Le vere ragioni della jihad globale un articolo di David Harris Direttore dell'American Jewish Committee
Testata: L'Opinione Data: 23 luglio 2007 Pagina: 0 Autore: David Harris Titolo: «Pace in Medio Oriente? Ma la Jihad è globale»
Da L'OPINIONE del 23 luglio 2007:
Sono appena tornato da un nuovo viaggio in Europa per incontri sui temi del Medio Oriente. Se potessi avere un dollaro (o anche meglio, dato il cambio, un euro) ogni volta che sento dire in una capitale o nell’altra che Israele deve risolvere il conflitto con i palestinesi per disinnescare l'ira mondiale dei jihadisti, oggi io sarei una persona ricca. Ma persone davvero intelligenti credono seriamente a quello che dicono, o piuttosto questo dire è solo un apparato retorico riflessivo, che ripete a pappagallo quanto la saggezza convenzionale ha fermamente stabilito? Va senza dire che una soluzione permanente al conflitto israeliano-palestinese sarebbe molto benvenuta. Ma per i jihadisti non cambierebbe molto. In fondo, loro non sono interessati alla pace tra israeliani e palestinesi. Ammesso e non concesso che Israele sparisca dalla mappa, le richieste dei jihadisti – ad esempio, le truppe occidentali fuori da Iraq e Afghanistan; le basi militari americane fuori dal Golfo Persico; l’India fuori dal Kashmir; l'Armenia fuori dal Nagorno-Karabakh; i regimi filo-occidentali fuori da Islamabad, Riyadh, Amman e Cairo; la restaurazione del califfato e il trionfo della legge della shari'a – continuerebbero senza perdere un colpo.
L'elenco dei "torti" è senza fine, offrendo giustificazioni innumerevoli alla rabbia. È nutrito fra gli altri dall'infrastruttura globale e dalle sostanziose risorse della Fratellanza musulmana, dalle istituzioni wahhabite appoggiate dai Sauditi e dai gruppi sciiti sostenuti dagli iraniani. Si afferma l'ovvio dicendo che i vari esponenti dell’Islam integralista sono guidati da un’agenda teologica. Sì, essi possono richiedere sostegno lamentando che i musulmani sono designati come bersaglio qui e là, che sia vero o no. Ma nessuno dovrebbe farsi alcuna illusione. Il pressing su Israele per soddisfare l'appetito di queste forze determinate non aiuterebbe, ma aumenterebbe solamente la loro fame e condurrebbe alla conclusione che un "Essere Supremo" sta guardando in giù con favore agli sviluppi terreni. È successo già: la sconfitta dell'Unione sovietica in Afghanistan ad opera dei mujaheddin negli anni Ottanta, ed oggi le grandi difficoltà incontrate dalle truppe americane e dai loro alleati in Iraq ed ancora una volta in Afghanistan, ha persuaso le forze integraliste che sono inarrestabili, che "Dio" è dalla loro parte.
Israele, per la sua posizione geografica, è sulla linea di frontiera del conflitto, in questo caso rappresentato da Hamas, Hezbollah, Jihad islamica, e dagli stati loro finanziatori, Iran e Siria. La sua abilità di rimanere in piedi - come uno stato forte, democratico, pluralista e cercatore di pace – merita ampio appoggio e ammirazione. Come un ex ministro degli esteri europeo disse in privato ad un gruppo dell’AJC, "io sono giunto alla conclusione che Israele non è più solo una questione ebraica. È della massima importanza anche per l’Europa. Se Israele dovesse cadere per mano dei jihadisti di Hamas e Hezbollah, appoggiati dall'Iran, l’Europa sarà il prossimo obiettivo. Io ora sono convinto di questo, mentre una volta avevo i miei dubbi. Tramite l'intimidazione, la coercizione, la minaccia della violenza ed il terrorismo, l’Europa sarà sfidata. Che Israele rimanga forte dovrebbe essere un vitale interesse europeo".
