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Il Foglio Rassegna Stampa
04.08.2007 "Ci dichiariamo accademici israeliani"
una risposta al boicottaggio inglese

Testata: Il Foglio
Data: 04 agosto 2007
Pagina: 2
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «“Siamo tutti israeliani”, ecco gli accademici antiboicottaggio»

Dal FOGLIO del 4 agosto 2007:

Roma. In risposta al boicottaggio degli atenei israeliani da parte di docenti, medici, giornalisti, architetti e anglicani di Gran Bretagna, il premio Nobel della Fisica, Steven Weinberg, rispedì al mittente l’invito per una conferenza da tenere a luglio all’Imperial College di Londra. “So che qualcuno sosterrà che questo genere di boicottaggi sono rivolti solo contro Israele e non contro gli ebrei – scrisse nella lettera al college – Ma vista la storia degli attacchi contro Israele, la natura ferocemente repressiva e aggressiva di altri paesi in medio oriente e altrove, boicottare Israele denota una cecità morale per la quale è difficile trovare una spiegazione diversa dall’antisemitismo”. Weinberg è ora fra i promotori della speciale iniziativa degli Scholars For Peace in the Middle East: “Siamo accademici, studiosi e ricercatori professionisti di diverse vedute religiose e politiche. A dimostrazione della nostra solidarietà con i colleghi dell’Accademia israeliana, noi sottoscritti ci dichiariamo accademici israeliani. Considerandoci accademici israeliani, eviteremo di partecipare a qualunque attività dalla quale fossero esclusi gli accademici israeliani”. Il boicottaggio contro Israele non è virtuale. Nel 2002, anno di inizio della campagna, Paul Zinger dell’Associazione scientifica d’Israele al Sunday Telegraph disse che più di 7.000 ricerche scientifiche vengono mandate da Israele all’estero ogni anno. Nel 2002 la maggior parte tornarono indietro con la motivazione: “Ci rifiutiamo di esaminare i documenti”. Citandone solo uno, Oren Yiftachel dell’Università Ben Gurion, si è visto rifiutare una ricerca con una nota che lo informava che il giornale, il Political Geography, non accettava niente che provenisse dallo stato degli ebrei. Il controboicottaggio è sottoscritto da oltre diecimila accademici degli Stati Uniti e di altri paesi, tra cui l’Italia. Indetta da Weinberg e dal giurista di Harvard Alan Dershowitz, la petizione porta la firma di 32 premi Nobel, dal fisico Alexei Abrikosov all’economista Kenneth Arrow, e di 50 rettori universitari. Edward Beck, presidente di Scholars for Peace in the Middle East, parla della risposta a “un vergognoso gesto anti-intellettuale”. Dershowitz spiega che secondo “questa ideologia razzista, lo stato ebraico è puro aggressore. I boicottatori aderiscono al principio di autodeterminazione, eccetto che per gli ebrei. Sono oltraggiati dalla natura ebraica dello stato d’Israele, ma non sanno cosa dire su quella islamica dell’Iran e della Arabia Saudita. Sono indifferenti alla sofferenza ebraica, ma sono sensibili a quella dei non ebrei. Gli antisemiti abbracciano l’antisionismo per coprire il loro odio verso gli ebrei. La battaglia contro il boicottaggio è l’aspetto più urgente della guerra contemporanea contro l’antisemitismo”. A Judea Pearl, il padre del giornalista del Wall Street Journal sgozzato in Pakistan, l’infame boicottaggio ne ricorda un altro. “Nel 1934 un volume di Nature, principale rivista scientifica britannica, conteneva due lettere dello scienziato tedesco Johannes Stark, premio Nobel della Fisica, in cui spiegava ai colleghi inglesi perché i professori ebrei dovevano essere cacciati dalle università tedesche. E’ istruttivo leggere queste lettere per ricordare”. “E’ giusto soddisfare questo loro desiderio” Gadi Taub della Hebrew University di Gerusalemme fa sapere che soddisferà gli inglesi: “Se alcuni accademici britannici preferiscono che i loro istituti siano ‘Judenrein’ (ripuliti dagli ebrei, ndr), è giusto soddisfare questo loro desiderio”. Dopo aver difeso la libertà di parola nelle aule di tribunale, Alan Dershowitz guida ora un’eclatante protesta contro la “sindrome Lawrence d’Arabia” delle élite britanniche che accusano Gerusalemme di “apartheid” e chiudono gli occhi su quanto avviene in un blocco arabo 676 volte più grande di Israele. Élite dalle quali non si è mai levato un attacco al Sudan delle stragi nel Darfur, contro l’occupazione maoista del Tibet, lo Zimbabwe di Robert Mugabe, il Myanmar che incarcera i dissidenti, la Corea del nord da cui svaniscono cristiani e handicappati, l’Iran che scatena ronde oscurantiste nei campus o l’Arabia Saudita che esporta l’odio contro gli “apostati”. Hanno invece scelto di esecrare e isolare uno stato minuscolo, che copre lo 0,0001 per cento della superficie terrestre, grande quanto il New Jersey e i cui abitanti ammontano a un millesimo della popolazione mondiale, ma che, stando al rapporto annuale di Freedom House, è uno degli stati più liberi e democratici del mondo. Lo stato degli ebrei. Questo è il problema.

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