestori delle moschee nei confronti dei musulmani eterodossi, ossia tutti coloro che non corrispondono in tutto e per tutto allo stereotipo del «Vero Musulmano», a cominciare dai non praticanti, i laici e i liberali. Anche recentemente lo stesso Abu Shwaima ha rilasciato delle dichiarazioni al sito in lingua araba legato ai Fratelli Musulmani, islam-online.net, in cui, definendo il mio libro Viva Israele come «oltraggioso dell'islam e dell'arabicità » e presentandomi come ostile alla «resistenza palestinese» e della «resistenza islamica in Iraq», mi addita di fatto come un nemico dell'islam. Ebbene, è un dato di fatto che se io oggi mi presentassi nella sua moschea di Segrate e nella gran parte delle moschee d'Italia, non sarei accolto amichevolmente. Ovviamente non ci penso proprio. La terza è la trasformazione delle moschee in un business garantito. Oggi in Italia chiunque può affittare un locale, sia esso uno scantinato o un capannone, affiggerci la targa «Centro culturale islamico », autoproclamarsi imam, registrarlo come Onlus — organizzazione senza scopo di lucro — per avere la certezza di concorrere nella riscossione dei finanziamenti locali, nazionali ed europei destinati alle associazioni culturali. C'è un fiume di denaro pubblico che sta alimentando il business delle moschee, non a caso soprattutto in crescita nelle regioni ricche del Nord e, in particolare, nei comuni amministrati dal centrosinistra, che sono più prodighi nell'accordare i permessi e talvolta nel regalare i terreni, gli stabili e dei finanziamenti ad hoc. In questo contesto è possibile che esplodano dei conflitti tra i «musulmani di professione» che si contendono il business delle moschee. Questi sono dei dati di fatto che caratterizzano la realtà strutturale e contingente delle moschee in Italia, che devono essere tenuti in debito conto a prescindere dall'identità dell'autore e dalla natura dell'attentato contro la moschea di Segrate. Prima che anche l'Italia, al pari dei Paesi musulmani, si trovi costretta a dover far intervenire l'esercito e le forze dell'ordine per difendere la propria sovranità e sicurezza dalla minaccia delle moschee trasformate in centri di eversione e covi di terroristi. www.corriere.it/allam
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