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Informazione Corretta Rassegna Stampa
26.07.2007 Lettere sul caso Magdi Allam
e sull'appello di Reset

Testata: Informazione Corretta
Data: 26 luglio 2007
Pagina: 0
Autore: la redazione
Titolo: «Lettere sul caso Magdi Allam»

Abbiamo ricevuto una lettera di commento a quella di ieri del professor Brunello Mantelli:

Ho letto con attenzione la nuova lettera del professor Mantelli, e
vorrei far conoscere il mio punto di vista.
- Scrive Mantelli: ...Egli mi chiese se fossi disponibile a
sottoscrivere eventualmente una petizione in difesa...
Sono molto stupito che dei professori universitari possano richiedere
e concedere, sia pure soltanto "in linea di massima",  firme su documenti che verranno scritti successivamente.
- Scrive ancora Mantelli:  ...Egli mi informò delle oggettivamente
gravi accuse formulate contro tre studiosi dell'Islam contemporaneo.
Sono molto stupito che il professor Mantelli esprima, con questa sua
lettera, una solidarietà a tre professori, aderendo a un documento
che è invece un atto d'accusa contro Magdi Allam.
- Scrive infine Mantelli: ...disagio che ieri esprimevo derivante dal
fatto che tra i firmatari compaiano personaggi, sia pure in numero
ristretto, di cui sono note posizioni come minimo ricche di
ambiguità ...
Sono molto stupito che il professor Mantelli prenda le distanze da
alcuni co-firmatari,  senza indicarli per nome e cognome.
Ancora una volta vorrei dire che non è un modo
trasparente, e quindi corretto, di esprimersi, tanto più considerata
la serietà del problema e la pubblicità che ha voluto dare alle sue
posizioni.
Emanuel Segre Amar

Abbiamo anche ricevuto due nuove lettere di Brunello Mantelli

Ho scorso il sito e Vi ringrazio. Apprezzo le persone di forti passioni, e perciò non me la prendo assolutamente per qualche eccessiva semplificazione circa le motivazioni del mia diciamo pure "contro-smentita", tuttavia come si fa a chiamare "fatwa" il testo dell'appello che, correttissimamente, avete messo a disposizione dei lettori. Non vi pare un po', come si direbbe dove mi trovo ora, übertriebend?

Con immutata amicizia,
Brunello Mantelli

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Alcune ulteriori chiose alla vicenda Magdi Allam - "Reset":

a) il testo dell'appello critico verso Allam è stato pubblicato (che io sappia) solo su "Reset" nell'edizione stampata, mentre le critiche che da più parti gli sono state mosse (giuste o sbagliate che fossero) sono state fatte circolare da subito on line; ciò ha rappresentato un'indubbia asimmetria. A mio giudizio chi promuova documenti e sottoscrizioni dovrebbe premurarsi, fin da subito, di rendere testo e firmatari visibili sul web. Ciò sia in un'ottica di chiarezza contenutistica, sia per mettere gli eventuali successivi firmatari a giorno del progredire delle adesioni (e della loro "quidditas");
b) nel caso specifico l'appello è stato inserito dalla redazione di "Reset" nel corpo di un dossier piuttosto ampio, dedicato tutto alle posizioni esposte da Allam in Viva Israele, dossier che non era aperto dal documento ma lo racchiudeva al suo interno. Fermo restando che nessuno degli altri contributi era inaccettabile per toni, contenuti o stile, resta però il fatto che un conto è sottoscrivere un appello, un altro è trovarlo (e trovare quindi la propria firma) incastonato in un contesto nei fatti unidirezionale (quand'anche la direzione fosse giusta e condivisibile). Meglio sarebbe stato, probabilmente, se "Reset" avesse pubblicato il documento separandolo anche fisicamente dagli altri eventuali articoli sul tema;
c) quanto all'opportunità di dedicare un intero dossier alla questione, trovo non prive di ragionevolezza le obiezioni avanzate già da altri: Allam è persona costretta a vivere sotto scorta perché oggetto di specifiche minacce (non funziona il paragone con i politici di professione, che qualcuno ha invocato: essi hanno la scorta per il mestiere che fanno, Allam per le intimidazioni ad personam che ha ricevuto). Ciò non lo autorizza a insultare chicchessia, ma forse è meglio non farlo oggetto di ben 10 pagine di continua critica (ancorché globalmente misurata). Ovviamente chi si ritenga da lui aggredito verbalmente ha tutto il diritto di tutelarsi, anche in sede giudiziaria, e di chiedere solidarietà in riferimento alle specifiche accuse che gli siano state mosse;
d) chi promuove un appello su questioni hic et nunc così delicate come il rapporto tra Occidente ed Islam, il conflitto israelo-palestinese, il rapporto tra politica e religione deve a mio giudizio stare attento a chi accoglie sotto le proprie bandiere; esistono infatti, anche nell'accademia, posizioni che non possono non essere definite ontologicamente antisemite, al di là della veste con cui possano presentarsi. A chi se ne faccia alfiere non può essere concesso di travestirsi da sostenitore della libertà di parola o della moderazione dell'argomentare.

