La politica estera italiana è quella di D'Alema e qualcuno se ne compiace
Testata:L'Unità - La Stampa - Avvenire Autore: Umberto De Giovanangeli - Barbara Uglietti -la redazione Titolo: «Prodi con D’Alema: parlare anche con Hamas - Hamas ha vinto al voto Un’ovvietà»
Romano Prodi sostiene la politica di D'Alema e la sua apertura ad Hamas. Umberto De Giovannangeli se ne compiace in un articolo pubblicato da L'UNITA' del 19 luglio 2007. Con molta attenzione per i consensi della Lega araba e poca per le critiche che D'Alema ha ricevuto
L'hanno ripetuto più volte, nei giorni scorsi, i protagonisti della crisi mediorientale: bisogna «approfittare» della situazione determinata in Palestina dallo "strappo" di Hamas. Il gruppo controlla da metà giugno la Striscia di Gaza, conquistata con le armi a spese del Fatah, che continua a governare in Cisgiordania. E a dispetto di ogni logica, ma in linea con le contraddizioni mediorientali, la divisione tra le "due Palestine" viene considerata un'«opportunità» dai mediatori internazionali: perché le armi tacciono, non foss'altro che per i pochi chilometri di distanza tra Gaza e Ramallah; e perché l'isolamento del gruppo Hamas, confinato nella Striscia e sotto embargo, può servire come leva per imprimere una svolta. Cosa fare con Hamas è stato dunque l'argomento-chiave di una serie di incontri avuti ieri a Roma dall'ex premier britannico Tony Blair, proprio alla vigilia del suo debutto ufficiale, oggi a Libona, come inviato del Quartetto per il Medio Oriente. Cosa fare con Hamas, e come, perché il movimento, considerato un gruppo terrorista da Usa e Ue, è, sì, "blindato" nella Striscia, ma insieme a un milione e mezzo di persone, che per prime pagano il prezzo dell'embargo e che continuano, nonostante qualche calo nei consensi, a sostenere il movimento fondamentalista. Non bastasse, il gruppo islamico, pur assediato dal nuovo "fronte" tra il presidente palestinese Abu Mazen e il premier israeliano Ehud Olmert, rischia di guadagnare altro terreno per la debolezza interna del primo, che ha dovuto subire la sconfitta di Gaza, e quella del secondo, che potrebbe essere costretto alle dimissioni dopo la pubblicazione, attesa per agosto-settembre, del rapporto finale della Commissione Winograd sulla gestione fallimentare della guerra della scorsa estate in Libano. Il primo colloquio avuto da Blair è stato con il ministro degli Esteri Massimo D'Alema, che martedì, scatenando forti polemiche in Italia tra maggioranza e opposizione, ha sostenuto la necessità di aprire al dialogo con Hamas, «movimento popolare eletto democraticamente» dalla popolazione palestinese (nel gennaio 2006). «Difficile che si possa pensare di creare uno Stato palestinese senza porsi il problema di quale rapporto avere con il partito che ha vinto le elezioni in Palestina», ha ribadito ieri D'Alema. «Trovo che le polemiche siano largamente infondate. Non ho detto nulla di particolare né nulla di diverso da quello che dice la grande maggioranza dei Governi europei». «Noi sosteniamo Abu Mazen - ha aggiunto - perché in questo momento rappresenta la speranza di una leadership palestinese moderata, ma è evidente che in prospettiva il problema di una riconciliazione nazionale palestinese si pone». Sull'argomento è intervenuto anche il premier Romano Prodi. Prima di incontrare in serata Blair, ha detto che nella costruzione del processo di pace in Medio Oriente «bisogna agire su tutte le parti in causa» e quindi anche su Hamas. Prodi si è anche espresso in merito alla Conferenza di pace internazionale sul Medio Oriente proposta dagli Stati Uniti per l'autunno. «Ogni tentativo può essere utile - ha detto - quindi evidentemente la appoggiamo, anche se ancora non ne vediamo i confini precisi e le dinamiche che poi dovrà avere».
