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Il Manifesto Rassegna Stampa
04.08.2007 Difendono gli israeliani sopravvissuti ai campi di sterminio
ma sono poco credibili

Testata: Il Manifesto
Data: 04 agosto 2007
Pagina: 9
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Israele, scampati alla Shoah, ma non ai tagli di bilancio»

Il MANIFESTO del 4 agosto 2007 pubblica un articolo  di Michele Giorgio sull'insufficiente aumento dei sussidi agli israeliani sopravvissuti alla Shoah
 Il titolo, "Israele, scampati alla Shoah, ma non ai tagli di bilancio", propone un'insostenibile equiparazione tra  le camere a gas ai mancati aumenti alle pensioni.
L'apertura  dell'articolo ne dà subito il taglio, fortemente polemico. Accusa il governo israeliano di "prendere in giro" i sopravvissuti, rifiutando ogni altra spiegazione della sue decisioni.
 
Il sospetto che  lo scopo del quotidiano comunista, nell'affrontare un problema per altro reale, sia propagandistico appare fondato.
In ogni caso, sarebbe opportuno che Il MANIFESTO mostrasse  attenzione anche alla minaccia che il terrorismo rappresenta per la vita degli ex deportati, come per quella di ogni altro israeliano.
E che si domandasse quali ripercussioni potrebbero avere,sulla popolazione israeliana, ex deportati compresi, i boicottaggi che contribuisce a promuovere, se davvero attuati dalla comunità internazionale.
Se lo facesse, la sua difesa dei diritti dei sopravvissuti della Shoah, in se lodevole, apparirebbe più credibile.

Ecco il testo:


Trattati con grande rispetto in Europa, i sopravvissuti all'Olocausto vengono presi in giro proprio dal governo israeliano. Non trova altra spiegazione il recente decreto del governo di Ehud Olmert che ha aumentato di 83 shekel al mese (appena 14 euro) i sussidi ai sopravvissuti alla Shoah che vivono nello stato ebraico. Le associazioni che in Israele rappresentano gli ebrei scampati allo sterminio nazista, sono sul piede di guerra e, anche se nella notte tra giovedì e venerdì la trattativa sull'entità dei contributi si è riaperta e presto ci sarà un incontro con il premier, domani pomeriggio la «Marcia dei vivi» dalla Knesset all'ufficio del primo ministro potrebbe tenersi ugualmente, per ribadire lo sconcerto di 250 mila persone, tutte anziane, un terzo delle quali vive in miseria. Una parte dei manifestanti - ha riferito ieri il sito del quotidiano Haaretz - potrebbe addirittura sfilare con le uniformi imposte dai nazisti agli ebrei nei campi di concentramento. Non è peraltro escluso anche il rifiuto degli assegni familiari e altre iniziative di protesta contro il governo, inclusa la richiesta di intervento delle organizzazioni ebraiche internazionali e l'invio di una delegazione a Berlino per informare il governo tedesco dell'utilizzo che Israele ha fatto dei cospicui risarcimenti messi a disposizione dalla Germania per gli ebrei vittime dei nazisti dopo la Seconda Guerra Mondiale (la Germania garantisce una pensione di circa 450 euro, che scende a meno di duecento nel caso che i sopravvissuti già ricevano una pensione in Israele). Il malumore non è nuovo ma è esploso molto forte quando il primo ministro israeliano ha deciso di concedere gli stessi assegni dei sopravvissuti all'Olocausto anche agli immigrati ebrei della ex Unione Sovietica, una decisione che ha comportato la riduzione di quasi il 50% della cifra originaria da stanziare. «Noi chiedevamo solo quello che lo stato di Israele avrebbe dovuto concederci già sessant'anni fa. Abbiamo atteso per lungo tempo e alla fine ci siamo convinti che il governo sta aspettando solo la nostra morte», ha commentato con amarezza Zeev Faktor, presidente del «Fondo per l'assistenza ai sopravvissuti all'Olocausto». Il dubbio è legittimo perché il provvedimento di aumento dei sussidi del governo, reso noto ad inizio settimana, parla dello stanziamento nel 2008 di 120 milioni di shekel (20 milioni di euro), di 240 milioni di shekel nel 2009 (40 milioni di euro) e di 300 milioni nel 2011 (50 milioni di euro). Tra quattro anni l'aumento del sussidio mensile per ogni coppia raggiungerà 520 shekel (86 euro). «Siamo gli ultimi sopravvissuti allo sterminio ma rappresentiamo un peso per il governo che, evidentemente, sta attendendo una soluzione biologica del problema. L'esecutivo ci ha offerto una mancia da 83 shekel e la vergogna fa davvero male», ha protestato Ruth Tatarko, una sopravvissuta. Noah Frug, presidente delle «Organizzazioni degli scampati all'Olocausto», continua a ribadire che l'atteggiamento del governo è inaccettabile e che la proposta di aumento degli assegni familiari è ridicola: «Non possiamo dire di si a quanto offre Olmert perché nel 2011 la metà di noi non sarà più in vita». Il sospetto di molti perciò è che il governo stia cercando di guadagnare tempo per risparmiare fondi pubblici. Secondo Shmuel Reynes, presidente dell'Associazione ebraica degli immigrati rumeni, le statistiche parlano chiaro: in media ogni giorno muoiono 35 sopravvissuti all'Olocausto. «Se consideriamo che gli aumenti proposti saranno effettivi solo a partire dal prossimo anno, allora l'impegno di spesa per il governo sarà già meno oneroso rispetto a quanto previsto oggi e ancora più leggero nei prossimi anni», ha spiegato. Da parte sua Natan Dor, presidente di Amcha, una associazione che garantisce molti servizi ai sopravvissuti, ha commentato che ancora una volta chi è scampato all'Olocausto viene umiliato e ferito in Israele. «Oramai non chiediamo neanche rispetto ma solo la possibilità di concludere la nostra esistenza senza patire la fame, in dignità e senza essere costretti a chiedere la carità». La trattativa va avanti ma nonostante l'apertura fatta dal governo Olmert ben pochi si fanno illusioni, l'aumento degli assegni familiari comunque rimarrà irrisorio. Il coordinamento che raggruppa una quarantina di associazioni di superstiti della Shoah esige uno stanziamento immediato non inferiore a 1,2 miliardi di shekel (200 milioni di euro) - del resto chiesti come minimo necessario anche da una commissione governativa che aveva studiato la questione - ma Olmert, secondo indiscrezioni, in ogni caso non andrà oltre i 1.000 shekel al mese (166 euro) come tetto massimo tra qualche anno, quando però un buon numero di sopravvissuti non ci sarà più.

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