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La Stampa Rassegna Stampa
27.07.2007 Aviel Barclay, scriba di testi ebraici
un articolo di Elena Loewenthal

Testata: La Stampa
Data: 27 luglio 2007
Pagina: 40
Autore: Elena Loewenthal
Titolo: «Bella, bionda e scrive sempre la Torah»
Dalla STAMPA del 27 luglio 2007:

Aviel è alta un metro e 68, ha un fisico atletico e sfoggia un sorriso solare sotto la chioma bionda. Ammette di consumare un po' di alcol, ma non fuma. Ama il cinema di Cronenberg e fra le sue letture preferite c'è Il vecchio e il mare di Hemingway. Allo stato civile compare come di sfuggita la dicitura «divorziata», mentre il punto esclamativo marca le sue foto su Myspace: qui sono senza makeup!
In effetti questa estroversa trentottenne non pare aver bisogno di grandi artefizi sul piano fisico. Sarà l'aria pulita della British Columbia, Canada, dove è nata e dove trascorre gran parte dell'anno. Sarà fors'anche il suo mestiere, a far l'effetto di una crema di bellezza: niente stress, niente colleghi molesti, niente frustranti e tirannici capi. È un mestiere di certosina pazienza ma anche di dialogo ininterrotto. Con la pagina bianca. Con il cielo. Con le lettere ebraiche. Perché Aviel (nata Allison) Barclay è una scriba di testi ebraici. Profani ma soprattutto sacri. Erano tre secoli che una donna non si cimentava con quest'arte: l'ultima fu Sarah, la figlia di rabbi David Oppenheim, a Praga, all'inizio del Settecento.
Lo scriba, il sofer (femminile soferet) non è un semplice copista o un calligrafo per quanto virtuoso. La storia comincia molto lontano: nella fattispecie in cima al monte Sinai. Lassù Mosè, che non era armato né di inchiostro né di carta, incise su pietra le tavole dettate dal Signore. Non una, bensì due volte, giacché il primo paio andò in frantumi per un accesso (per quanto giustificato) di collera. Il profeta pagò con doppio lavoro il proprio sdegno per aver visto gli israeliti gozzovigliare intorno al vitello d'oro. Ma in fondo con ciò egli detta le regole di quel delicato mestiere che è la scrittura in lingua santa.
Lo scriba che si dedica a un rotolo della Torah destinato a servire nella liturgia sinagogale dev'essere infatti ben attento a quel che deposita sulla pergamena (perché non di comune carta si tratta): basta un puntino fuori posto, uno sbaffo di troppo o di meno, e tutto il lavoro è da buttare, il rotolo perde ogni valore. E così, per una civiltà che ha praticamente messo al bando l'arte figurativa, la scrittura è da sempre una forma di arte. Ma non solo: è anche, in fondo, il simbolo di quella tenacia condita di pazienza e di speranza che è il filo conduttore della storia ebraica negli ultimi duemila anni. La scrittura dei testi sacri è un mestiere difficile, ricco di regole, dettami e raccomandazioni: sull'inchiostro e la penna da usarsi, sulle righe da rispettare, sul corpo delle lettere. L'alfabeto ebraico non è una semplice rappresentazione, è il codice d'accesso alla realtà - terrena e divina. Per questo non ammette approssimazioni né tantomeno errori, quando va lasciato sulla pagina bianca.
Aviel Barclay si è innamorata di questa storia. Nata cattolica, un giorno vide il film Il violinista sul tetto e rimase folgorata da quelle lettere indecifrabili: «Erano stupefacenti. Mi sembravano di fuoco, accendevano immagini nel mio cervello». Qualche anno dopo Aviel ha imparato, da sola, il misterioso alfabeto. Poi comincia un lungo, tortuoso cammino di avvicinamento all'ebraismo, dapprima al movimento conservativo e poi all'ortodossia - senza perdere mai nulla di quella sua vena lieve, spensierata. Aviel è andata a studiare a Gerusalemme, ha frequentato seminari e botteghe di scribi. Ora vive fra Vancouver e Londra, ha già preparato vari Sefer Torah («Il libro della Torah», cioè il Pentateuco in forma di rotolo per la lettura sinagogale) e moltissimi altri testi ebraici, liturgici e decorativi. Ha un sito ricco di notizie, una piccola scuola per donne che vogliono scrivere, un blog vivace.
Prima di mettersi al lavoro, Aviel ha studiato a fondo i testi, per cercare di comprendere il posto delle donne con il pennino in mano. Ha scoperto che, malgrado discussioni e divergenze a non finire - cosa che capita puntualmente su ogni argomento dello scibile ebraico - nulla vieta alle donne questo mestiere (mentre ad esempio lo studio della Qabbalah è loro vivamente sconsigliato, se non interdetto). Perciò si è buttata a capofitto in quest'attività, offrendo le proprie competenze anche attraverso la rete globale. È una scriba, insomma, decisamente al passo con i tempi: anche se guardandola china sulla pergamena con la penna in mano, qualche ricciolo che sfugge dai bordi della cuffia, sembra che il tempo sia fermo da secoli, per lasciarla scrivere.

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