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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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La Repubblica Rassegna Stampa
25.07.2007 "Recriminazioni reciproche" tra i terroristi e chi li combatte
e fallisce il "dialogo" tra Stati Uniti e Iran

Testata: La Repubblica
Data: 25 luglio 2007
Pagina: 26
Autore: Elena Dusi
Titolo: «Gli Usa: "Teheran aiuta gli insorti" finisce male il vertice sull´Iraq»

L'incontro tra i rappresentanti americani e quelli iraniani a Teheran  è stato una "ridda di recriminazioni reciproche". Gli americani hanno accusato l'Iran di "aver addirittura incrementato negli ultimi due mesi il suo aiuto alle milizie", l'Iran "ha ribadito la vecchia convinzione di Teheran secondo cui non ci sarà stabilità in Iraq prima del ritiro delle truppe americane", ma Washington "non pensa affatto" a un ritiro nel futuro prossimo.

Tra Iran e Stati Uniti, stando alla cronaca di Elena Dusi pubblicata dalla REPUBBLICA del 25 luglio 2007, vi sarebbe una  perfetta simmetria di reciproche intransigenze e, appunto, di "recriminazioni", che renderebbero difficile il diaologo. Come se il sostegno alle "milizie" (cioè al terrorismo) in Iraq e il mantenere truppe a difesa del governo democratico iracheno potessero essere messi sullo stesso piano.

Le stesse accuse americane all'Iran sono presentate come dubbie e in esse, più che in ciò che denunciano, viene indicata la ragione del fallimento del "dialogo".
Dialogando con i terroristi e con i loro sostenitori è forse necessario, per REPUBBLICA non fare nessun cenno al terrorismo.

Ecco l'articolo:


Chi sperava che il dialogo fra Usa e Iran fosse il primo passo per sciogliere il nodo iracheno è rimasto deluso. Perché ieri i rappresentanti di Teheran e Washington si sono effettivamente incontrati a Bagdad per la seconda volta dopo 27 anni di gelo diplomatico, iniziati con la rivoluzione di Khomeini e la crisi degli ostaggi (la rottura del ghiaccio era avvenuta in un faccia a faccia del 28 maggio scorso). Ma l´appuntamento si è risolto in una ridda di recriminazioni reciproche, con scarni propositi di collaborazione per il futuro. Nella conferenza stampa successiva all´incontro, l´ambasciatore Usa Ryan Crocker ha accusato l´Iran di aver addirittura incrementato negli ultimi due mesi il suo aiuto alle milizie. «Siamo preoccupati per l´appoggio in armi e addestramento fornito agli elementi più violenti», sono state le sue parole. E l´Iran, con l´ambasciatore Hassan Kazemi-Qomi, ha ribadito la vecchia convinzione di Teheran secondo cui non ci sarà stabilità in Iraq prima del ritiro delle truppe americane.
A un ritiro d´altra parte Washington non pensa affatto, almeno nel futuro prossimo. Il New York Times è entrato in possesso dei piani militari segreti per i prossimi due anni, riferendo che lo stato maggiore si propone di riportare la sicurezza nel Paese nell´estate del 2008, con l´obiettivo di cominciare a lasciare l´Iraq nell´estate dell´anno successivo. «Ma gli obiettivi appaiono ambiziosi - fa notare il quotidiano - considerata la sfida enorme posta da una rivolta sunnita dura a morire, dalle milizie di disertori sciiti, dai leader iracheni che muovono solo passi incerti verso la riconciliazione e dall´ingerenza di Iran e Siria». Anche il presidente George W. Bush ha ribadito in un discorso davanti alle reclute di Charleston che «abbandonare l´Iraq ad al Qaeda sarebbe una catastrofe per il nostro Paese. Nonostante le difficoltà, dobbiamo vincere».
Fra le esplosioni di ieri in Iraq, la più forte è stata quella che ha scosso Hilla, nei pressi dell´antica Babilonia, un centinaio di chilometri a sud di Bagdad. L´attentatore suicida ha fatto esplodere l´auto su cui viaggiava in un mercato affollato, a fianco di un ospedale per la maternità. Il bilancio parla di 24 morti (in prevalenza sciiti) e quasi 70 feriti, 22 dei quali gravemente ustionati. E i continui ritrovamenti di cadaveri torturati e finiti con un colpo di pistola nella capitale (ieri 24) mostrano che, nonostante gli auspici del Pentagono, non si intravedono spiragli di luce per la stabilità in Iraq.
Già due mesi fa Washington aveva tentato la carta del dialogo con l´Iran. Ma il faccia a faccia fra gli ambasciatori dei due paesi a Bagdad il 28 maggio si era concluso con un nulla di fatto. Esattamente come ieri, con l´unica eccezione dell´istituzione di un "comitato tripartito per la sicurezza" che permetterà a Iraq, Usa e Iran di «lavorare insieme per servire il popolo iracheno», come ha auspicato il ministro degli esteri di Bagdad Hoshyar Zebari. Che poi ha riconosciuto: «Speriamo che il prossimo round di negoziati faccia registrare qualche progresso».

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