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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
25.07.2007 Tra Hamas e Al Qaeda non c'è differenza
intervista di Davide Frattini al presidente d'Israele Shimon Peres

Testata: Corriere della Sera
Data: 25 luglio 2007
Pagina: 9
Autore: Davide Frattini
Titolo: ««Hamas e Al Qaeda? Nessuna differenza»»

Dal CORRIERE della SERA del 25 luglio 2007, un'intervista di Davide Frattini al presidente israeliano Shimon Peres:

GERUSALEMME — Nel giardino della residenza a Gerusalemme, il busto di Moshe Katsav chiude il girotondo degli otto presidenti. E' arrivato da due settimane, come il nuovo inquilino. Il numero nove ironizza su quella imbarazzante compagnia, una statua per ricordare il capo dello Stato che ha ammesso di aver molestato le sue segretarie. «Non sono io che decido la collezione d'arte», scherza Shimon Peres.
Indossa un completo grigio, cravatta verde e buonumore. «Sono sempre ottimista. Pessimisti e ottimisti muoiono tutti allo stesso modo, tanto vale vivere lottando per qualcosa più grande di noi». Ripete un motto inglese: «Chi si arrende non vince, i vincitori non si arrendono ». Lui ha aspettato 83 anni per trionfare in un'elezione e cancellare la fama di super-perdente della politica israeliana. A chi si preoccupa per la sua età e teme che non possa arrivare al termine del mandato, nel 2014, risponde con ricette di lunga vita: «Gli uomini e le donne conoscono se stessi molto meglio dei medici. Quando mi dicono: prenditi una vacanza. Rispondo: perché? Se hai energie, continua a lavorare. Io l'ho fatto sempre. A che serve passare il tempo distesi sulla spiaggia al sole?». Elogia Tony Blair, neo-inviato del Quartetto per il Medio Oriente, che sta per incontrare: «Non ha cercato un'occupazione, si è scelto una missione».
Nel discorso di insediamento alla Knesset, ha promesso di «riconciliare la società israeliana divisa». Eppure l'aggettivo «controverso» è quello che preferisce attribuirsi, all'inizio dell'intervista con il Corriere della Sera, il quotidiano tedesco Die Zeit e il britannico The Times.
«La popolarità è un tentativo di piacere a tutti e di rinunciare ai propri principi. Controverso significa che stai combattendo per i tuoi ideali». La carica di presidente è cerimoniale, ma Peres fa capire che i poteri limitati non lo fermeranno. «Non vuol dire che il capo dello Stato debba interpretare il ruolo senza usare la testa».
Fonti del governo di Ehud Olmert hanno lasciato trapelare che il primo ministro potrebbe rilanciare una versione ridotta (e non più unilaterale) del piano di convergenza, congelato dopo la guerra in Libano di un anno fa: gli israeliani si ritirerebbero sul confine delineato dalla barriera di sicurezza e lascerebbero il controllo di parte della Cisgiordania al presidente palestinese Abu Mazen. «Dovete chiedere al primo ministro», si protegge Peres. Poi non rinuncia a dire la sua: «La combinazione di Abu Mazen e il primo ministro Salam Fayyad è molto incoraggiante. Al contrario di Hamas, sono seri, razionali e vogliono la pace con Israele. E' una buona opportunità».
Respinge l'avvertimento di Massimo D'Alema, ministro degli Esteri italiano, che ha detto: «È sbagliato regalare Hamas ad Al Qaeda. Hamas si è reso protagonista di atti terroristici, ma è anche un'organizzazione popolare. Per l'Occidente non riconoscere un governo eletto democraticamente, magari mentre andiamo a braccetto con qualche dittatore, non è una straordinaria lezione di democrazia ». «Qual è la differenza tra Hamas e Al Qaeda?», commenta Peres. «Non mi sembra che Hamas stia più lottando per la nascita di uno Stato palestinese. La loro ideologia vuole imporre l'egemonia islamica fondamentalista su tutto il Medio Oriente. La partecipazione alla democrazia deve durare più di ventiquattr'ore. Se corri alle elezioni, non significa che diventi un membro permanente del club. Bisogna dimostrare giorno per giorno, dopo il voto, di essere un movimento democratico. Gli integralisti devono confrontarsi con la realtà e magari impareranno che sparare, il terrorismo non funzionano, che sono responsabili per il benessere della loro gente». Usa la vittoria in Turchia di Recep Tayyip Erdogan come esempio positivo. «E' una forma differente di islam. Non fanatico, aperto, moderno, con una base nella classe media».
E' convinto che Israele non debba intervenire nella frattura tra il Fatah e Hamas, tra Gaza e la Cisgiordania. «Non siamo a Las Vegas. Noi non approviamo matrimoni e non organizziamo divorzi. Hamas, che è un piccolo gruppo, vuole dirigere le vite di tutti i palestinesi. Non è Abu Mazen che si è separato da Gaza, sono loro che si sono separati da Abu Mazen. Ammazzando gli uomini del Fatah, gettando gli ufficiali dai tetti per ucciderli. L'idea che la coda possa guidare il cane non mi convince». Difende gli accordi di Oslo, per cui ha vinto un Nobel per la pace assieme a Yitzhak Rabin e Yasser Arafat. «E' stato giusto scegliere il Fatah come partner invece di Hamas. Arafat ha fatto molti errori, ma anche scelte coraggiose come accettare le risoluzioni Onu 242 e 338 e l'esistenza dello Stato ebraico».
Il presidente sta digiunando. Gli ebrei commemorano Tisha B'Av, il giorno che ricorda la distruzione del primo e del secondo tempio a Gerusalemme. Peres elenca le minacce più grandi che incombono sullo Stato israeliano: «Il terrorismo e la possibilità che i terroristi entrino in possesso di armi nucleari ». Lo preoccupano anche i disastri ambientali: «Per molti anni la nostra attitudine verso l'ecologia sembrava quella verso la fantascienza. Ma la natura è impaziente. Il Mar Morto è impaziente con noi. Israeliani, palestinesi, giordani devono collaborare per non inquinare più le acque, per fermare la desertificazione. Trovare insieme nuove fonti di energia. Un'economia della scienza rende i confini irrilevanti».
Nehemia Peres, chiamato da tutti «Chemi », è il più giovane dei suoi tre figli. A 49 anni, guida una società di venture capital che da un grattacielo di Herzliya, sulla costa a nord di Tel Aviv, ha investito oltre un miliardo di dollari in società hi-tech israeliane. Il padre presidente prova a spiegare la contraddizione tra l'economia che corre e un Paese che sembra insoddisfatto. «La soddisfazione non fa parte del carattere ebraico. Il nostro popolo ha cominciato la marcia nella Storia perché era insoddisfatto, per questo siamo una forza rivoluzionaria. Quando sei appagato, ti annoi, smetti di creare. La noia è peggiore della morte. Israele non è una nazione: è uno spettacolo teatrale, spesso drammatico, mai monotono».

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