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Ai firmatari dell'appello contro Magdi Allam 23/07/2007
Cari Amici  (se così posso chiamarvi),
 
sono  molto stupita  del fatto che tanti intellettuali  di pregio abbiano firmato l'appello contro  Magdi Allam  per il suo ultimo  libro 'Viva Israele'.    Per questo sento il bisogno di  confrontare idee  e   interpretazioni.    Evidentemente  il mio panorama  mentale  mi fa interpretare quanto vedo e  leggo  in  un modo   diverso dal vostro.   Allora  sono  curiosa  di   capire le differenze  fra il mio  ed il vostro panorama mentale.
 
 Semplifico   al  massimo  la mia visione  di ciò che sta accadendo oggi  nel mondo islamico e nei suoi rapporti con l'occidente,  per  esporla  nelle linee essenziali. 
   
Il mondo arabo,  rimasto   per secoli in condizione di arretratezza  culturale  ed economica  a causa  della  politica   del califfato ottomano, 
si  è ritrovato negli anni 40 e  50   con  la grossa rendita del petrolio,   che l'ha proiettato al centro  degli interessi economici globali,   ma senza  una  cultura adatta  a  vivere  nella 'modernità',   cioè  nella cultura occidentale e nelle forme statuali  di stampo occidentale.  
Dopo decenni  di ricerca di una  propria coesione  interna   e di un  ruolo  internazionale  alto   attraverso  un percorso di  nazionalismo (mutuando il concetto di nazione  dall'occidente, e  fondamentalmente  adottando  modelli  occidentali),   una  parte del mondo arabo ( deluso  e umiliato dalla propria   continua   inadeguatezza  e  stimolato dall'esempio del successo della rivoluzione iraniana)  propugna  il  ritorno  al Califfato,  alla teocrazia  e all'applicazione della  sharia  nella sua   forma e lettura originaria.   E  addita  come  via  per  la vittoria  non la gara   con l'Occidente,   o al traino  dell'Occidente,    ma  l'inceppamento e la distruzione dei   meccanismi  sofisticati   del mondo occidentale   con  le armi più  semplici  e primitive:   qualche coltellino  per  abbattere le Torri  Gemelle  e  bloccare  i voli  aerei negli Stati Uniti.   Magnifico!   Grandioso!
Il coltellino   però  funziona ad una  condizione:  che   sia  soltanto la  banale  propaggine   di  una  persona    che  usa se stessa come  arma.    Che   può  in qualunque momento  trasformarsi in bomba,  ma   può anche  essere  uomo  in  mezzo agli uomini. 
 E' il  tema  dei romanzi e dei film  di fantascienza,  in cui   l'eroe   protagonista  è  un robot:  sembra un uomo,  agisce  apparentemente  come un uomo,  ma è un  robot  programmato per distruggere.   L'occidente  i robots  di questo tipo  li ha soltanto immaginati,  senza riuscire  a costruirli.    Bin Laden  (uso  il suo nome   per   semplificare)  li ha   'costruiti':    ha educato  gruppi di giovani  a  comportarsi da  bombe,  non da  uomini.   Così come   già avevano fatto  gli Iraniani  con i  propri   giovani   nella guerra contro  l'Iraq. 
 
L'11 settembre  è stato il  grande spot pubblicitario  dell'impresa  Bin Laden and Co.:   le televisioni di tutto il mondo hanno   mostrato in diretta   a tutto il mondo l'efficacia  del  prodotto  offerto.   E' stato uno spot di grande successo,  che ha  oscurato  il  fallimento  dell'altro  tentativo di applicazione di questa strategia  a  uno scenario   di guerra:  la seconda intifada.   Molti si sono convinti che,  se  basta   aver  a disposizione   uomini-robot   per  distruggere  il  nemico  e  conquistare il  mondo,   occorre  educare   milioni di giovani  a  trasformarsi in  robots.  Come?   Con la promessa  di una gloriosa  vita eterna  dopo il 'martirio',  e di   grandi  onori  alla  loro memoria  qui in terra.    Dicendo loro che  dall'altra parte non esistono  uomini,  ma figli di  Satana,  e che la vita  in terra  acquista  significato e valore  soltanto  nel  morire  combattendo contro Satana.   
Una volta accettato il principio   che  la massima  aspirazione  della vita umana  è  il 'martirio'  in nome  di Dio e contro Satana,    la tattica suggerisce  di  usare  gli uomini come arma  non soltanto per attacchi  al nemico, ma anche per  moltiplicare  i martiri per  mano del nemico,   che di fronte  alla morte  invece appare sgomento.   Dunque  lanciare razzi contro un esercito  da  un quartiere civile  affollato  e provocare  la reazione  del nemico  sul  quartiere  in modo che i civili   muoiano   a  centinaia,    raggiunge  il doppio effetto di  aumentare  il numero  di coloro che sono disposti a  morire per  vendicare  i  propri  cari  e  provocare  sgomento  in occidente  e nel nemico  per  il numero di morti  provocati  dalla reazione  dell'esercito,  dimostrando  così a tutti  che la  capacità  di reazione e di distruzione  di  un forte esercito  moderno  non  è  utilizzabile   per vincere   il  jihad.
 