Brunello Mantelli


Di seguito, riportiamo invece una lettera inviata a Reset da Laura Camis De Fonseca, presidente dell' Associazione Italia-Israele di Torino e la risposta del direttore della rivista (dal sito resetdoc.org)

Cari Amici (se così posso chiamarvi),

sono molto stupita del fatto che tanti intellettuali di pregio abbiano firmato l'appello contro Magdi Allam per il suo ultimo libro Viva Israele. Per questo sento il bisogno di confrontare idee e interpretazioni. Evidentemente il mio panorama mentale mi fa interpretare quanto vedo e leggo in un modo diverso dal vostro. Allora sono curiosa di capire le differenze fra il mio ed il vostro panorama mentale. Semplifico al massimo la mia visione di ciò che sta accadendo oggi nel mondo islamico e nei suoi rapporti con l'Occidente, per esporla nelle linee essenziali.

Il mondo arabo, rimasto per secoli in condizione di arretratezza culturale ed economica a causa della politica del califfato ottomano, si è ritrovato negli anni 40 e 50 con la grossa rendita del petrolio, che l'ha proiettato al centro degli interessi economici globali, ma senza una cultura adatta a vivere nella 'modernità', cioè nella cultura occidentale e nelle forme statuali di stampo occidentale. Dopo decenni di ricerca di una propria coesione interna e di un ruolo internazionale alto attraverso un percorso di nazionalismo (mutuando il concetto di nazione dall'Occidente, e fondamentalmente adottando modelli occidentali), una parte del mondo arabo (deluso e umiliato dalla propria continua inadeguatezza e stimolato dall'esempio del successo della rivoluzione iraniana) propugna il ritorno al Califfato, alla teocrazia e all'applicazione della sharia nella sua forma e lettura originaria. E addita come via per la vittoria non la gara con l'Occidente, o al traino dell'Occidente, ma l'inceppamento e la distruzione dei meccanismi sofisticati del mondo occidentale con le armi più semplici e primitive: qualche coltellino per abbattere le Torri Gemelle e bloccare i voli aerei negli Stati Uniti. Magnifico! Grandioso! Il coltellino però funziona ad una condizione: che sia soltanto la banale propaggine di una persona che usa se stessa come arma. Che può in qualunque momento trasformarsi in bomba, ma può anche essere uomo in mezzo agli uomini.

