Se gli americani ascoltassero il consiglio di D'Alema e lasciassero l'Afghanistan uno scenario disastroso nell'analisi di Andrea Nativi
Testata: Il Giornale Data: 27 luglio 2007 Pagina: 11 Autore: Andrea Nativi Titolo: «Terribile errore se gli Usa lasciano l'Afghanistan»
Dal GIORNALE del 27 luglio 2007:
Facciamo un sogno, o meglio, immaginiamo d’avere un incubo. Massimo D’Alema viene esaudito, gli Stati Uniti decidono di concludere l’operazione Enduring Freedom (Oef) in Afghanistan ritirando le proprie forze e quelle dei Paesi alleati che vi prendono parte, nonché i reparti aerei che la supportano. Cosa succede a questo punto nel Paese? Nel giro di pochi mesi i guerriglieri più temibili,quelli che operano a cavallo del confine tra Pakistan e Afghanistan, con le proprie basi nella zona tribale pachistana, hanno finalmente via libera, cominciano a dilagare nella regione orientale del Paese, ma riescono a infiltrarsi nell’intero territorio. Perché nessuno li contrasta. Non ci sono più i team delle forze speciali americane che operano aggressivamente cercando di scoprire, intercettare e attaccare i gruppi di guerriglieri, ostacolandone i movimenti e le operazioni. Se del caso operando con discrezione anche oltre confine. Vengono a mancare anche gli assetti aerei indispensabili per intervenire tempestivamente in un Paese immenso e con un’orografia impossibile e che spesso sono l’unico strumento che consente di risolvere con successo uno scontro, vista la carenza di truppe di terra. Non c’è più pressione militare neanche su Al Qaida, e la sua leadership può quindi con maggior efficacia condurre operazioni nel Paese, in Pakistan e riprendere il pieno controllo della rete mondiale. Presto la guerriglia può scatenare attacchi e attentati su vasta scala in tutto il Paese, bersagliando anche le truppe Isaf, la missione cui partecipa l’Italia. Anzi, sono proprio i contingenti meno agguerriti, come il nostro, impacciati da regole di ingaggio restrittive e con pochi mezzi per combattere, a subire il peso dell’offensiva. Le formazioni di Oef che braccavano i guerriglieri anche nelle zone di competenza Isaf, dove però le truppe Nato possono solo difendersi se attaccate, sono state infatti ritirate. L’accresciuto livello di violenza, di vittime, di scontri, costringe diversi governi a ritirare i propri contingenti. La Nato non riesce a sostituirli e la missione Isaf va in pezzi. Le Ong internazionali, le imprese che lavorano nel Paese, visto il deterioramento della situazione, sono costrette a una fuga precipitosa. E il fragile governo democratico di Kabul, le sue istituzioni, le gracili forze di sicurezza collassano. L’Afghanistan precipita nuovamente in un bagno di sangue e anarchia, di cui fanno le spese principalmente i civili. Fantasia? No. Lo scenario è realistico. Gli unici che potrebbero davvero celebrare la fine di Oef e il ritiro degli americani sono i guerriglieri talebani e di Al Qaida. Certo non il presidente afghano Karzai o il popolo afghano, che giustamente protestano quando le forze americane (o quelle Isaf, perché, checché ne dica D’Alema, anche una parte dell’Isaf per fortuna non sta a guardare, ma contrasta con le armi i guerriglieri) provocano vittime civili, allo stesso tempo si rendono conto che se nessuno contrastasse la guerriglia le sorti dell’Afghanistan sarebbero segnate.
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