Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Ma dove sarebbe la svolta di Gheddafi ? il dittatore libico resta un criminale
Testata: La Repubblica Data: 02 agosto 2007 Pagina: 19 Autore: BENJAMIN R. BARBER Titolo: «La svolta di Gheddafi»
Svolta " filo-occidentale" e "liberale" di Gheddafi ? Lo sostiene Benjamin Barber in un articolo pubblicato da La REPUBBLICA del 2 agosto 2007. Ma il dittatore libico continua a violare i diritti umani e la sua più recente impresa è stata la gestione di un sequestro di persona in piena regola (quello delle infermiere bulgare e del medico palestinese condannati a morte in un processo farsa). Seguito dal rilascio delle vittime solo perché il salatissimo riscatto era stato pagato. Gheddafi, stando ai fatti fin qui noti, è un criminale abile e fortunato, non un criminale ravveduto.
Ecco l'articolo:
La scorsa settimana, la pena capitale decretata dall´Alta Corte della Libia per i «sei di Bengasi» (cinque infermiere bulgare e un medico palestinese, condannati a morte perché ritenuti colpevoli di aver contaminato col virus dell´Aids, molti anni fa, i bambini di un ospedale di Bengasi) è stata commutata in ergastolo; e poco dopo i sei sono stati liberati. Nella ricerca di una spiegazione facile, personalistica e tutta a vantaggio dell´Occidente, i media hanno adottato in blocco la versione che accredita la drastica svolta degli eventi alla missione di Cécilia Sarkozy, moglie del nuovo presidente francese, e alla sua quanto mai tardiva presenza ai negoziati. Di fatto però, quella decisione non va attribuita alla sortita finale di Mme Sarkozy, bensì ai profondi mutamenti in atto nel regime libico fin dal 2003, dopo l´inversione di rotta sulla questione delle armi di distruzione di massa, quando la Libia rinunciò volontariamente al suo programma nucleare; e che oggi proseguono, con una serie di graduali cambiamenti nella governance, nell´economia e nella società civile del Paese. Un processo per lo più ignorato dall´Occidente, ove il tema delle armi di distruzione di massa è quasi sempre riferito all´Iran o alla Corea del Nord, e quello della democratizzazione alle campagne militari, fallite o in via di fallimento, in Iraq e in Afghanistan. Il vero architetto della soluzione per i sei accusati di Bengasi non è dunque Mme Sarkozy, ma lo stesso Muammar Gheddafi. Nel corso delle lunghe conversazioni che ho potuto avere a quattr´occhi con lui in quest´ultimo anno, il leader libico ha espresso più volte l´aspirazione del suo Paese a un autentico ravvicinamento agli Stati Uniti; e ha prospettato come certe (e non solo probabili) soluzioni ragionevoli al difficile problema del processo contro i «sei di Bengasi», così come a quello del risarcimento tuttora dovuto ai familiari delle vittime del Lockerbie. Peraltro, alcuni degli uomini più vicini a Gheddafi, tra cui suo figlio Saif al-Islam (laureando alla London School of Economics, di idee molto avanzate in materia di società civile, che ha preso parte ai negoziati) e il suo più stretto consigliere (nonché cognato) Abdullah Sinusi, hanno dichiarato senza mezzi termini che nonostante le pressioni politiche interne, la sentenza contro le infermiere non sarebbe mai stata eseguita. Sia negli incontri pubblici (ad esempio nel marzo scorso alla Bbc, in occasione di un´importante tavola rotonda televisiva moderata da David Frost, durante la quale il leader libico ha risposto alle mie domande e a quelle di Lord Anthony Giddens in diretta e senza alcuna preparazione), sia nelle conversazioni private, Gheddafi ha riconosciuto il passato di inimicizia della Libia nei confronti dell´Occidente, e non ha negato il coinvolgimento del suo Paese nel terrorismo. Ma ha anche detto che nella storia del Paese si era aperto un capitolo nuovo, citando a riprova l´impegno concreto al