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Il Foglio Rassegna Stampa
28.07.2007 Governo israeliano, governo palestinese
cambia anche il lessico. Finirà bene ?

Testata: Il Foglio
Data: 28 luglio 2007
Pagina: 3
Autore:
Titolo: «Abu Mazen fa le prove di rinuncia alla lotta armata anti-Israele»

Sul FOGLIO di oggi, 28/07/2007, a pag.3, i termini, anche lessicali, dei colloqui fra il governo israeliano e quello palestinese.

Gerusalemme. Salam Fayyad, leader del governo palestinese, avrebbe pronta una piattaforma contenente elementi di rottura con il passato, ha rivelato ieri la radio israeliana. Il premier l’ha mostrata qualche giorno fa a Yossi Beilin, politico israeliano della sinistra pacifista di Meretz. Il manifesto, non ancora arrivato per via ufficiale nelle mani del governo di Ehud Olmert, includerebbe le linee di un accordo di pace per arrivare a uno stato palestinese con capitale Gerusalemme est, sui confini del 1967, basato sul rispetto delle intese precedenti tra Israele e l’Anp. Sulla questione dei rifugiati, la piattaforma richiederebbe soltanto un’intesa giusta e concordata”, una formula che sembrerebbe suggerire aperture sulla difficile questione. Per la stampa israeliana, il punto rivoluzionario è la mancanza, nel testo, del termine “mukawama”, resistenza in arabo, e “lotta armata”. Sarebbeinvece incluso un riferimento meno violento alla chiamata di Abu Mazen alla “lotta popolare contro l’occupazione israeliana”. “Il ritorno di uno stato d’animo alla Oslo?”, si chiede l’inserto del fine settimana del Jerusalem Post, mettendo in prima pagina la foto del nuovo inviato per il medio oriente Tony Blair, sguardo basso e assorto, sorriso appena accennato ma soddisfatto. La settimana che si chiude è stata densa di movimenti diplomatici: si è aperta con la prima visita dell’ex premier britannico, anticipata dal discorso sul medio oriente del presidente americano, George W. Bush, in sostegno ad Abu Mazen; una delegazione della Lega araba formata dai ministri degli Esteri di Giordania ed Egitto è stata a Gerusalemme, per appoggiare l’iniziativa saudita, in un viaggio definito dai media “storico”. Dall’incontro, la settimana scorsa, tra il rais palestinese e il premier Olmert, l’im-pressione è che qualcosa si muova. La piattaforma del nuovo governo dovrà, volta resa nota, essere approvata dal Consiglio legislativo palestinese, la cui maggioranza è formata da membri di Hamas e pochi giorni fa, per mancanza di quorum (i membri del movimento islamico sono ricercati, molti sono in prigione) non è stato grado di votare sul prolungamento dell’esecutivo d’emergenza di Fayyad. Il premier riprende le linee guida espresse giovedì da Abu Mazen in un’intervista al quotidiano israeliano Maariv. “Sono ottimista”, ha detto, inserendosi nella nuova atmosfera diplomatica. L’Amministrazione americana, spiega, punta entro la fine del mandato di Bush ottenere successi tra israeliani e palestinesi e secondo il rais ci sarà un accordo addirittura entro l’anno. Per quanto riguarda formazione di uno stato palestinese i punti sono gli stessi di quelli del documento diFayyad. Sul ritorno dei rifugiati Abu Mazen sofferma. Ci vuole “un accordo giusto e concordato”, spiega. Quando gli è chiesto come farà a forzare Israele ad accettare milioni di palestinesi, risponde: “Nessuno può forzare Israele ma dall’altra parte non si può imporre ai rifugiati di rinunciare alle proprie aspirazioni”. Abu Mazen non è sicuro di presentarsi alle prossime elezioni e ha suggerito, chiedendo una volta di più a Olmert la sua liberazione, la candidatura di Marwan Barghouti, il popolare leader di Fatah rinchiuso in un carcere israeliano a scontare cinque ergastoli. Nonostante lo stallo istituzionale seguito agli scontri a Gaza tra Hamas e Fatah, il rais avrebbe parlato di cambiare la legge elettorale e in vista un possibile voto anticipato si parla già di nuovi partiti: un gruppo di palestinesi vicini Fayyad pensa a un nuovo movimento in alternativa alle due fazioni rivali.

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