Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Se D'Alema fosse un giornalista sarebbe Vittorio Zucconi con lui condivide tutti i pregiudizi
Testata: La Repubblica Data: 26 luglio 2007 Pagina: 1 Autore: Vittorio Zucconi Titolo: «WASHINGTON E ROMA TRA ALLEANZA E SFIDUCIA»
La via dalemiana della resa ai talebani e ad Al Qaeda riscuote l'approvazione di Vittorio Zucconi che nel suo articolo pubblicato da REPUBBLICA del 26 luglio 2007 riunisce falisità ( i "bombardamenti indiscriminati"), sentenze molto dubbie nella realtà, ma definitive per lui (in Afghanistan si è perduta l'occasione di costruire una società democratica ed islamica), indulgenza verso i terroristi dotati ìdi consenso popolare (Hamas)... L'articolo, insintesi, è la pefetta traduzione giornalistica della politica estera della Farnesina.
Ecco il testo:
Tenuta insieme con la pecetta delle ipocrisie e degli equivoci, la missione in Afghanistan di americani e Nato si scolla progressivamente sotto i colpi di bombardamenti martellanti che smentiscono le pretese di successo e delle inquietudini italiane che tradiscono le contraddizioni interne della nostra maggioranza. Tra un governo Usa che si è autocondannato a continuare sulla strada di operazioni militari sempre più dolorose per i civili e un governo italiano che si deve nascondere dietro il dito della "missione pacifica", la divaricazione è ogni giorno più evidente e l´equilibrio dell´ipocrisia reciproca sempre meno sostenibile. La tragedia degli equivoci e delle menzogne che hanno avvelenato sin dal primo avvio la guerra alle basi del terrorismo si è risolta da tempo in Iraq dove la immaginaria "coalizione dei volenterosi" è ormai ridotta alla escalation delle sole forze americane, e ha fatto un altro passo verso l´inevitabile finale anche in Afghanistan con lo scambio di battute fra il ministro degli esteri italiano Massimo D´Alema e il Dipartimento di Stato. «Il sovrapporsi della missione Isaf (la forza di pace internazionale sotto controllo Nato) ed Enduring Freedom (l´operazione militare americana) finisce per creare le condizione per un´azione militare non coordinata», «inaccettabile» per le popolazioni locali e «politicamente disastrosa». La missione «dovrebbe opportunamente concludersi», avverte quindi Roma, alla quale Washington risponde con un: «sono missioni separate ma al tempo stesso complementari», frase che significa in parole povere: voi europei continuate a far la guardia ai bidoni di benzina, mentre noi americani continuiamo a fare la guerra. Il tono, dietro la formula, è quello classico e abituale di questa amministrazione Bush-Cheney e riassumibile con il proverbiale «ragazzino lasciaci lavorare». Che la divaricazione fra il "senior partner" dell´impresa, gli Stati Uniti, e i soci di minoranza come l´Italia fosse ormai non più ricucibile è evidente da tempo, tra i piccoli ma eloquenti dispettucci diplomatici, come il mancato incontro fra la Rice e D´Alema e le sostanziali differenze nel giudizio su Hamas, che Roma considera comunque una forza popolare e Washington giudica una semplice organizzazione terroristica, nonostante il successo in un´elezione che proprio gli Usa vollero e imposero nei territori palestinesi. Lo strano animale politico militare creato in Afghanistan per accontentare tutti, un po´ soldato, un po´ vigile urbano, un po´ infermiere, un po´ tutto e un po´ niente, è soltanto la manifestazione sul campo di un dissenso che né il governo di Roma, né quello di Washington, hanno ormai interesse a ricucire sul serio. L´amministrazione americana non ha alcun desiderio di rendere più facile la vita già precaria di una maggioranza di centro sinistra che già ha alzato le tende dall´Iraq e che non perde occasione, proprio con D´Alema, di dare lezioni a Washington e di prendere posizioni che disturbano il grande manovratore della Casa Bianca. L´amministrazione italiana, che riesce a mantenere attivo il finanziamento della missione Isef soltanto giocando sull´equivoco della "missione di pace", non può continuare a reggere il moccolo ad azioni militari che provocano sempre più morti civili e sempre più ostilità nelle popolazioni afgane oltre la cittadella di Kabul. Di fatto, entrambi i soci che hanno costruito insieme la chimera, l´assurdo animale con due teste, una bellica e l´altra pacificatrice, non si fidano più l´uno dell´altro. La strategia americana a lungo termine, già confusa in Iraq, è ormai incomprensibile in un Afghanistan dove è stata perduta la grande occasione di costruire una società nuova insieme islamica e democratica per correre a inseguire il mito insensatamente ideologico del "cambio di regime" in Iraq. Le operazioni militari, soprattutto i bombardamenti indiscriminati, somigliano a un lugubre "gioco della talpa" dove l´avversario, martellato in un buco, rispunta subito dopo in un altro. Le azioni di pace, in teoria affidate anche all´Italia all´interno della missione Nato, devono ricostruire alla sera il favore popolare demolito al mattino da attacchi sempre più indiscriminati e divengono la fatica di Sisifo. Non ci sono dunque incontri al vertice, comunicati, strette di mano che possano ricucire quello che sei anni di guerra senza fine e senza conclusioni hanno strappato. Bush e i suoi non potranno mai cedere a una nazione straniera, e certamente non a un "junior partner" il controllo neppure parziale della guerra guerreggiata, visto che non sono disposti ad accettare neppure la supervisione costituzionale della maggioranza nel proprio stesso Parlamento, a Washington. Un governo fragile come quello italiano non potrà sopportare a lungo la parte del gregario buono in una squadra che conduce una gara sempre più violenta e sanguinosa.
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