cambiamento nelle prassi di governo, nel sistema bancario, nell´economia e nella società civile (Saif al-Islam sta scrivendo la sua tesi di laurea precisamente su quest´ultimo tema). Se è vero che per ovvie ragioni, l´Europa è stata in prima linea nel caso delle infermiere bulgare, la storia del colonialismo europeo (in questo caso italiano) è ancora relativamente recente; mentre Washington – nonostante Lockerbie - appare come l´interlocutore naturale della Libia. Di fatto, questo Paese ha intrapreso un percorso carico di implicazioni di vasta portata, che potrebbe condurlo, senza un aperto intervento da parte dell´Occidente, a una transizione pacifica – la prima di uno Stato arabo – verso un governo stabile e non autocratico; e in un secondo tempo a una costituzione che tenga conto delle componenti etniche e favorisca la democrazia diretta a livello locale, garantendo al tempo stesso un governo centrale efficiente. Nell´intervista alla Bbc, il leader ha auspicato che nel «dopo-Gheddafi» la Libia non abbia bisogno di cercarsi «un altro Gheddafi», ma sia in grado di governarsi da sé. Un pensiero del genere può apparire assurdo a un osservatore occidentale che rammenti solo il passato ribelle dell´uomo, iniziato con la sua rivoluzione del 1969. Ma è anche il caso di ricordare il suo manifesto in favore della democrazia diretta (il Libro Verde del 1970) e la convocazione di centinaia di Congressi popolari, il cosiddetto regime della Jamahariya (lo «Stato delle masse»), che hanno fatto incontrare regolarmente uomini e donne in questi ultimi trent´anni. A chi si chiedesse se questi convegni popolari abbiano mai avuto un potere reale si dovrebbe rispondere di no; ma di fatto, rappresentano un´infrastruttura di base su cui costruire. Nel suo Libro Verde, Gheddafi si esprimeva come un socialista radicale; ma da allora ha detto cose assai diverse: ad esempio, se nel corso delle sue conversazioni con me e con Francis Fukuyama ha parlato della necessità del socialismo in una data fase dello sviluppo, ha anche dichiarato di ritenere essenziale il ruolo del mercato e della proprietà privata in un mondo globalizzato; e si è espresso in favore di «aggiustamenti appropriati» tra le politiche di governo da un lato e i mercati dall´altro. Dunque, è possibile che Cécilia Sarkozy abbia aggiunto la ciliegina sulla torta alla soluzione del caso delle infermiere; ma il loro rilascio è il risultato di un processo di importanza cruciale, che era già in atto e prosegue tuttora, con l´inconfondibile impronta della leadership libica. Dunque, mirabile dictu, del tutto fuori dalla portata dei radar, a costo zero e senza alcun dispiegamento di truppe, gli Stati Uniti e l´Europa hanno un potenziale partner in quella che potrebbe diventare una democrazia araba emergente, nel bel mezzo della costa nordafricana. Un partner in possesso di materie prime di importanza vitale quali il gas privo di zolfo e il petrolio, e dotato inoltre di 2000 km di coste mediterranee incontaminate, di una popolazione musulmana non islamista, di 5 milioni di potenziali cittadini e di un servizio di intelligence che potrebbe avere un´importanza cruciale nella guerra al terrorismo. Di fatto, Gheddafi è un ardente oppositore del fondamentalismo wahabita sponsorizzato dall´Arabia Saudita. Può darsi che per gli scettici questa sia la luna nel pozzo; ma dopo aver sperimentato il «realismo» americano in Iraq, in Iran, in Arabia Saudita e in Pakistan, siamo portati a credere che potrebbe trattarsi di una ricetta ragionevole per arrivare alla pace e alla collaborazione proprio dove nessuno se lo aspettava. A condizione – è il caso di dirlo – di prestare meno attenzione a Mme Sarkozy, e di osservare invece più da vicino i cambiamenti reali in atto nella Libia di oggi. Traduzione di Elisabetta Horvat