E' il tema dei romanzi e dei film di fantascienza, in cui l'eroe protagonista è un robot: sembra un uomo, agisce apparentemente come un uomo, ma è un robot programmato per distruggere. L'Occidente i robots di questo tipo li ha soltanto immaginati, senza riuscire a costruirli. Bin Laden (uso il suo nome per semplificare) li ha 'costruiti': ha educato gruppi di giovani a comportarsi da bombe, non da uomini. Così come già avevano fatto gli iraniani con i propri giovani nella guerra contro l'Iraq. L'11 settembre è stato il grande spot pubblicitario dell'impresa Bin Laden and Co.: le televisioni di tutto il mondo hanno mostrato in diretta a tutto il mondo l'efficacia del prodotto offerto. E' stato uno spot di grande successo, che ha oscurato il fallimento dell'altro tentativo di applicazione di questa strategia a uno scenario di guerra: la seconda intifada. Molti si sono convinti che, se basta aver a disposizione uomini-robot per distruggere il nemico e conquistare il mondo, occorre educare milioni di giovani a trasformarsi in robots. Come? Con la promessa di una gloriosa vita eterna dopo il 'martirio', e di grandi onori alla loro memoria qui in terra. Dicendo loro che dall'altra parte non esistono uomini, ma figli di Satana, e che la vita in terra acquista significato e valore soltanto nel morire combattendo contro Satana.

Una volta accettato il principio che la massima aspirazione della vita umana è il 'martirio' in nome di Dio e contro Satana, la tattica suggerisce di usare gli uomini come arma non soltanto per attacchi al nemico, ma anche per moltiplicare i martiri per mano del nemico, che di fronte alla morte invece appare sgomento. Dunque lanciare razzi contro un esercito da un quartiere civile affollato e provocare la reazione del nemico sul quartiere in modo che i civili muoiano a centinaia, raggiunge il doppio effetto di aumentare il numero di coloro che sono disposti a morire per vendicare i propri cari e provocare sgomento in Occidente e nel nemico per il numero di morti provocati dalla reazione dell'esercito, dimostrando così a tutti che la capacità di reazione e di distruzione di un forte esercito moderno non è utilizzabile per vincere il jihad.

Di fronte a questa situazione gli Stati Uniti di Bush hanno deciso di portare la guerra lontano dai propri confini, in pieno territorio 'nemico'. Lo scopo è dimostrare che il metodo 'Bin Laden & Co.' porta distruzione e morte a se stessi e non distrugge il nemico, e dunque non vince. C'è stato anche un tentativo, poco convinto e abortito (per fortuna), di rovesciare il gioco dicendo che Satana non è l'Occidente, ma il nemico dell'Occidente (the axis of evil). Con la guerra in Afghanistan e in Iraq la dimostrazione della validità del 'martirio' ai fini della vittoria i jihadisti la debbono fornire in Medio Oriente, a casa propria. Da due anni l 'Iran sta facendo tutto il possibile per spostare lo scenario principale dall'Afghanistan e dall'Iraq (paesi troppo vicini ai suoi confini e in cui la situazione appare difficile, impantanata, a rischio di insuccesso) su Israele.

Lo sta facendo in modo lampante, dichiarato, pianificato. Se Israele è una scheggia di Occidente in Medio Oriente, distruggere Israele per le masse islamiche ha il valore psicologico di una grande - e forse definitiva - vittoria. Se il jihadismo (tramite Hamas, Hezbollah e compagni) vince contro Israele, è probabile che le masse arabe e islamiche ora indecise, che vogliono tornare e vivere e basta, si schiereranno in blocco per i fondamentalisti. In realtà il JIhad non ha ancora mai dimostrato di poter essere vittorioso là dove il 'nemico' non è colto di sorpresa: non ha vinto la seconda intifada, non sta vincendo in Afghanistan né in Iraq. Aveva vinto soltanto nell'Afghanistan dei Talebani, ma ora l'Afghanistan è perso. Come qualunque altra forma di terrorismo nella storia (salvo quel terrorismo volto ad affiancare occasionalmente eserciti regolari) , il Jihad sarà vinto quando la popolazione riterrà che il Jihad non vincerà, e non fornirà più nuovi volontari. Dunque ora il jihad deve poter mostrare una grande vittoria sui teleschermi del mondo. L'effetto psicologico dell' 11 settembre sta svanendo.

