Galloway espulso dalla Camera inglese per un mese ma con lui si doveva seguire la giustizia islamica che gli piace tanto
Testata: Il Foglio Data: 25 luglio 2007 Pagina: 2 Autore: William Ward Titolo: «Galloway cacciato da Westminster per colpa delle sue troppe verità sui soldi di Saddam»
Dal FOGLIO del 25 luglio 2007:
Londra. Per tutti coloro che lo hanno avversato in questi anni, vedere la faccia incandescente di George Galloway mentre veniva espulso dalla Camera l’altroieri “per aver diffamato il buon nome dei suoi membri”, secondo l’antica formula evocata dallo Speaker dei Comuni, Michael Martin, è stata di sicuro una bella soddisfazione. E la è stata non soltanto per loro, ma anche per tutti quelli che non hanno mai creduto alla sua versione dei fatti riguardo “Miriam’s Fund”, l’organizzazione che il parlamentare di sinistra si ostina a definire un ente caritatevole. La relazione di 181 pagine appena pubblicata – e firmata dal capo della prestigiosa “Parliamentary Standards & Privileges Committee”, sir Phillip Mawer – conferma quello che molti hanno sempre creduto, e cioè che, al contrario di ciò che va sostenendo, l’unico deputato di Respect, il partito nato dall’alleanza fra i trotzkisti e gli integralisti islamici inglesi, ha ricevuto consapevolmente un fiume di soldi direttamente da Saddam Hussein, sottobanco, nel periodo fra le due guerre del Golfo e specialmente nell’ambito della discussa operazione “Oil for Food”, voluta dalle Nazioni Unite per garantire aiuti alimentari all’Iraq sotto embargo in cambio di petrolio. “Abbiamo ottenuto prove inoppugnabili sul fatto che lei ha percepito in modo del tutto illecito dei fondi per finanziare le sue attività da Saddam Hussein, e che lei non ha mai dichiarato la verità in proposito nel corso delle indagini, e in più che ha usato in modo abusivo i soldi dei contribuenti britannici per sovvenzionarsi”, ha sottolineato lo speaker della Camera bassa britannica presentando i risultati della relazione. L’islamotrotzkista ha trovato modo di lanciare la sua ultima invettiva ai Comuni, sostenendo che “essere accusato di finanziamenti politici illeciti da questa Camera è come essere tacciato di cattivo gusto da Donald Trump o essere bacchettato dal Gobbo di Notre Dame per camminare storti”. Gli insulti hanno consentito a Martin – che come lui proviene dal ceto operaio scozzese di Glasgow, una città dove il dibattito politico non si svolge certo a colpi di fioretto – di bandire Galloway dalle sedute del Parlamento per un mese. La condanna della commissione presieduta da sir Mawer e l’espulsione da Westminster non sono che gli ultimi capitoli di una vicenda che va avanti ormai da anni e che ha il proprio protagonista nell’eccentrico deputato scozzese, un tempo laburist, e oggi sempre più simile a un playboy baathista con l’immancabile Monte Cristo tra le labbra. Al suo attivo, Galloway poteva già contare gli atti d’accusa dell’Onu, della Senate Subcommittee on Investigations di Washington e della Charities Commission del Regno Unito. L’esponente di Respect ha sempre protestato la propria innocenza, accusando invece gli investigatori di malafede. La sua autodifesa istrionica davanti ai parlamentari statunitensi, due anni fa, ne ha fatto una specie di eroe per i militanti pacifisti di mezzo mondo. E proprio quell’episodio è stato ricordato ieri, sul Wall Street Journal, dal senatore americano Norman Coleman, che presiedeva la sottocommissione davanti alla quale comparve Galloway. Il parlamentare americano, con precisione forense, ha smontato una a una tutte le “verità” del deputato scozzese, senza peraltro mai scomodarsi a dargli del bugiardo. Parola della quale Galloway, dal gioco di parole “B-liar” per Blair in giù, ha sempre fatto largo uso. Ma forse il suo concetto di verità il deputato di Respect l’ha mutuato dagli amici islamisti che hanno codificato l’uso della “Taqiyya”, ossia la facoltà di trarre in inganno gli infedeli per il bene della fede. Per inviare una e-mail alla redazione del Foglio cliccare sul link sottostante