L'autodifesa di D'Alema è al centro di questo trafiletto della STAMPA, che le critiche al ministro degli Esteri e le prese di distanza le ignorta totalmente
«Hamas rappresenta tanta parte del popolo palestinese» e questa «non è una idea personale ma di tutti i governi dell’Europa meridionale che hanno firmato un documento comune». Il giorno dopo le polemiche di Gianfranco Fini, definite «completamente immotivate», il ministro degli Esteri Massimo D’Alema (nella foto) conferma le sue parole sulla situazione della striscia di Gaza.
Barbara Uglietti su AVVENIRE sostiene la necessità di trattare con Hamas per motivi "umanitari". Dimenticando che il gruppo terroristico non è certo interessato al benessere della popolazione, ma alla jihad contro Israele:
L'hanno ripetuto più volte, nei giorni scorsi, i protagonisti della crisi mediorientale: bisogna «approfittare» della situazione determinata in Palestina dallo "strappo" di Hamas. Il gruppo controlla da metà giugno la Striscia di Gaza, conquistata con le armi a spese del Fatah, che continua a governare in Cisgiordania. E a dispetto di ogni logica, ma in linea con le contraddizioni mediorientali, la divisione tra le "due Palestine" viene considerata un'«opportunità» dai mediatori internazionali: perché le armi tacciono, non foss'altro che per i pochi chilometri di distanza tra Gaza e Ramallah; e perché l'isolamento del gruppo Hamas, confinato nella Striscia e sotto embargo, può servire come leva per imprimere una svolta. Cosa fare con Hamas è stato dunque l'argomento-chiave di una serie di incontri avuti ieri a Roma dall'ex premier britannico Tony Blair, proprio alla vigilia del suo debutto ufficiale, oggi a Libona, come inviato del Quartetto per il Medio Oriente. Cosa fare con Hamas, e come, perché il movimento, considerato un gruppo terrorista da Usa e Ue, è, sì, "blindato" nella Striscia, ma insieme a un milione e mezzo di persone, che per prime pagano il prezzo dell'embargo e che continuano, nonostante qualche calo nei consensi, a sostenere il movimento fondamentalista. Non bastasse, il gruppo islamico, pur assediato dal nuovo "fronte" tra il presidente palestinese Abu Mazen e il premier israeliano Ehud Olmert, rischia di guadagnare altro terreno per la debolezza interna del primo, che ha dovuto subire la sconfitta di Gaza, e quella del secondo, che potrebbe essere costretto alle dimissioni dopo la pubblicazione, attesa per agosto-settembre, del rapporto finale della Commissione Winograd sulla gestione fallimentare della guerra della scorsa estate in Libano. Il primo colloquio avuto da Blair è stato con il ministro degli Esteri Massimo D'Alema, che martedì, scatenando forti polemiche in Italia tra maggioranza e opposizione, ha sostenuto la necessità di aprire al dialogo con Hamas, «movimento popolare eletto democraticamente» dalla popolazione palestinese (nel gennaio 2006). «Difficile che si possa pensare di creare uno Stato palestinese senza porsi il problema di quale rapporto avere con il partito che ha vinto le elezioni in Palestina», ha ribadito ieri D'Alema. «Trovo che le polemiche siano largamente infondate. Non ho detto nulla di particolare né nulla di diverso da quello che dice la grande maggioranza dei Governi europei». «Noi sosteniamo Abu Mazen - ha aggiunto - perché in questo momento rappresenta la speranza di una leadership palestinese moderata, ma è evidente che in prospettiva il problema di una riconciliazione nazionale palestinese si pone». Sull'argomento è intervenuto anche il premier Romano Prodi. Prima di incontrare in serata Blair, ha detto che nella costruzione del processo di pace in Medio Oriente «bisogna agire su tutte le parti in causa» e quindi anche su Hamas. Prodi si è anche espresso in merito alla Conferenza di pace internazionale sul Medio Oriente proposta dagli Stati Uniti per l'autunno. «Ogni tentativo può essere utile - ha detto - quindi evidentemente la appoggiamo, anche se ancora non ne vediamo i confini precisi e le dinamiche che poi dovrà avere».