In questo scenario Magdi Allam scrive e dice che una eventuale vittoria del Jihadismo non sarebbe una vittoria, ma la caduta nel baratro culturale e politico per gli Arabi. Che se gli Arabi si lasciano convincere da chi usa i bambini come armi e li educa a morire anziché a vivere, vanno incontro alla propria definitiva sconfitta, per mano propria prima ancora che per mano dei nemici. Che la vittoria della cultura della morte non è vittoria, ma è soltanto morte. E proprio perché l'Iran sta preparando la 'grande dimostrazione' della potenza vittoriosa del Jihad attraverso la distruzione di Israele, chi si oppone all'ideologia jihadista della morte deve avere il coraggio si uscire allo scoperto e dire: “Ma perché mai dovrei voler far morire i miei figli per distruggere Israele? Io piuttosto grido 'Viva Israele!' e insieme ad Israele vivranno anche i miei figli”.

Non è Magdi Allam a indicare in Israele il teatro di guerra: è l'Iran, e insieme all'Iran tutti i gruppi e le organizzazioni jihadiste. Magdi Allam sta cercando di dire a noi qui in Occidente che è necessario operare per convincere gli islamici a dire apertamente “non voglio distruggere Israele, ma voglio che i miei figli vivano e siano forti. Questa è la mia priorità”. E lo dice lui per primo, mostrando che si può avere il coraggio di dirlo. E voi firmate una pubblica petizione contro di lui? Perché? Vorrei averne una spiegazione valida. Purtroppo gli articoli sui giornali di alcuni di coloro che hanno anche sottoscritto l'appello mi sono sembrati superficiali, vaghi, non chiari. Se proprio debbo dirla tutta, mi sono sembrati moralmente bruttini, un po' vigliacchi. E' un dato di fatto storico che non sono mai stati gli intellettuali a ribellarsi alla tirannide o all'ingiustizia come gruppo. Gli intellettuali sanno poi spiegare benissimo come è nata la tirannide, come si è sviluppata, come è stata sconfitta (quando è sconfitta) o come è grande e trionfante (finché è grande e trionfante). Ma gli oppositori della tirannide sono sempre provenuti da tante diverse componenti la società, con alcuni - pochi - intellettuali al proprio interno. La massa degli intellettuali famosi è sempre rimasta compattamente alle dipendenze di chi deteneva il potere politico (e dunque anche economico). Non mi aspetto che oggi le cose vadano in modo diverso. Tutto normale, dunque.

Però fra i firmatari l'appello ho identificato alcune persone che conosco, che stimo, che spesso ammiro. Allora mi chiedo: che cosa non ho visto, non ho capito, non ho considerato, che sia utile per capire l'urgenza intellettuale, morale, politica di firmare questo appello? Chissà se mi faranno il piacere di spiegarmelo?

Cordialmente

Laura Camis de Fonseca

Associazione Italia-Israele Torino


Gentile amica,

le rispondo volentieri perché la sua lettera non solo è cortese anche se duramente critica verso quello che lei chiama l’ “appello contro Magdi Allam”, ma contiene un elemento vitale di curiosità per una posizione diversa dalla propria che è la premessa di ogni civile discussione. E le rispondo personalmente e individualmente per quanto mi riguarda, perché, come è e sarà sempre più evidente, gli “intellettuali” di cui Lei parla non sono un gruppo, ma decidono ciascuno per conto proprio quello che c’è da pensare su ogni singolo caso. Altri dunque, se vorranno, lo faranno. Io le parlo in quanto direttore di “Reset”.

