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La Stampa Rassegna Stampa
17.07.2007 Forse è solo un ignorante che non sa di cosa parla
le posizioni di Massimo D'Alema

Testata: La Stampa
Data: 17 luglio 2007
Pagina: 16
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «D’Alema scivola sull’Afghanistan»
Da La STAMPA del 26 luglio 2007:

È l’Afghanistan il tema di una nuova giornata di frizioni diplomatiche fra Italia e Stati Uniti, a neanche 24 ore dalla cancellazione del viaggio di Condoleezza Rice a Roma.
Tutto inizia alle 14.43, ora italiana, quando due dispacci dell’Ansa intitolati «D’Alema, Enduring Freedom dovrebbe finire» danno conto dell’intervento del capo della Farnesina alla commissione Esteri della Camera, durante il quale ha affermato che l’operazione militare americana in Afghanistan Enduring Freedom «dovrebbe opportunamente concludersi». Il sovrapporsi delle missioni Isaf, a guida Nato, e Enduring Freedom, per Massimo D’Alema «finisce per creare molto spesso condizioni di un’azione militare non efficacemente coordinata e di rischio per le popolazioni», come testimoniato dalle vittime civili, «non accettabili sul piano morale e disastrose sul piano politico».
Circa un’ora dopo il testo arriva tradotto sulle scrivanie del Dipartimento di Stato e del Pentagono dove siedono i funzionari che seguono i rapporti con l’Italia. In entrambi i casi la reazione a caldo è di sorpresa, si chiedono nuove traduzioni e, quando a Roma sono oramai le 17, il primo a parlare è Todd Vician, portavoce del Pentagono. «Ogni Paese ha la sua politica e siete un alleato, ma il ministro D’Alema attribuisce le morti civili a Enduring Freedom mentre a causarle sono i Taleban, che si fanno scudo dei civili». Inoltre, «nel Sud da gennaio è la Nato a guidare le operazioni, e proprio la Nato si è impegnata a evitare al massimo di colpire i civili».
Il portavoce del Pentagono sospetta che D’Alema non abbia ben chiara la differenza fra missione Nato e Enduring Freedom, dunque precisa: «La Nato guida le operazioni contro i Taleban, Enduring Freedom vede i militari americani e di altre venti nazioni dedicarsi alla caccia dei leader di Al Qaeda» soprattutto lungo i confini settentrionali Afghanistan-Pakistan. Chiedere di «concludere Enduring Freedom» per il Pentagono significa voler porre fine alle operazioni anti-Al Qaeda - condotte con forze speciali e intelligence - iniziate in risposta all’11 settembre. «Porre fine a Enduring Freedom significherebbe cessare di dare la caccia a Osama bin Laden» precisa il portavoce.
Forse consapevole delle reazioni in arrivo da Washington la Farnesina consegna alle agenzie italiane una raffica si smentite. «Non ho mai detto che gli americani debbano andarsene dall’Afghanistan: queste sono questioni serie sulle quali si rischia il caso diplomatico» scrive l’Ansa alle 17, citando il capo della Farnesina. «È un sms che male interpretava le dichiarazioni del ministro» aggiunge l’Agi. Anche le smentite arrivano sui desk-Italia di Dipartimento di Stato e Pentagono ma non contribuiscono a frenare la macchina diplomatica americana, oramai in moto, che dopo le 20 italiane genera la presa di posizione ufficiale da parte di Sean McCormack, portavoce di Condoleezza Rice. «Enduring Freedom e Isaf sono due missioni entrambe cruciali per la sicurezza e la stabilità dell’Afghanistan, sono diverse ma si svolgono in stretto coordinamento l’una con l’altra e sono complementari» sottolinea McCormack al fine di smentire l’impostazione stessa del ragionamento del capo della Farnesina, che ne aveva trattato come se fossero operazioni separate.
Ma non è tutto. McCormack, rispondendo alle domande dei giornalisti, vuole ribadire che «le vittime sono causate dai Taleban che colpiscono nascondendosi dietro obiettivi civili» e dunque la responsablità di tali morti «è in primo luogo dei terroristi» fermo restando «l’impegno della Nato a limitarle quanto più possibile». Il linguaggio usato da McCormack non è casuale: riprende il testo delle più recenti dichiarazioni del Segretario generale della Nato, Jap de Hoop Scheffer, per richiamare Roma alla posizione dell’Alleanza sulle vittime civili.
Dietro la prontezza con cui Washington ha risposto a D’Alema c’è il timore dell’amministrazione Bush che Roma possa improvvisamente ritirasi dall’Afghanistan: ogni segnale di ambiguità italiana sulle posizioni della Nato viene vissuto con forte preoccupazione ed il fatto che in questo caso l’ambiguità abbia investito le parole di D’Alema ha reso ancor più necessario l’intervento di McCormack.

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