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La Stampa Rassegna Stampa
27.07.2007 Shirin Ebadi, la migliore amica di Ahmadinejad
una sconcertante dichiarazione del premio nobel per la pace, mentre in Iran la repressione si fa sempre più brutale

Testata: La Stampa
Data: 27 luglio 2007
Pagina: 16
Autore: Farian Sabahi - la redazione
Titolo: «Iran, pena di morte»
Il premio nobel Shirin Ebadi ha una teoria tutta sua su come gli Stati Uniti potrebbero aiutare i dissidenti iraniani : "sarebbe meglio" dichiara "se gli americani divulgassero l’elenco di coloro a cui sono stati dati i finanziamenti (i finanziamenti del Congresso all'opposzione iraniana "in modo da scagionare i tanti attualmente in carcere e facilitare il nostro lavoro di difesa degli imputati".
Coloro che i finanziamenti gli hanno ricevuti dunque, nelle carceri dei mullah, o addirittura sul capestro,  dovrebbero esserci, secondo l'attivista dei "diritti umani". E l'America dovrebbe tradirli, fornendo gentilmente all'apparato repressivo di Teheran i loro nomi. Sarà una forma di "dialogo delle civiltà".

Da questa affermazione risulta evidente che le Ebadi è solo un'utile propagandista della Repubblica Islamica.

Ecco il testo:

Scrivere è una forma di resistenza, a ogni latitudine. Ma in Iran esprimere il dissenso può costare la vita. Un tribunale rivoluzionario ha condannato a morte il giornalista Adnan Hassanpour e l’attivista Hiva Botimar, entrambi di etnia curda, per spionaggio. Collaboravano alla rivista «Assu» (Orizzonti) pubblicata in persiano e in curdo a Sanandaj, capoluogo del Kurdistan iraniano, e costretta a chiudere nell’agosto del 2005.
Arrestati alla fine dello scorso anno, i due giornalisti sono accusati di aver collaborato con gruppi dissidenti. Ma la sorella di Hassanpour ha dichiarato a radio Farda - emittente che trasmette in persiano ed è finanziata dagli americani - che «la sola colpa di Adnan sono stati gli articoli scritti: non ha rapporti con alcun partito politico all’interno dell’Iran o all’estero, non ha legami con l’opposizione».
Un appello per la salvezza dei due giornalisti è stato lanciato in Italia dall’associazione Information Safety and Freedom e raccolto da Articolo21 e da Nessuno Tocchi Caino. «La censura imposta alla vicenda dei due giornalisti – ha polemizzato il deputato diessino Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo21 - contrasta con l’iniziativa del governo per ottenere la moratoria universale sulla pena di morte. Un disinteresse che induce il sospetto che i condannati a morte - iraniani, curdi, laici e addirittura socialisti - non rientrino nello schema dello scontro di civiltà, risultando scomodi per tutti».
È oltre un anno che in Iran le varie minoranze sono accusate di separatismo e prese di mira nella consapevolezza che si potrebbe scatenare un pericoloso effetto domino. Decine di intellettuali curdi sono stati arrestati: il loro attivismo è considerato una minaccia alla luce degli eventi paralleli alla Rivoluzione del 1979, quando avevano tentato invano di ottenere l’indipendenza. E misure severe sono state prese anche verso gli iraniani di etnia araba che vivono nel Khuzestan al confine con l’Iraq: vivono nella regione più ricca di petrolio, ma ricevono solo una parte dei proventi.
Le autorità accusano curdi e arabi di essere sobillati dagli stranieri. Una tesi che sarebbe suffragata dai fondi stanziati dal Congresso per finanziare l’opposizione iraniana all’estero e preparare un cambio di regime a Teheran. «Nessuno sa a chi siano andati questi dollari, ma la conseguenza è che sempre più iraniani finiscono in carcere con l’accusa di spionaggio», dichiara l’avvocatessa iraniana Shirin Ebadi. «Sarebbe meglio se gli americani divulgassero l’elenco di coloro a cui sono stati dati i finanziamenti, in modo da scagionare i tanti attualmente in carcere e facilitare il nostro lavoro di difesa degli imputati», ha aggiunto il Nobel per la pace facendo riferimento agli studiosi Haleh Esfandiari e Kian Tajbakhsh.
In cella con l’accusa di aver cercato di organizzare una rivoluzione di velluto simile a quelle in Ucraina e Georgia, sono entrambi di nazionalità iraniana ma lavorano negli Usa: Esfandiari è dipendente del Woodrow Center di Washington e Tajbakhsh dell’Open Society Institute di Georges Soros. Hanno anche il passaporto americano, ma Teheran non riconosce la doppia cittadinanza. Recentemente sono stati protagonisti di una trasmissione sulla televisione di Stato iraniana, in cui hanno «confessato» le loro colpe. Una confessione che ricorda quelle estorte dalla famigerata polizia dello scià.

A fianco dell'articolo della Sabahi alcuni trafiletti riportano altri episodi di repressione, non legati a nessun finanziamento americano

Parigi protesta Giustiziati 12 gay
La Francia ha manifestato ieri «estrema preoccupazione» per l’esecuzione, lo scorso 22 luglio, di 12 omosessuali in Iran.
Venti frustate
Femministe punite
Tre femministe, Delaram Ali, Alieh Eghdam e Maryam Zia, sono state condannate a sei mesi di carcere e a venti frustate.
Web sotto tiro Censurato un sito su tre
Reporters Sans Frontières ha inserito l’Iran tra i peggiori nemici di Internet: censurato il 30% dei siti.



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