Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
L'Iran non vuole "interferenze" sui suoi patiboli che servono soprattutto a scoraggiare ogni critica al regime
Testata: Corriere della Sera Data: 06 agosto 2007 Pagina: 2 Autore: Viviana Mazza Titolo: «Pena di morte, Teheran attacca «Interferenze le critiche italiane» - «Al patibolo finisce anche chi protestò per la benzina»»
DalCORRIERE della SERAdel 6 agosto 2007, apagina 2, la cronaca di Viviana Mazza sulle prosteste iraniane nei confronti dell'Italia:
Gli italiani la smettano di «interferire » negli affari di Stato iraniani. Risponde con stizza il governo di Teheran alle critiche giunte dall'Italia e dall'Europa per l'ondata di esecuzioni capitali in Iran, 21 almeno nell'ultimo mese e già 150 quest'anno. «Ogni Paese indipendente agisce contro i criminali in modo appropriato alle sue leggi e qualsiasi ingerenza dall'esterno è un'ingerenza negli affari interni dello Stato»: queste le parole del portavoce del ministero degli Esteri Mohammad Ali Hosseini ai giornalisti che gli chiedevano ieri una risposta alle pressioni ricevute. Ed è un chiaro e tondo «fatevi-gli-affari-vostri» la replica alla «viva preoccupazione » pronunciata giovedì dalla Farnesina, alla condanna per «il crescente ricorso alla pena di morte» della presidenza portoghese dell'Ue, e allo sdegno di molti politici tedeschi (tra cui c'è chi definisce l'Iran «medievale »). Per Hosseini, la questione è semplice: i criminali vanno puniti e ogni Paese lo fa come più gli aggrada. Il problema è che nell'Ue c'è chi contesta sia la punizione, ovvero la pena di morte (contro cui l'Ue ha approvato una proposta di moratoria da portare all'Onu), sia il fatto che i condannati siano criminali. La mobilitazione delle associazioni per i diritti umani in Italia si è soprattutto concentrata sul caso di Adnan Hassanpour e Hiwa Butimar, giornalisti iraniani di etnia curda condannati a morte il 16 luglio. Verranno puniti per la loro «ostilità verso Dio» (un'imputazione spesso diretta contro chi è accusato di crimini contro la sicurezza dello Stato). Questo il verdetto di un tribunale rivoluzionario di Marivan, nel nord-ovest del Paese. Ma secondo l'associazione «Articolo 21», che ha lanciato un appello per la sospensione della sentenza, i due sono rei solo di «aver scritto e diffuso parole di libertà contro la metodica persecuzione esercitata dal regime degli ayatollah nei confronti dei curdi ». L'appello è stato firmato da oltre 70 parlamentari italiani e dalla Farnesina è giunta a Teheran la richiesta di sospendere le sentenze di morte pendenti. Hosseini dice che si sbagliano tutti: «La copertura della vicenda da parte dei media occidentali si è basata su due opinioni: la prima che i due siano stati condannati in quanto giornalisti, la seconda perché sono curdi ». Invece, continua, «le sentenze emesse dalla magistratura iraniana riguardano la violazione della legge» e «non hanno nulla a che fare con l'appartenenza etnica, la professione o la carica » dei condannati. Insomma, il caso sarebbe stato costruito ad arte dalla stampa occidentale per «fini politici». Ma è difficile credere che 129 giornalisti iraniani oggi si trovino dietro le sbarre in Iran per qualcosa che non ha nulla a che fare con la loro professione. Al contrario, scrive Reporters senza frontiere, «le autorità in Iran... vogliono far tacere con ogni mezzo i giornalisti più critici e tutti gli attivisti». In un'intervista a Bild, l'esperto di diritti umani della Spd Christoph Strässer dice che è indispensabile porre la questione all'assemblea generale o al consiglio per i diritti umani dell'Onu. Non è la prima volta però che i leader europei esprimono preoccupazione per i diritti umani in Iran. Ma benché Human Rights Watch abbia suggerito di inserire nel negoziato sul nucleare una richiesta all'Iran di cessare gli abusi, ciò non è accaduto. C'è chi tra i dissidenti iraniani si aspetta poco oltre alle parole: «Se il governo iraniano annunciasse che è pronto a sospendere l'arricchimento dell'uranio e riconoscere Israele in cambio del silenzio degli occidentali sulle sue violazioni dei diritti umani, quanti governi europei rifiuterebbero?», ha detto al Corriere Hossein Bastani, direttore del giornale online Rooz, che ha visto arrestati in questi giorni tre dei suoi giornalisti. Ma c'è chi preferisce sperare, come Leila, la sorella di Adnan Hassanpour: «L'appoggio locale e internazionale per mio fratello è l'unica cosa che ci consola. Spero che il pubblico e le organizzazioni per i diritti umani non ci lascino soli».
