La Siria occupa ancora il Libano intanto gli Stati Uniti si chiedono se trattare con i Fratelli musulmani che si oppongono al regime di Assad
Testata: Il Foglio Data: 27 luglio 2007 Pagina: 1 Autore: la redazione Titolo: «Gli americani sondano i Fratelli musulmani per sorvegliare Damasco»
Dal FOGLIO del 27 luglio 2007:
Gerusalemme. Washington considera la possibilità di contatti con i Fratelli musulmani siriani. Secondo il Wall Street Journal, c’è cooperazione tra il Dipartimento di stato americano e il Fronte di salvezza nazionale, un gruppo formato da membri dell’opposizione di Damasco in esilio in America: ex baathisti, marxisti, attivisti democratici, liberali, curdi ma anche Fratelli musulmani. A fondare il Fsn è stato l’ex vicepresidente siriano Abdul Halim Khaddam. Al vertice c’è anche Ali al Bayanouni, capo dei Fratellanza di Damasco, pure lui esule. Assieme, i due avrebbero lentamente cercato contatti all’interno dell’Amministrazione americana. Washington aveva sempre rifiutato relazioni dirette con membri dei Fratelli musulmani, Ikhwan al Muslimun, in arabo. Non soltanto in Siria: non ha mai condannato direttamente, per esempio, la durezza usata dal regime del Cairo contro l’organizzazione dopo il suo successo alle ultime legislative egiziane. Da diversi mesi, l’interesse del Dipartimento di stato e del Consiglio della sicurezza nazionale nei confronti dei partiti islamici che si definiscono “moderati”, nella fattispecie la Fratellanza in Siria, Giordania ed Egitto, sarebbe però aumentato. Già lo scorso 20 giugno il New York Sun dava notizia di un summit, all’ufficio d’Intelligence e Ricerca del Dipartimento di stato, tra funzionari dei servizi americani per discutere della possibilità di aprire canali con i Fratelli musulmani, non soltanto a Damasco. La mossa, per ora in fase di studio, acquista un significato particolare dopo i fatti violenti nella Striscia di Gaza, conquistata militarmente tra il 7 e il 14 giugno da Hamas, gruppo nato proprio da una costola dei Fratelli musulmani nel 1982. All’inizio del 2007, il Consiglio di sicurezza nazionale aveva incaricato Robert Leiken, del Nixon Center, di compilare un dossier sulla Fratellanza musulmana nei paesi arabi. L’esperto era presente anche all’incontro del 20 giugno a Washington. Leiken, assieme a Steven Brooke, è anche l’autore di un lungo saggio, pubblicato nel numero di marzo-aprile di Foreign Affairs, intitolato “I Fratelli musulmani moderati”, in cui apre al dialogo con le diverse organizzazioni islamiche in medio oriente (nonostante la base ideologica comune, i Fratelli musulmani in Egitto, Siria e Giordania sono movimenti autonomi e separati). C’è dell’altro: il 7 aprile, membri del Congresso americano, tra cui il repubblicano Steny Hoyer del Maryland, sono stati a un ricevimento cui erano presenti anche membri degli Ikhwan egiziani, alla residenza dell’ambasciatore americano al Cairo, Francis Ricciardone. Il 26 maggio un centinaio di persone ha manifestato davanti all’ambasciata siriana di Washington contro il regime di Bashar al Assad, il giorno prima delle elezioni presidenziali perché il Baath, partito del leader, non ha permesso a nessun altro gruppo di presentare candidati. Nelle settimane precedenti, scrive il Wall Street Journal, l’“Iniziativa di partnership per il medio oriente” del Dipartimento di stato e il Fronte di salvezza nazionale hanno avuto incontri per arrivare all’obiettivo comune: esporre la mancanza di democrazia in Siria. Dal medio oriente arrivano sulla Siria notizie contrastanti. Una Ong che si occupa di implementare la risoluzione delle Nazioni Unite 1.559 sul ritiro siriano dal Libano ha appena pubblicato un rapporto che dimostra come il 4,5 per cento del paese dei cedri sia ancora occupato dalle truppe di Damasco. Ieri ad Aleppo, un’esplosione in una base militare ha ucciso ieri 15 soldati e ha fatto pensare in un primo momento a un attacco dei miliziani islamisti. Si è trattato di un incidente occorso in una polveriera, ma ha ricordato che nella stessa zona il governo ha portato a termine diverse operazioni contro di loro nei mesi passati. Aleppo, nel nord del paese, è una delle città più conservatrici e religiose della Siria. Durante gli anni Ottanta, le installazioni militari della zona erano l’obiettivo di attacchi da parte dei Fratelli musulmani locali; al potere c’era ancora Hafiz el Assad, che all’epoca condusse una pesante repressione contro il gruppo.
“Finirete come Gaza” Ora, proprio mentre i media internazionali parlano di mediazioni via paesi terzi (Turchia) tra Israele e Siria, la diplomazia francese è al lavoro per negoziare tra Beirut e Damasco e Washington sembrano cercare nuovi approcci, Hassan Nasrallah, segretario generale di Hezbollah, gruppo appoggiato da Siria e Iran, fa sapere, in una intervista ad al Jazeera, che Damasco era in realtà pronto ad attaccare Israele durante il conflitto estivo dell’anno scorso. Iil presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad viaggia in Siria per rinsaldare l’alleanza. E hamas minaccia di “fare con la Cisgiordania quello che ha fatto a Gaza”.
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