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Il Foglio Rassegna Stampa
16.07.2007 Tramballi scrive la verità su Hamas, ma consiglia a Israele di non difendersi dal terrorismo
il suo articolo non è da lodare

Testata: Il Foglio
Data: 16 luglio 2007
Pagina: 1
Autore: Ugo Tramballi
Titolo: «Inutile aspettarsi miracoli: Hamas non cambierà mai»

Il FOGLIO del 16 luglio 2007 pubblica in prima pagina un articolo di Ugo Tramballi, uscito originariamente sul SOLE 24 ORE del 5 luglio (a questo link la critica pubblicata allora da Informazione Corretta).
Tramballi descrive bene nell'articolo l'intransigenza del progetto politico di Hamas, che rimane la distruzione di Israele, la minaccia del suo terrorismo, l'incitamento all'odio e al culto della morte che rivolge ai bambini palestinesi.
Caratteristiche queste, che accomunano Hamas ad altri gruppi palestinesi, incluse la Brigate Al Aqsa che fanno capo ad Fatah

Ma poi, trascurando tutto questo, Tramballi sostiene che Israele dovrebbe rinunciare alle misure antiterroristiche prese in Cisgiordania, e cioè a
  "posti di blocco, "omicidi mirati" , "arresti".
Una contaddizione.

Non capiamo, dunque, perché il FOGLIO abbia riservato un "posto d'onore"  nella sua edizione del lunedì (che è in sostanza una rassegna stampa della settimana ) all'articolo di Tramballi. Il cui interesse, se c'è, sta nel dimostrare come un giornalista possa arrivare a  non tener conto, nei suoi giudizi, nemmeno  delle realtà che lui stesso descrive.

Ecco l'articolo.

Se le cose non fossero quelle che sono, dopo Alan Johnston Hamas libererebbe anche Gilad Shalit; poi riconoscerebbe il diritto d’Israele a esistere, offrirebbe al più presto una trattativa di pace al nemico per chiederne con diritto il ritiro anche alla Cisgiordania; ed entrerebbe in competizione con il Governo Fatah di Abu Mazen per mostrare quale delle due Palestine è la più virtuosa per dimostrare di essere uno Stato e non un’ipotesi perenne.
Ma le cose sono quelle che sono e Hamas non cambia. E’ evidente che liberando dopo quattro mesi il giornalista della BBc, il movimento islamico voglia dimostrare di non essere solo un partito di lotta ma anche di governo. Pretendono di dirci che con loro l’ordine tornerà a Gaza e un giorno potrà essere garantito anche in Cisgiordania: i servizi segreti israeliani segnalano l’infiltrazione delle cellule islamiche anche nella Gerusalemme Est araba. Ed è probabile che Al Fatah abbia molti più mezzi e capacità di dissuasione del caotico Fatah.
Ma quale ordine è il suo ? Quello dei ragazzini messi in strada a regolare il traffico come piccoli pionieri bulgari d’un tempo; di una stampa inesistente al di fuori dei giornali e del canale televisivo di Hamas che insegna i bambini a essere dei buoni martiri; della rapida islamizzazione del sistema scolastico e delle leggi che regolano famiglia, ruolo della donna e società civile.
L’ordine di Dio che è sempre perfetto e dunque irriformabile.
I miracoli sono sempre possibili. Daqualche parte esiste una piccola speranza che l’islamismo palestinese decida di seguire quello moderato della Turchia; che il boicottaggio economico possa fare effetto per un movimento la cui agenda è millenarista. Ma Alan Johnston era nelle mani del clan dei Doghmush, una specie di piccola mafia islamica che può essere messa in riga se serve a mostrare che l’ordine regna a Gaza. Il soldato israeliano Gilad Shalit, scomparso un anno fa, invece è stato preso dalla Jihad islamica, dall’ala militare di Hamas con la connivenza di quella politica. La lotta armata per liberare la Palestina – tutta, anche quella che da 60 anni si chiama Israele – resta l’obiettivo primario, la ragion d’essere di Hamas.
E’ perché i miracoli sono difficili che Israele dovrebbe incominciare davvero ad aiutare l’altra Palestina di Abu Mazen.
Nelle sue prime tre settimane di esistenza, invece, la Cisgiordania – la Palestina possibile – continua a vivere sotto la solita occupazione: posti di blocco, "omicidi mirati" , arresti che impediscono a Fatah di provare a imporre il suo ordine. Gli aiuti internazionali promessi non serviranno mai finché la Cisgiordania continua a essere fatta di tante piccole gabbie uguali a quella più grande di Gaza; se gli imprenditori palestinesi che in Cisgiordania sono numerosi non potranno portare ciò che producono nei luoghi in cui vendono; la manodopera palestinese, gli studenti , i malati non potranno andare nei luoghi di lavoro, le scuole e gli ospedali da un villaggio a una città, senza mai sapere se potranno raggiungerlo o essere arrestati.
La storia, da queste parti, ha sempre dimostrato che i problemi non possono restare ibernati per troppo tempo. Le vicende dell’ultimo anno hanno portato a una situazione nuova, peggiore di quella precedente: una dittatura islamica a Gaza, una fragile entità in Cisgiordania, un governo debole in Israele. Quanto durerà ?

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