Di  fronte a questa situazione  gli Stati Uniti di Bush  hanno  deciso di  portare la guerra  lontano dai propri  confini,  in pieno  territorio  'nemico'.   Lo   scopo  è dimostrare che  il  metodo  'Bin Laden & Co.'  porta  distruzione  e morte  a se stessi  e non  distrugge il nemico,  e dunque  non vince.      C'è stato  anche  un tentativo,   poco convinto e abortito (per fortuna),  di   rovesciare il gioco  dicendo  che Satana   non è l'Occidente,  ma  il nemico dell'Occidente (the axis of evil). 
Con  la guerra in  Afghanistan  e in Iraq    la  dimostrazione  della validità del  'martirio' ai fini della vittoria   i   jihadisti   la  debbono  fornire   in  Medio Oriente,  a casa propria.     Da due anni l 'Iran  sta  facendo tutto il possibile  per spostare   lo scenario  principale  dall'Afghanistan  e dall'Iraq   (paesi  troppo vicini ai suoi confini e   in cui   la situazione appare  difficile,  impantanata,  a rischio di  insuccesso)   su  Israele.    Lo sta facendo in modo  lampante, dichiarato,  pianificato.  Se  Israele  è una scheggia  di occidente  in  Medio Oriente,    distruggere Israele  per le masse islamiche   ha  il valore psicologico   di una  grande - e forse  definitiva -  vittoria.    Se   il jihadismo  (tramite Hamas, Hezbollah e  compagni)  vince contro Israele,   è probabile che le masse arabe  e islamiche  ora  indecise,   che  vogliono   tornare e vivere e basta,   si schiereranno  in blocco per  i  fondamentalisti.   In realtà  il JIhad   non ha ancora mai dimostrato di poter  essere vittorioso  là dove il  'nemico'  non è  colto  di sorpresa:    non  ha vinto  la seconda intifada,  non  sta vincendo   in Afghanistan  nè in Iraq.  Aveva vinto  soltanto  nell'Afghanistan  dei Talebani,  ma   ora  l'Afghanistan  è  perso.   Come qualunque altra forma di terrorismo nella storia  (salvo quel  terrorismo volto  ad affiancare  occasionalmente  eserciti regolari) ,  il Jihad   sarà vinto   quando la  popolazione  riterrà che   il Jihad  non  vincerà,   e non fornirà   più  nuovi  volontari.   Dunque ora   il  jihad deve poter mostrare una grande vittoria  su  teleschermi del mondo.   L'effetto  psicologico  dell' 11  settembre sta svanendo.
 
 In questo scenario  Magdi Allam scrive   e  dice  che  una eventuale vittoria  del Jihadismo  non sarebbe una vittoria,  ma  la caduta  nel  baratro  culturale  e politico  per  gli Arabi.    Che se gli Arabi  si lasciano convincere da  chi  usa  i bambini  come  armi  e  li   educa  a morire  anzichè a vivere,  vanno incontro alla  propria definitiva sconfitta,  per mano propria  prima ancora che per  mano dei  nemici.    Che la vittoria della cultura  della  morte  non  è   vittoria,   ma è   soltanto  morte.
E  proprio perchè   l'Iran  sta preparando la  'grande dimostrazione'  della potenza  vittoriosa  del Jihad   attraverso  la distruzione di Israele,   chi  si oppone all'ideologia   jihadista  della morte    deve avere  il coraggio si uscire allo scoperto e dire: ' ma perchè mai dovrei voler   far morire i miei figli per  distruggere Israele?  Io piuttosto grido  'Viva Israele!'  e insieme ad  Israele  vivranno anche i miei figli.'.
 
Non è  Magdi Allam  a indicare in Israele  il teatro di guerra:  è l'Iran,  e insieme all'Iran  tutti  i gruppi e le organizzazioni   jihadiste.   
Magdi Allam  sta cercando di  dire a noi   qui in occidente  che   è necessario operare per  convincere  gli islamici  a dire  apertamente 
'non  voglio    distruggere Israele,  ma  voglio che i miei figli vivano e  siano forti  Questa è la mia  priorità'.    E lo  dice  lui  per primo,    mostrando  che si può avere il coraggio di   dirlo. 
 
E voi  firmate   una pubblica  petizione   contro di lui?    Perchè?   Vorrei averne  una   spiegazione   valida.   Purtroppo  gli articoli  sui giornali di   alcuni di coloro che hanno  anche  sottoscritto  l'appello   mi  sono sembrati  superficiali,   vaghi,  non chiari.  Se proprio debbo dirla  tutta,  mi sono sembrati  moralmente  bruttini,   un po'  vigliacchi.  
E'  un dato di fatto storico  che  non sono mai stati gli intellettuali   a  ribellarsi  alla tirannide  o all'ingiustizia  come  gruppo.   Gli intellettuali sanno  poi  spiegare  benissimo   come è nata la tirannide,  come  si è sviluppata,  come è stata sconfitta  (quando è sconfitta)  o come  è grande e trionfante  (finchè è grande e trionfante).   Ma  gli oppositori della tirannide  sono sempre provenuti da  tante  diverse  componenti  la società,  con alcuni  -  pochi  - intellettuali  al proprio interno.    La massa degli  intellettuali famosi  è sempre   rimasta  compattamente alle dipendenze  di chi  deteneva  il potere politico  (e dunque anche economico).     Non mi aspetto che  oggi   le cose vadano in modo diverso.    Tutto normale, dunque.
 
Però   fra i firmatari  l'appello  ho identificato alcune persone che conosco, che stimo,  che spesso  ammiro.   Allora  mi chiedo:  che cosa   non ho visto,  non ho  capito,  non ho considerato,   che sia  utile  per  capire   l'urgenza  intellettuale , morale,  politica  di  firmare   questo appello?  
Chissà se mi faranno il piacere  di spiegarmelo? 
 Cordialmente 

  Laura Camis de Fonseca  
   Associazione Italia Israele  Torino

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