Un'intervista di Viviana Mazza all'esule iraniano, residente negli Usa Mohsen Sazegara
Un crescente numero di esecuzioni. Impiccagioni e lapidazioni in pubblico che non si vedevano da anni. Si moltiplicano gli arresti. Cosa sta accadendo in Iran e perché? Risponde Mohsen Sazegara, dissidente iraniano, docente ad Harvard negli Usa. In gioventù è stato leader del movimento studentesco contro lo Scià, poi tra i fondatori delle Guardie della rivoluzione, ma le sue idee riformiste si scontrarono con quelle della Guida suprema Ali Khamenei e finì in prigione. «C'è un'accelerazione negli arresti e una maggiore brutalità nella repressione — dice —. Questa è la politica del pugno di ferro dettata da Khamenei ad Ahmadinejad e alla magistratura: il popolo deve avere paura del governo. Ma l'accelerazione è dovuta anche alla grave crisi economica: Khamenei vuole dimostrare che nessuno può osare protestare contro il governo per la situazione economica. Infatti alcune delle 16 persone recentemente impiccate (il 22 luglio, ndr) con l'accusa di essere criminali comuni avevano protestato contro il razionamento della benzina. E il generale Radan, il capo della polizia di Teheran, ha detto che se non li si eliminava c'era il rischio di nuove proteste». Sono efficaci questi metodi? «Sono piuttosto efficaci nel creare un clima di paura. Sono stati arrestati tutti i leader del principale movimento studentesco e gli studenti che avevano protestato contro Ahmadinejad. Il governo vuole chiarire che non tollererà alcuna opposizione. Ma prevedo che in autunno la situazione economica peggiorerà, con una crescente inflazione e disoccupazione, provocando proteste come quelle avvenute per il razionamento della benzina. Quando ci sono proteste così diffuse non è facile controllarle come con il movimento studentesco. È questa la principale sfida che attente il regime». E l'intervento italiano è utile? Ed è sufficiente? «È utile senza dubbio ed è un esempio che andrebbe seguito. Vorremmo che la comunità internazionale facesse pressione non solo per la questione nucleare ma anche per i diritti umani e la democrazia che sono le priorità per il popolo iraniano. Se l'Onu approverà sanzioni serie contro l'Iran, dovrebbe collegarle al rispetto della democrazia e ai diritti umani. Quanto alla replica iraniana, che si tratta di affari interni e nessuno inclusa l'Italia dovrebbe interferire, è sbagliata. L'Iran ha firmato la Convenzione internazionale sui diritti umani del 1948 e deve rispettare quell'adesione».
Il breve, ma appropriato commento di Beppe Severgnini, pagina 3 :
Teheran difende le impiccagioni e respinge le «inquietudini» del governo italiano. Secondo un portavoce iraniano, si tratta di «interferenze negli affari interni». Un po' di diplomazia, che diamine! Se un Paese non è d'accordo con un altro, perché deve criticarlo? Basta minacciare di cancellarlo dalla carta geografica. www.corriere.it/italians Per inviare una e-mail alla redazione del Corriere della Sera cliccare sul link sottostante