Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Chi è Zakaria Zubeidi un articolo di Davide Frattini permette di capirlo
Testata: Corriere della Sera Data: 17 luglio 2007 Pagina: 13 Autore: Davide Frattini Titolo: ««Depongo le armi per Abu Mazen Ma non riconosco lo Stato di Israele»»
Dal CORRIERE della SERA del 17 luglio 2007, un articolo di Davide Frattini su Zakaria Zubeidi. Dal quale risulta, tra l'altro, che il terrorista non riconosce Israele e continua a pensare che, ottenuto uno Stato palestinese in Cisgiordania e Gaza, lo si potrà utilizzare come base per attaccare Israele. Ecco il testo:
JENIN — La Smith & Wesson color argento non sta più appesa alla cintura. L'M-16 è nascosto da qualche parte. L'unico esplosivo che Zakaria Zubeidi porta ancora in giro è quello che gli si è conficcato in faccia, quando una bomba che stava costruendo è esplosa. E' allegro. Il primo giorno della nuova vita lo ha passato da studente, un esame sulla storia dei palestinesi. «Però il libro è stato censurato, la resistenza non è abbastanza glorificata ». Non ha più armi e neppure una divisa: il giubbotto militare e gli anfibi hanno lasciato il posto a una polo nera e alle scarpe da tennis. E' sempre lo sceriffo del campo rifugiati di Jenin. La sua stella sono i denti bianchissimi che si aprono in mezzo alla cipria nera, in un sorriso da clown inquietante. Lo chiamano al telefonino perché risolva una lite (una coltellata per un computer) o per trovare un posto in ospedale a una donna malata di cancro. Ha accettato di deporre il fucile mitragliatore «perché me lo ha chiesto Abu Mazen», dice. Come lui, oltre 170 miliziani delle Brigate Al Aqsa, l'organizzazione militare legata al Fatah del presidente, hanno sottoscritto il documento che garantisce l'immunità in cambio della promessa di rinunciare alla lotta armata: «Gli israeliani non mi daranno la caccia o arresteranno — recita in arabo il «patto» — e io mi impegno a rispettare le decisioni dell'Autorità palestinese e delle forze di sicurezza». Amjad Khalawi, a Betlemme, ha firmato ed è uscito da sei anni di clandestinità per andare dal parrucchiere: il primo taglio di capelli, da quando ha cominciato a schivare i missili israeliani. Le unità speciali di Tsahal hanno cercato di assassinare Zubeidi sei volte. Leader delle Brigate Al Aqsa, tra i comandanti della battaglia di Jenin, negli ultimi cinque anni è stato in cima alla lista dei ricercati. Nel 2002 ha progettato l'attacco a un seggio elettorale, durante le primarie del Likud: 6 morti. E' accusato di aver inviato attentatori suicidi. Per i 15 mila abitanti del campo rifugiati, nel nord della Cisgiordania, è un «eroe», il simbolo dei ragazzi cresciuti durante la prima intifada: a 13 anni, una pallottola gli ha spaccato il ginocchio destro, tirava pietre contro i soldati israeliani. Gli fa ancora male. Lo massaggia mentre spiega perché ha deciso di dare ascolto ad Abu Mazen. «Quello che è successo a Gaza non è normale. Hamas ci ha massacrato. Quello che sta succedendo in Iraq non è normale: sciiti e sunniti si ammazzano tra di loro. Abbiamo bisogno di un periodo di pausa, dobbiamo ripensare la nostra battaglia. Diamo una possibilità al processo di pace. I palestinesi sono stanchi, vogliono la calma». Non accetta la parola resa. «Non c'è capitolazione finché siamo qui. Anche i negoziati possono essere una forma di resistenza». Lo dice e sembra non crederci. «Se falliranno, riprenderò le armi in mano. So io dove sono». Non si fida degli israeliani. «Non mi aspetto una grazia e non rispondo ai loro ordini. Ho accettato di entrare nella lista per sostenere la nostra leadership politica. Non riconosco lo Stato d'Israele, ma a differenza di Hamas sono pronto a dialogare con il nemico. Hamas non riconosce Israele e non offre alternative. La mia tattica è diversa. L'obiettivo? In una prima fase, la nascita di due Stati. Poi vedremo... ». Accusa i fondamentalisti di aver rovinato «il raccolto dell'intifada». «Il ritiro da Gaza avrebbe dovuto essere il nostro successo. Invece quello che abbiamo ottenuto con l'intifada è la guerra civile. Gli integralisti non possono guidare i palestinesi, la loro ideologia non funziona per vincere l'occupazione». Zakaria, 31 anni, è stato uno dei bambini di Arna Mer-Khamis, l'attivista israeliana che negli anni Ottanta aveva allestito una scuola di teatro nel campo rifugiati di Jenin. La madre di Zubeidi (uccisa da un cecchino durante un'incursione israeliana) aveva messo a disposizione il tetto della casa per provare gli spettacoli. Per gli israeliani è stato anche il protagonista di una telenovela oscura, quando nel maggio del 2004 viene arrestata Tali Fahima, la segreteria che ha deciso di visitare «la capitale dei kamikaze» ed è andata a Jenin per incontrarlo. In gennaio la ragazza ha lasciato il carcere, dopo aver passato 26 mesi in cella, condannata «per aver avuto contatti con un agente straniero». «E' un simbolo della resistenza più di Mahmoud Zahar (uno dei leader oltranzisti di Hamas, ndr). Ha passato più tempo in prigione di lui — ha commentato Zubeidi al quotidiano Haaretz —. Tali ha acceso due torce: una in mio onore e un'altra per un nostro militante caduto in combattimento. Zahar ha acceso una torcia e ha bruciato tutto il popolo palestinese». Zubeidi è seduto nel salotto del suo vice, Mohammed Jabarin. Sulla parete, una gigantografia del gruppo, posa da battaglia, armi puntate. Mohammed non è nella lista, l'M-16 lo tiene sempre con sé. «Lo nascondo solo quando viene a trovarmi Zakaria. Per rispetto, resta il mio capo». Ma a differenza di Hamas sono pronto al dialogo. Loro non offrono alternative. A Gaza ci hanno massacrato. Il mio obiettivo? In una prima fase, due Stati. Poi vedremo...
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