Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
I nuovi terroristi un articolo di Guido Olimpio sulla cellula qaedista in Italia
Testata: Corriere della Sera Data: 23 luglio 2007 Pagina: 6 Autore: Guido Olimpio Titolo: «Computer e video, la giornata dell'imam in guerra»
Dal CORRIERE della SERA del 23 luglio 2007:
MILANO — È una Second Life del terrorismo. Una trincea virtuale protetta da parole chiave e codici criptati. È qui che studiano i soldati della Jihad. Restano chiusi in questo avamposto per mesi, armati di computer e collegamenti veloci. Poi, quando si sentono pronti, abbandonano la realtà telematica e vanno per davvero in battaglia usando quello che hanno imparato. Mostapha El Korchi, l'ispiratore della cellula di Ponte Felcino, è il protagonista del neo-terrorismo. Un figlio scelto e determinato di un nuovo tipo di lotta, dettato dal massimo ideologo dell'euro-jhadismo, Abu Musab Al Suri. Alla base c'è il concetto del «sistema, senza organizzazione» (in arabo Nizam, la tanzim). Una teoria elaborata e messa ovviamente su Internet con un manuale di 1.600 pagine. Il testo prescrive un terrorismo diffuso, senza gerarchie, dove le volontà di una leadership ideologica (lontana) sono disseminate non con ordini diretti ma attraverso «una rete di messaggi, annunci tv e proclami online». È preferibile che non esistano dei capi, suggerisce Al Suri, perché nel caso vengano catturati possono compromettere l'intera cellula. Il percorso quotidiano di Korchi è permeato di questa filosofia. La sua giornata si chiude quasi sempre con lunghe sedute al computer, con un'instancabile ricerca di documenti: ventimila in una sola settimana. Un lavoraccio, ma mirato. Il 6 febbraio visita un sito gestito dal Global Islamic Media Front (Gimf). È una «società» che rilancia i messaggi qaedisti ed è probabilmente basata in Germania. L'hanno creata per informare anche gli aspiranti mujaheddin europei: infatti i comunicati (e i videogiornali) sono diffusi in inglese e tedesco. Chi non ha contatti operativi con la casa madre qaedista può ottenere qui gli ultimi aggiornamenti sugli obiettivi. Il riferimento a un Paese può equivalere ad un'autorizzazione di attacco. Gli esperti hanno calcolato che degli oltre 30 Stati indicati nel corso degli anni da Osama nei suoi messaggi un buon numero è stato colpito. Le rivendicazioni Korchi segue le notizie. Quando sente di attentati in Algeria si collega a un sito (16 febbraio) per leggere le rivendicazioni. Per i militanti in Europa la causa dei terroristi algerini va sostenuta (con l'invio di uomini e fondi) e copiata. Quelli di Algeri usano le foto satellitari di Google Earth per preparare gli attacchi e lui, invece, con una certa dose di ingenuità, pensa di impiegarle per preparare un viaggio verso l'Iraq. Lo stesso discorso vale per le istruzioni militari: dalle sostanze tossiche alle bombe. Korchi si collega ai siti che mostrano i video con gli agguati alle forze Usa in Iraq. Lui li studia, li fa vedere a complici e ai bambini, consapevole che alla fine qualcuno si farà convincere a diventare uno «shahid», il martire. La comparsa di minori è in sintonia con la propaganda islamista. Una sera parlano di «un piccolo imam», un bimbo somalo. Ebbene i talebani hanno mostrato immagini di adolescenti che partecipano all'esecuzione di presunte spie o impegnati in una cerimonia di giuramento per diventare kamikaze.
Questa è la fase dell'indottrinamento, del caricamento a molla. Negli anni '90 i primi nuclei integralisti dovevano accontentarsi di videocassette sfocate, girate in Algeria e Cecenia. Scene truci, prive però della sofisticazione raggiunta in Iraq. Ora l'istruttore Korchi ha a sua disposizione il meglio della produzione qaedista, grazie al lavoro dei marchi «As Sahab» e «Al Furqan». Clip dove immancabilmente gli americani saltano per aria. Dall'osservazione dei filmati, i terroristi imparano a distinguere i vari mezzi, misurano i tempi tra l'attivazione di un ordigno e l'esplosione, spiano le tattiche diversive adottate dalle forze nemiche. È la teoria animata. Un training con simulazione in studio simile a quello dei soldati che vogliono uccidere. È un passo obbligato, prima di mettere in pratica gli insegnamenti. L'estremista (20 giugno) si sofferma a lungo su una «pagina » dove viene spiegato come preparare sostanze velenose. È evidente che Korchi non sfoglia a caso l'enciclopedia del terrore, ma cerca i capitoli giusti. Le sostanze chimiche che gli hanno trovato sono un indizio che intende trasformarsi da spettatore in protagonista. Fino al 2001 i militanti andavano in Afghanistan, oggi studiano all'accademia virtuale. Se si mettono a confronto i corsi nel campo afghano di Khalden e quelli «per corrispondenza » seguiti da Korchi si nota che non esiste differenza.
È evidente che la pratica è difficile. Serve tempo prima di poter essere sicuri che la ricetta fatta in casa funzioni. Il fallimento dei terroristi a Londra e Glasgow — altri esempi del fai-da-te — dice che per fortuna il passo dalla teoria alla bomba non è automatico. Altro punto debole: gli arrestati sono ossessionati dalla sicurezza, tengono lezioni sulla protezione dei computer, si procurano programmi criptati, nascondono i testi dei messaggi in un'immagine. Ma è uno scudo che non regge al lavoro degli investigatori, che sono riusciti a violare in parte il pc.
I nuovi mujaheddin sembrano adattarsi bene al sistema predicato da Al Suri. Un complice dell'imam, Mokhtar Hamdi, sostiene (20 aprile 2007) che Bin Laden «è morto». Ma questo non scoraggia i guerrieri sacri. La cellula è consapevole di doversi ispirare, per le scelte tattiche, ad altre figure. Korchi naviga su internet alla ricerca dei discorsi di Abu Al Yazdi, un terrorista che avrebbe una posizione preminente nel quadrante asiatico, e di quelli di Al Mujaher e Al Baghdadi, presunti capi di Al Qaeda in Iraq. Come evidenziano le carte dell'inchiesta, l'imam scarica i passaggi che contengono disposizioni operative. Ma anche Korchi è vittima, al pari di molti 007, di un trucco usato dai qaedisti iracheni. Pochi giorni fa si è scoperto che il presunto leader Al Baghdadi è solo un nome di comodo, una voce che impartisce ordini, e che sarebbe quella di un attore ingaggiato dal movimento. Perché anche i tagliagole hanno bisogno di testimonial, di qualcuno che spieghi quello che fanno. Come se sapessero che le autobomba da sole non bastano. Così, dall'Umbria, il neo-terrorista definisce (20 maggio, ore 20.57) Al Baghdadi «un leone della comunicazione», perché è lesto nel contestare i successi del Pentagono. Insomma, è come se Korchi fosse nello stesso momento a Bagdad, a Kabul, ad Algeri, a Tora Bora. Le sue invocazioni e l'esaltazione per ciò che vede al computer trasformano la moschea in un rifugio sotto assedio crociato. Poi l'ultimo click sul mouse del computer. La Jihad per stanotte è finita.
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