Chiaramente l’Europa sarà sfidata indipendentemente da quello che accadrà ad Israele. I recenti eventi hanno reso tutto fin troppo chiaro. Ma il commento di questo statista di centrosinistra è nondimeno un'ammissione illuminante di una realtà che molti altri ancora stentano ad ammettere. Questi statisti - come altri intellettuali, sindacalisti e attivisti dei diritti umani - dovrebbero avere un elenco di letture obbligatorie. E magari cominciare dall’ “Infedele”, scritto da Ayaan Hirsi Ali. In questo straordinario resoconto autobiografico, Hirsi Ali, di origine somala, rivela la visione del mondo degli integralisti islamici. Essendo stata parte di quel mondo, nel Corno d’Africa, Kenia, e Arabia Saudita, lei conosce le cose di cui parla. Come una Cassandra, lei ci dà l’allarme sulla repressione delle donne, così profondamente radicata; sull'antisemitismo, così largamente diffuso, sulla diffida agli "infedeli" e sugli obiettivi islamici di dominazione globale che lei ha conosciuto da vicino. Cita un predicatore islamico: "L’Islam è sotto attacco e i suoi nemici - gli ebrei e gli americani - bruceranno per sempre; quelle famiglie musulmane che hanno spedito i loro figli presso le università di Stati Uniti, Gran Bretagna e delle altre terre degli infedeli, bruceranno.... Se tu non romperai le tue amicizie con i non-musulmani, tu brucerai."
Ed il suo insegnante di religione in una scuola musulmana di Nairobi credeva che "gli ebrei controllano il mondo, ed ecco perché noi dobbiamo essere puri: per resistere a questa influenza malvagia. L’Islam è sotto attacco, e noi dobbiamo alzarci e lottare contro gli ebrei, perché solamente se tutti gli ebrei saranno distrutti potrà giungere la pace per i musulmani." Un altro libro da leggere dovrebbe essere “Viva Israele” di Magdi Allam (per ora disponibile solo in italiano ma, si spera possa essere presto disponibile in altre lingue). Egiziano di origine, Allam è un giornalista ed editorialista musulmano tra i più prominenti di Italia, e non rinuncia mai a dire le cose come stanno. Nella sua potente difesa di Israele, Allam scrive: "In queste pagine, io ho voluto raccontarvi del mio lento ed angoscioso viaggio esistenziale dalla bugia, dalla dittatura, dall’odio, dalla violenza e dalla morte, alla civiltà della verità e della libertà, dell’amore della pace e della vita. Sono giunto alla ferma convinzione che, oggi più che mai, la difesa del valore della santità della vita umana converge con la difesa del diritto di Israele di esistere".
Sia Hirsi Ali che Allam avvertono sui pericoli che non sono visti facilmente da chi è estraneo al mondo islamico, perché le complessità di questo mondo non saranno districate da gite a magnifici alberghi a Marrakesh o a ben guidate visite alle piramidi, e ancora meno da intuizioni, proiezione dei propri valori su altri o informazioni frammentarie. C'è, di quando in quando, uno sguardo penetrante capace di rivelazioni simili, come il potente "Osama" cinematografico circa l'inimmaginabile asprezza della vita delle donne durante il dominio talebano dell'Afghanistan, o il recente documentario di un’ora della CNN sul Pakistan quale centrale del terrore islamista globale. Non voglio in alcun modo descrivere lo stato delle cose come una lotta tra Islam e il resto del mondo.
Lontani da ciò, piuttosto, è contro quelli che condividono la visione di un Islam che, per ordine divino, vive in permanente conflitto col resto del mondo – approfittando di alcune situazioni politiche, che si tratti di Israele o del Kashmir, per convincere un mondo spesso credulone che il conflitto è qualche cosa di molto più concreto e, perciò, meno cosmico. E’ indiscutibile che esistono conflitti politici che necessitano di urgenti soluzioni. Ma scegliere di credere che è probabile che quelle soluzioni soddisfino le richieste dell’Islam integralista - o che addirittura tolgano il vento dalle sue vele - è tutt'altra questione. Qualche volta, la cosa più difficile da vedere per noi è quella che sta proprio davanti alle nostre facce.
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