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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
29.07.2007 Elogia D'Alema e ripropone la bufala dell'omicidio di Arafat, Lorenzo Cremonesi non fa una piega
intervista acritica a Mahmud Zahar, uno dei capi di Hamas

Testata: Corriere della Sera
Data: 29 luglio 2007
Pagina: 11
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: ««Da D'Alema parole coraggiose Roma passi ai fatti con Hamas»»

Elogia D'Alema e chiede all'Italia di aprire per Hamas un canale diplomatico con l'Ue. Accusa Al Fatah di violenze politiche, senza che nessuno gli ricordi le esecuzioni che hanno accompagnato la presa del potere della sua stessa fazione a Gaza. Ripropone la fandonia dell'avvelenamento di Arafat, accusando Israele e anche Fatah.
Grazie al sollecito supporto di Lorenzo Cremonesi, sempre acritico e sempre attento ad evitare domande scomode,  Mahmud Zahar , capo di Hamas, può diffondere la propaganda di Hamas, sul CORRIERE della SERA del 29 luglio  2007.

Ecco il testo:

GERUSALEMME — «Che l'Italia passi dalle parole ai fatti! Abbiamo apprezzato le recenti aperture nei confronti di Hamas da parte del vostro ministro degli Esteri, Massimo D'Alema. Ma ora ci attendiamo che il vostro Paese faccia da apripista con i partner europei. In ogni caso si tratta di mosse inevitabili. La comunità internazionale deve rendersi conto che i movimenti islamici come il nostro raccolgono il favore della stragrande maggioranza delle popolazioni nel mondo arabo ». Il tono è ottimista, aggressivo, certo non intimorito dalle dichiarazioni che il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) rilascia da Ramallah circa l'intenzione di isolare Hamas e riaprire i negoziati di pace con Israele. Mahmud Zahar le commenta a lungo per telefono da Gaza, senza tirarsi mai indietro, nemmeno di fronte alla domanda più pressante circa il rischio che la guerra civile tra palestinesi possa ora allargarsi alla Cisgiordania. «Se ciò avverrà, sarà colpa del Fatah e della dirigenza corrotta al soldo di Israele e Stati Uniti legata ad Abu Mazen», risponde senza esitazioni questo che è considerato uno dei «falchi» di Hamas. Ministro degli Esteri dell'ex governo Haniyeh, creato dalla vittoria islamica alle elezioni del 25 gennaio 2006, Zahar venne deposto con la nascita della coalizione di unità nazionale, negoziata alla Mecca in primavera. E oggi, in seguito alla sanguinosa rottura Hamas- Fatah di metà giugno, si presenta come acceso sostenitore dello scontro frontale con Abu Mazen «e la sua cricca di collaborazionisti ».
Avete aperto contatti ufficiali o ufficiosi con l'Italia dopo le dichiarazioni di D'Alema?
«No, non proprio. Ci sono stati contatti con i responsabili dei vostri servizi di sicurezza in occasione della visita a Gaza di Fausto Bertinotti, un paio di mesi fa. Ma ciò era avvenuto prima delle parole coraggiose di D'Alema e comunque non conta. Ci attendiamo invece colloqui seri a livello politico. Perché il mondo deve capire che noi siamo un movimento politico legittimo e legittimato dal libero voto democratico della nostra gente. Abbiamo vinto le elezioni, chi lo rifiuta nega anche il valore della democrazia ».
La stampa israeliana rivela che Israele ha concesso luce verde per la consegna da parte giordana di 1.000 mitragliatori M16 alla polizia di Fatah in Cisgiordania.
«Non serviranno. Ce li prenderemo, come è già stato per le armi che si trovavano negli arsenali del Fatah a Gaza».
Crescono le frizioni in Cisgiordania. Nelle ultime ore è deceduto uno studente dell'università di Nablus. Presto guerra civile anche qui?
«Lo studente era un nostro sostenitore. È stato assassinato dalle squadracce del Fatah. Una delle infinite violazioni, oltre 750, compiute dagli uomini di Abu Mazen negli ultimi tempi».
Per esempio?
«Arrestano i nostri militanti con l'aiuto israeliano. Hanno bruciato l'abitazione del presidente del Parlamento. Rinnegano i nostri candidati eletti alle municipali di due anni fa. Se continua così, saranno loro i responsabili dello scontro. Nella regione di Hebron abbiamo già iniziato a diffondere volantini di denuncia contro le spie del Fatah che cooperano con i servizi di sicurezza israeliani».
Abu Mazen ha dichiarato al quotidiano israeliano Maariv di considerare il premier Ehud Olmert un «partner per la pace» e invece i dirigenti di Hamas «traditori».
«Voglio essere chiaro su questo punto. Dopo il fallimento dei colloqui di Camp David, nell'estate del 2000, Israele e Stati Uniti hanno imposto Abu Mazen e l'attuale premier palestinese, Salam Fayyad, al fianco di Yasser Arafat. In seguito all'assassinio di quest'ultimo...».
Arafat assassinato, non era malato?
«Ma sì, non è un mistero per nessuno. Israeliani e americani l'hanno avvelenato perché non firmava la loro pace. E al suo posto hanno messo Abu Mazen e Fayyad. Due burattini, privi di sostegno tra la popolazione palestinese. Per questo le loro mosse non hanno alcun valore. Sono privi di qualsiasi strategia politica autonoma, attendono gli ordini da Bush e Olmert».
Abu Mazen pensa alle elezioni anticipate e a farsi sostituire da Marwan Barghouti (il leader della seconda intifada legato al Fatah e al momento chiuso in un carcere israeliano). Hamas sosterrebbe Barghouti?
«Non c'è alcun motivo per noi di anticipare le elezioni. Quanto a Barghouti, perché mai dovremmo sostenerlo? Abbiamo già i nostri leader che si riconoscono nel nostro programma. Se poi venisse appoggiato da Israele e Usa sarebbe assolutamente screditato tra la nostra gente. Già il fatto che venga sostenuto da Abu Mazen rappresenta per lui una condanna politica senza appello».

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