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La Stampa Rassegna Stampa
21.07.2007 Una pagina degna del Ramallah News
è la linea del quotidiano torinese

Testata: La Stampa
Data: 21 luglio 2007
Pagina: 14
Autore: Francesca Paci
Titolo: «La Giulietta che ha tradito Sharon- Ramalla riabbraccia i suoi eroi»

Gli argomenti per un pezzo di colore ci sono tutti. Lei, Tali Fahima,ebrea  israeliana, passa dalla parte degli arabi. Quando avvenne, nel 2004, si scrisse che c'era anche una storia d'amore tra lei e Zakaria Zubeidi, il capo delle Brigate Al Aqsa, il braccio  armato di Fatah. Una storia alla Giulietta e Romeo condita però con spionaggio, tradimento e collusione con il nemico in tempo di guerra, se l'amore c'era era di sicuro sullo sfondo rispetto ai risvolti politici. Adesso Zubeidi è stato liberato insieme ai 250 palestinesi dopo l'accordo Olmert-Abu Mazen, e Tali è fuori dalla galera, pronta, come ha dichiarato, a riprendere la sua guerra contro il governo del suo paese. Una storia tutto sommato banale, in un paese, come Israele, dopo persino un deputato della Knesset può fare pubbliche affermazioni nelle quali si augura la scomparsa dello Stato ebraico, senza incorrere in nessun tipo di sanzione.  E uno come Uri Avneri, di professione giornalista e politologo, che ha collaborato per una vita con Arafat contro il proprio paese,  si gode tranquillo e beato la democrazia israeliana, tranquillo che nessuno busserà mai di notte alla sua porta. Come Tali, che sulla STAMPA di oggi, 21/07/2007 viene paragonata, appunto, a Giulietta, in un articolo che straripa di elogi nel presentarla nei toni più positivi possibili. L'articolo è pubblicato nella stessa pagina che contiene la cronaca della liberazione dei 250 palestinesi, con un titolo che forse solo il quotidiano di Fatah avrebbe stampato: " Ramallah riabbraccia i suoi eroi ". Eroi ?

Ecco l'articolo-inno di Francesca Paci:

Lui depone le armi per obbedire al suo Governo, lei non smetterà mai di combattere quello israeliano. Lui salda temporaneamente il conto con la giustizia nemica ed esce dalla lista dei supericercati, lei paga ancora per aver voltato le spalle alla società in cui è nata 30 anni fa. Lui si muove trionfante tra i vicoli del campo profughi di Jenin, lei passa la giornata al Cafè Paol di Jaffa, un piccolo locale nella zona a maggioranza araba a sud di Tel Aviv.
Il leader delle Brigate al Aqsa Zakaria Zubeidi, il braccio armato di Fatah, e l'amica Tali Fahima camminano uno accanto all'altra anche se non si vedono da maggio 2004, quando la giovane segretaria israeliana che aveva sposato la causa palestinese fu arrestata dallo Shin Bet per «aver avuto contatti con un agente straniero e aver passato informazioni con l'obiettivo di mettere in pericolo la sicurezza dello Stato». Collaborazionista in tempo di guerra: ha trascorso oltre due anni nella prigione di Neve Tirzah, uno dei quali in isolamento. Sei mesi fa è uscita sulla parola: fino a dicembre non può contattare Zubeidi né andare in Cisgiordania.
«Un secondo dopo la scadenza lo chiamo» dice Tali sfogliando un quotidiano. Indugia sulle foto di lui e sorride dietro gli occhiali neri. Indossa una camicetta azzurra e pantaloni scuri. Fuma una Parliament dietro l'altra, beve limonata. «Se il carcere mi ha cambiata? Sì, sono ingrassata».
Zakaria è cambiato sul serio. Almeno secondo il presidente Abu Mazen, che gli ha chiesto di rinunciare al lanciarazzi. Tali l'ha letto sui giornali: «Gli eroi non cambiano. Zakaria fa quel che ha provato a fare mille volte e mille volte Israele ha sabotato. Si batte per una causa giusta, vuole la pace per il suo popolo. Il mio Governo no. Non mi fido, ora gli promettono l'immunità ma tenteranno di ucciderlo ancora».
Nel 2000, quando è esplosa la seconda intifada, Tali Fahima ignorava chi fosse Zakaria Zubeidi. Votava Likud e sosteneva Sharon come la sua famiglia e gli amici di Kiryat Gat, la città d'immigrati dove è cresciuta. Poi decise di visitare Jenin, la capitale dei kamikaze: «In Israele ci fanno il lavaggio del cervello. Al di là del check point ho scoperto un'altra realtà». Non è più tornata la stessa: «Rifarei tutto quel che ho fatto. Sono viva, ho vinto io. Il carcere è servito a rafforzare il mio rapporto con Zakaria. La distanza non conta. È il mio migliore amico, insieme a mia madre che mi è sempre rimasta accanto. Tutti gli altri sono scomparsi. Lui ha messo la sua vita nelle mie mani e io la mia nelle sue».
Per più di un anno, prima dell'arresto, Tali e Zakaria si sono visti ogni fine settimana e hanno parlato del mondo. In ebraico: «Io non so l'arabo ma lui conosce la mia lingua, da ragazzo ha lavorato in Israele». La loro intimità ha alimentato chiacchiere maligne, altro che Giulietta e Romeo. Sono girate voci di un aborto in carcere. Tali alza le spalle: «Magari avessi avuto una storia d'amore con Zakaria». Non arrossisce. «Il problema non è con chi faccio sesso, ma la mia gente. All'inizio, poiché non capivano, hanno detto che ero di sinistra. Ma io ero di destra. Poi hanno spiegato che ero innamorata di Zakaria, un'altra scusa. Fino a quando?».
È forte Tali, e fragilissima. Apre il computer per mostrare la mappa di Jenin che ha tradotto ai palestinesi e le è costata la galera. Sul salvaschermo appare la foto di Zakaria: «È acuto, coraggioso, un capo. Non può far altro che battersi. Tutto dipende da Israele, anche la guerra civile tra Fatah e Hamas».
Due settimane fa, intervistato dal quotidiano Haaretz, Zubeidi le ha mandato un pensiero. «Tali è una martire - ha detto -. È stata in prigione più tempo di Mahmoud Zahar, il guru di Hamas». Lei si passa una mano sui capelli neri raccolti: «Sembra che sia diventata un simbolo, invece sono sola. Perché c'è un'unica Tali Fahima in Israele? Nessuno qui vuole davvero rompere le regole». Squilla il cellulare, è una detenuta, chiama dal carcere: «I miei amici oggi sono tutti outsider. Da principio le compagne di cella credevano fossi una spia. Poi hanno capito».
Tali cerca lavoro, lo studio legale dove era impiegata l'ha licenziata: «Sono l'amica degli arabi». Le hanno offerto di scrivere un libro, forse accetterà. Il pensiero, ossessivo, è a Jenin: «Zakaria è uguale a me, non si fida di Israele. Quando otterrà la pace si ritirerà: odia la politica, la usa perché è l'ultima chance, è un sognatore». Lei no, non le interessa fuggire: «Questo è il mio Paese, resto qui». Ufficialmente libera ma prigioniera. Come lui.

Invitiamo i nostri lettori a scriverer alla Stampa per protestare contro il titolo "Ramallah riabbraccia i suoi eroi" ed il pezzo esaltante la figura di Tali Fahima di Farncesca Paci. cliccare sulla e-mail sottostante:


lettere@lastampa.it

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