Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Tecnolgia italiana per la bomba di Teheran ? un inchiesta di Paolo Moretti e Guido Olimpio
Testata: Corriere della Sera Data: 01 agosto 2007 Pagina: 13 Autore: Paolo Moretti e Guido Olimpio - Guido Olimpio Titolo: «Sequestrata a Como tecnologia sensibile Potrebbe servire alla Bomba di Teheran - La rete del «professore» basata a Milano»
Dal CORRIERE della SERA del 1 agosto 2007:
COMO — Il giudice Nicoletta Cremona parla di «pericolo per la sicurezza internazionale ». Il sostituto procuratore Mariano Fadda del rischio di «esportazione non autorizzata per scopi non pacifici». Entrambi scelgono il condizionale. Ma l'antipasto per quello che rischia di trasformarsi in un intrigo internazionale è servito. Sul piatto della magistratura di Como 2.240 chili di «apparecchiature meccaniche in superlega resistente alla corrosione da esafluoride di uranio » e, per questo, utilizzabile nella tecnologia nucleare bellica. Il carico era infatti destinato all'Iran, paese nel mirino perché intende costruire la Bomba. Sono stati i doganieri a a intercettarlo lo scorso aprile al valico commerciale tra Canton Ticino e Italia e, dal 6 luglio scorso, è stato posto sotto sequestro dalla magistratura. Un provvedimento deciso dopo gli accertamenti di laboratorio: gli esperti hanno ipotizzato un impiego non pacifico del materiale. Un classico esempio di tecnologia a doppio uso, sia civile che militare, la cui esportazione è vietata dalla legge. Al centro dell'inchiesta la «Gfm Group srl» di Bonate Sopra (Bergamo), già fornitrice di tecnologia per la produzione di energia elettrica per l'Ansaldo Energia spa e da anni in affari con società iraniane tra le quali la Mapna international, azienda di Stato attiva — secondo la Procura — anche nella realizzazione di impianti nucleari. Il 16 aprile gli uomini del servizio antifrode doganale di Como bloccano un carico proveniente dalla Svizzera e diretto alla stessa «Gfm». La bolla di accompagnamento parla di «particolari di carpenteria metallica», ma i funzionari in servizio al valico hanno dei dubbi. Il carico viene inviato a Venezia, per sofisticati esami di laboratorio. Due mesi dopo arriva l'esito: si tratta di merce tecnologicamente avanzata. Utilizzabile anche per scopi bellici. La Procura chiede e ottiene il sequestro del carico. Il legale dell'azienda bergamasca chiede l'intervento del Tribunale del riesame, spiegando che «nemmeno volendo » l'apparecchiatura sequestrata potrebbe essere impiegata in impianti nucleari e che si tratta semplicemente di «tubi fiamma utilizzabili nelle turbine a gas per la produzione di energia elettrica ». I giudici danno ragione alla Procura, sottolineano le molte «anomalie» della vicenda e scrivono: «L'uso esclusivamente civile del "tubi fiamma" potrebbero essere una copertura». Il coinvolgimento di società di medio livello in un'indagine così delicata non deve sorprendere. La Lombardia, il Piemonte e il Nord Est sono l'area di caccia di un sofisticato network iraniano. Emissari legati ai guardiani della rivoluzione (pasdaran) e al ministero della Difesa acquistano da anni prodotti, tecnologia doppio uso, materiali destinati all'apparato bellico. Teheran sceglie con accortezza dove comprare: in genere ditte piccole, poco conosciute ma abili nel soddisfare le richieste degli ayatollah. Fonti di intelligence hanno più volte segnalato una intensa attività di trafficanti iraniani in un quadrante che comprende il Nord Italia, la Svizzera e la Germania. Per nascondere l'attività, i khomeinisti si affidano a uomini di fiducia infiltrati da anni nel nostro paese. Molti degli insospettabili hanno una normale attività commerciale — perfettamente legale — che utilizzano quale schermo. Un'altra tecnica tipica degli ayatollah è l'operazione mosaico. I pasdaran spezzettano gli acquisti, affidandoli a emissari diversi e ricompongono poi il tutto in posti tranquilli. L'intervento della Dogana rompe un muro di omertà che da troppi anni accompagna le scorribande degli iraniani. Per ragioni economiche — ci sono in ballo contratti — e per timore di rappresaglie — Teheran può sempre arrestare degli italiani accusandoli di essere «spie» — le nostre autorità hanno cercato di coprire le vendite illegali. Siamo coraggiosi nello sbattere in prigione il primo algerino che capita a tiro, ma mostriamo una grande prudenza se è iraniano. Non lo facciamo per soldi, ma per denaro.
Di seguito, un trafiletto sulla rete iraniana per ottenere materiale proibito:
MILANO — ( g.o.) Una società che malgrado inchieste e sospetti continua a operare a Milano. Un intraprendente iraniano, conosciuto come il «professore», coinvolto in passato in un traffico di microtossine. Sono questi i perni di una rete messa in piedi da Teheran nell'Italia settentrionale. In base alle informazioni da noi raccolte è aumentato anche il numero di pasdaran e basji (volontari) che collaborano all'acquisto di materiale proibito con finalità militari. Il più abile è sicuramente il «professore». Si era allontanato da Milano, ma sembra che sia tornato cucendo una tela di relazioni fittissime. Fa affari, controlla la comunità e cerca di rispondere alle richieste che arrivano da Teheran
Per inviare una e-mail alla redazione del Corriere della Sera cliccare sul link sottostante