Prima di tutto la natura del documento con le firme. Non l’ho promosso ma l’ho volentieri ospitato, e vi ho aderito, perché esso era, ed è, un atto di solidarietà dovuto, doveroso e giusto da parte mia, a studiosi e in qualche caso collaboratori della mia rivista accusati da Magdi Allam di “collusione” con l’ “ideologia di morte” degli islamisti, formula retorica circonvoluta, ma non tanto, che ha però un significato inequivocabile: amici dei terroristi. L’Università italiana – ha scritto Magdi Allam nel libro – “pullula” di casi simili. Questo modo sommario di liquidare posizioni dissenzienti attribuendole a “collusione” col nemico – e con un nemico criminale e assassino – è a mio avviso inaccettabile. Credo che sia questo l’aspetto determinante di quello che Lei chiama il “panorama mentale” che ha portato tante persone diverse a sottoscrivere il documento, di solidarietà con gli studiosi accusati ingiustamente, e di critica per i metodi sommari di Magdi Allam.

La critica, aggiungo, non riguarda solo il libro ma alcuni suoi diversi interventi, dello stesso tenore liquidatorio, apparsi sul Corriere della Sera (e ripresi nella seconda parte del libro). Esemplare il caso di un convegno napoletano contro il quale, a causa della partecipazione di personalità musulmane come Khatami, l’ex presidente iraniano, Magdi Allam agitò una campagna – mi consenta – insensata, che si concluse con la cancellazione della sua partecipazione. Immagino che non le sfugga la rilevante differenza – anche dal punto di vista di Israele – tra l’attuale presidente e l’uomo che incarnava le speranze (deluse) dell’epoca post-Khomeini. Lei riesce a immaginare la soddisfazione degli amici di Ahmadinejad per questo scorno inflitto al loro avversario? In questo e in altri casi simili non c’è stata alcuna discussione intorno alle iniziative giornalistiche di Magdi Allam, a causa delle minacce di morte che egli ha subito per la sua sacrosanta battaglia contro il fondamentalismo, il terrorismo, contro gli imam predicatori di odio che fin dall’inizio della sua brillante attività giornalistica, dopo l’11 settembre, ha smascherato, denunciando e traducendo i loro discorsi.

Questa sorta di conventio ad non criticandum, giustificata dalla gravità dei rischi che Magdi corre, non può però essere incondizionata, anche perché, se così fosse, consentiremmo ai terroristi di confiscare la discussione pubblica. La solidarietà che va data a lui come ad Ayaan Hirsi Ali – e l’attivo sostegno alla loro protezione dai terroristi – non può in ogni caso costringere a condividere tutto quel che dicono e scrivono. Come potrebbe essere, visto che si tratta di temi cruciali per l’agenda politica del mondo intero? Quel che mi dispiace è che, nonostante la vastità e varietà di adesioni al documento che illustra quel che le sto dicendo, e che invita a discutere in modo più libero di questi problemi, il giornalismo partigiano, tifoso, ideologico continua a colpire. Il Corriere della Sera non ha dedicato una riga a spiegare quel che è accaduto, ha completamente censurato le accuse di complicità con il terrorismo rivolte ad alcuni studiosi del mondo arabo, ed ha presentato l’iniziativa come una richiesta di “messa all’indice”. E purtroppo molte persone rischiano di formarsi una opinione solo sulla base di quel che il Corriere ha scritto.

Non seguo per brevità l’intero percorso del suo ragionamento sulla storia del mondo arabo, musulmano e delle sue sconfitte, ma vengo al punto che preme a Lei come a tanti di noi: Israele e il suo futuro. Qui credo che il nostro “panorama mentale” sia molto simile: Israele rappresenta molte cose, e tra queste anche una preziosa scheggia di occidente e di democrazia nel Medio Oriente. Sono convinto che abbia ragione Furio Colombo a criticare i pregiudizi acriticamente filopalestinesi di tanta storia della sinistra italiana. Troverà su Reset valutazioni in tal senso, che la bolla mediatica del momento, costruita faziosamente intorno alla “messa all’indice”, ha lasciato fuori. Speriamo che il sequestro della discussione ad opera di fanatismi di parte non duri troppo a lungo.

Cordiali saluti

Giancarlo Bosetti

24 Jul 2007


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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