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La Repubblica Rassegna Stampa
23.07.2007 Il "punto di vista arabo" nei libri di testo israeliani: una decisione scontata ?
no, e tanto meno doverosa

Testata: La Repubblica
Data: 23 luglio 2007
Pagina: 21
Autore: Alberto Stabile
Titolo: «"Per noi la libertà, per loro la catastrofe" Israele apre agli arabi sul conflitto del ‘48»
"Che un libro di testo dia conto delle due versioni contrapposte su una vicenda che sistematicamente, in occasione d´ogni anniversario, continua a riscaldare gli animi, potrebbe sembrare un´ovvietà" scrive Alberto Stabile sulla REPUBBLICA del 23 luglio 2007 a proposito   della decisione di Yuli Tamir, ministro della Pubblica Istruzione israeliano di   autorizzare l'uso della parola araba Nakba (catastrofe) a proposito delle Guerra d'Indipendenza d'israele in un libro di testo delle elementari . "Soprattutto" prosegue Stabile "se si tiene conto che il libro in questione è destinato ad un particolare segmento della scuola, quello al servizio degli alunni arabo-israeliani, vale a dire, i figli e i nipoti di quelle famiglie palestinesi che, proprio in seguito alla Guerra del ‘48-‘49, piuttosto che affrontare un futuro da profughi, rimasero o tornarono nelle loro case e accettarono di diventare sotto un profilo giuridico cittadini israeliani. Ma, evidentemente, per il sistema scolastico israeliano questo, come anche altri aspetti della storia del conflitto, era considerato tabù. Come dissentire con il ministro Tamir, quando dice che «il libro dà agli scolari arabi un quadro equilibrato, tale da permettere loro di porre nel giusto contesto ciò che sentono dire in casa»? Eppure, a destra dello spettro politico, il deputato Zuvulum Orlev, del Partito nazionale religioso, non ha esitato ad accusare Yuli Tamir di aver adottato una «decisione antisionista, che va contro l´esistenza stessa d´Israele come stato ebraico»".
Tutto normale dunque nella decisione di Tamir. Mentre ad essere "strane" e ingiustificate sono le proteste della destra israeliana.
Davvero? Noi non intendiamo prendere posizione sulla decisione del ministro Tamir. Ci limitiamo ad osservare che essa non è affatto ovvia, né tanto meno corrisponde a una prassi comune nei paesi nei quali esiste una memoria storica divisa.
Non circolano molti libri di testo che spiegano che cosa il Risorgimento italiano, la Resistenza o la Rivoluzione francese furono per l'una o per l'altra parte. Le cose non sono certo diverse per i conflitti nazionali ancora in qualche modo vivi, per esempio quelli balcanici o quello greco-turco.
La decisione israeliana è sicuramente un'eccezione, comunque la si voglia modificare.

Vale la pena di aggiungere che nakba non è una parola neutrale: è un neologismo coniato dopo la guerra del 48 per esprimere il totale rifiuto dello Stato di Israele, dopo il fallimento di una guerra di annientamento. 
Per quanto riguarda le responsabilità israeliane nell'esodo dei palestinesi durante la guerra del 48, esse sono oggetto di dibattito sugli storici.
Insegnarle come un dato di fatto nelle scuole elementari, dove certo non si ha accesso al dibattito storiografico sull'argomento, ancora una volta, non è una decisione scontata. E tantomeno dovuta.

Ecco il testo: 
 

GERUSALEMME - Gli scolari arabi d´Israele avranno finalmente la possibilità di leggere in un libro di testo a loro destinato come i palestinesi e, in generale, i paesi arabi, percepiscono la guerra del 1948-49. Il ministro della Pubblica Istruzione, Yuli Tamir, un intellettuale di idee liberal con tanto di dottorato a Cambridge, ha autorizzato che in un libro per le elementari si legga per la prima volta quel che si può leggere in qualsiasi serio libro di storia: e cioè che, se gli israeliani chiamano il conflitto del ‘48-‘49 "la Guerra d´Indipendenza", per gli arabi, al contrario è la Nabka, che significa "guerra disastrosa e catastrofica".
Che un libro di testo dia conto delle due versioni contrapposte, su una vicenda che sistematicamente, in occasione d´ogni anniversario, continua a riscaldare gli animi, potrebbe sembrare un´ovvietà. Soprattutto se si tiene conto che il libro in questione è destinato ad un particolare segmento della scuola, quello al servizio degli alunni arabo-israeliani, vale a dire, i figli e i nipoti di quelle famiglie palestinesi che, proprio in seguito alla Guerra del ‘48-‘49, piuttosto che affrontare un futuro da profughi, rimasero o tornarono nelle loro case e accettarono di diventare sotto un profilo giuridico cittadini israeliani. Ma, evidentemente, per il sistema scolastico israeliano questo, come anche altri aspetti della storia del conflitto, era considerato tabù. Come dissentire con il ministro Tamir, quando dice che «il libro dà agli scolari arabi un quadro equilibrato, tale da permettere loro di porre nel giusto contesto ciò che sentono dire in casa»? Eppure, a destra dello spettro politico, il deputato Zuvulum Orlev, del Partito nazionale religioso, non ha esitato ad accusare Yuli Tamir di aver adottato una «decisione antisionista, che va contro l´esistenza stessa d´Israele come stato ebraico».
Già il titolo del libro, "Costruire insieme Israele", sembra rifuggire da una lettura unilaterale della storia. «Quando la guerra (del 1948-49) finì - vi si legge - gli ebrei prevalsero e Israele e i suoi vicini conclusero un armistizio. Gli arabi chiamarono quella guerra Nakba, che significa una guerra disastrosa e catastrofica. Gli ebrei la chiamarono Guerra d´Indipendenza».
La guerra, come è noto, fu accompagnata e seguita dalla fuga di circa 700 mila palestinesi, che furono costretti a cercare rifugio nei paesi vicini. Fu una partenza indotta o un esodo volontario? La propaganda israeliana ha per molti anni sostenuto che si trattò di una fuga volontaria dai pericoli della guerra. Una nuova generazione di storici israeliani ha invece chiarito che in molti casi la popolazione araba venne letteralmente espulsa dalle proprie case.
Il libro in discussione parla anche di questo aspetto della guerra del ‘48-‘49 e, secondo la radio israeliana, non nasconde che l´esodo dei palestinesi fu anche provocato dalla loro espulsione da parte dell´esercito ebraico. Nella ricostruzione adottata dal testo si dà anche conto del fatto che, dopo la costituzione dello Stato d´Israele, gran parte delle terre (e degli immobili) di proprietà araba furono confiscate dallo Stato. Alle polemiche, per la verità abbastanza etichettate, il ministro ha risposto che «scrivere una versione della storia staccata dalla realtà sarebbe stato soltanto controproducente».

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