Perché Guantanamo è necessaria il rapporto di West Point
Testata: Libero Data: 27 luglio 2007 Pagina: 19 Autore: Glauco Maggi Titolo: «L'America si assolve su Guantanamo»
Da LIBERO del 27 luglio 2007:
NEW YORK Strepitano, protestano e sono coccolati dalla stampa mondiale, ma i detenuti di Guantanamo sono dove meritano di essere: in galera. Il Centro per combattere il terrorismo dell'Accademia Militare di West Point, dopo un esame dettagliato di tutte le situazioni relative agli oltre 550 detenuti alla base militare di Cuba, sulla base di una parte (i cosiddetti Sommari) dei documenti segreti al pubblico dei processi militari in corso nel 2005-2006, ha concluso che la quasi totalità (il 99%) dei prigionieri ha rappresentato e rappresenta una minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Il rapporto, commissionato dal Pentagono, è stato scritto dai ricercatori indipendenti Joseph Felter e Jarret Brachman, che hanno potuto studiare i documenti classificati e hanno concluso e diffuso ieri l'analisi, che è destinata a pesare nella discussione sul futuro di Gitmo: chiusura e trasferimento dei detenuti o mantenimento della prigione finchè serve. Il nuovo rapporto critica un precedente studio del 2006 a cura di Mark Denbeux, professore di legge alla Seton Hall, che sulla base dello stesso materiale aveva parlato di "processi spettacolo" e aveva concluso che «il Dipartimento della Difesa trattiene erroneamente individui che nè pongono una seria minaccia alla sicurezza nazionale nè sembrano essere stati coinvolti nel condurre o appoggiare azioni ostili contro gli Usa». Un'assoluzione generale che serviva la causa anti Bush, ma che ora ha trovato una smentita puntuale. Il nuovo studio di West Point ha concluso che il 73% dei detenuti hanno rappresentato una "minaccia dimostrata", e che il 53% ha "sicuramente dato il supporto o condotto atti ostili" contro americani o alleati. I ricercatori hanno trovato che il 35% dei prigionieri è stato identificato come combattenti per Al Qaeda, i talebani o altri gruppi estremisti affiliati, e che il 92% di tutti i prigionieri erano intenzionati a costituire "minacce potenziali" per il fatto di aderire a questi gruppi. Solo l'1,16 per cento dei documenti processuali individuali studiati, relativi a sei soggetti, non mostra prove di coinvolgimento. Ma i due studiosi hanno anche ricordato che ciò che hanno potuto compulsare sono stati i Sommari, sottintendendo che altro materiale ancora classificato (perchè utile ad operazioni ancora in corso) potrebbe contenere prove di colpevolezza anche in quei sei casi. Nel nuovo rapporto c'è un attacco diretto alla «svariate scoperte dello studio precedente che non appaiono sostenute dalle documentazioni». In particolare, sotto critica è la metodologia usata da Denbeux: «Lo studio Seton Hall esclude un certo numero di dati raccolti sul campo dal Centro per combattere il terrorismo nelle sue considerazioni. Trascurare queste rilevanti informazioni limita il potenziale esplicatorio della ricerca Seton Hall e fornisce una analisi molto meno solida dei dati disponibili sui detenuti. In molti casi lo studio ignora il significato dell'intero contesto, e sbaglia a caratterizzare la natura di importanti variabili. In un certo numero di casi, il rapporto Seton Hall tira conclusioni sui dati relativi ai prigionieri non supportate da fatti». Il lavoro dei due studiosi di West Point è anche una lezione di stile metodologico, ma sarà trattato con scetticismo perchè all'intellighenzia globale piace di più l'altra "verità". Del resto, è di pochi giorni fa la notizia, con foto sul New York Times, del talebano ex detenuto a Guantanamo che in Afghanistan, dove si era affrettato a tornare a combattere una volta rilasciato, si è fatto saltare in aria da sè prima di cadere un'altra volta in mano ai marines. Sapeva che stavolta gli sarebbe stato più difficile ottenere la libertà, e così è andato ad allungare la lista, sono decine ormai, di "innocenti" di Gitmo che hanno smentito le anime belle riprendendo subito il mitra in mano.
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