FAMIGLIA CRISTIANA del 15 luglio 2007 pubblica a pagina 31 un interessante articolo di Adriano Sansa, magistrato, intitolato “Terrorismo le cose da fare presto e bene”.
E’ un’analisi lucida e una presa di coscienza onesta del fenomeno del terrorismo e della necessità di combatterlo seriamente. E’ una linea di pensiero, quella del magistrato Sansa, che si avvicina alle opinioni più volte espresse dal vice direttore del Corriere della Sera, Magdi Allam.
Perché occuparsi di terrorismo internazionale, quando il nostro Paese sembra essere al massimo territorio di passaggio e di sostegno logistico di formazioni eversive destinate a operare altrove? Quanto ci impegnano questioni come la riforma della legge sull’immigrazione, l’ordinamento giudiziario, gli abusi dei servizi segreti? O quel “modesto” episodio delle minacce alla coraggiosa leader delle donne del Marocco, che ha manifestato per Hina, la vittima di un delitto fanatico, e ha rivendicato i diritti della persona e della donna?
In politica estera, siamo tuttora presenti in Afghanistan e ci adoperiamo drammaticamente per ristabilirvi un ordine civile e sociale accettabile, mentre i bombardamenti delle truppe internazionali uccidono centinaia di civili.
Sembrerebbe bastare. E invece per quegli stessi motivi si deve parlare del terrorismo. Se siamo luogo di passaggio, vuol dire che i terroristi hanno qui appoggi e solidarietà; non solo si potrebbero fermare e agire, ma mettono comunque radici e consolidano una delle più grandi minacce alle società civili.
I modi in cui avviene l’immigrazione, l’efficacia dei controlli dei clandestini e del meccanismo delle espulsioni sono essenziali per distinguere la grande massa di chi cerca lavoro e sopravvivenza dagli infiltrati delle organizzazioni criminali; ed è un brutto spettacolo il taglio ideologico che così spesso impronta il dibattito, e lo rallenta.
Sarebbe possibile, insieme, nell’interesse nazionale, dire con chiarezza che la libertà e la varietà delle culture e delle religioni non ci danno fastidio ma ci arricchiscono; che si devono garantire a tutti i diritti fondamentali e i beni indispensabili della vita, lavoro, casa, scuola, nell’osservanza però chiara e inflessibile della legge, senza confusioni, cedimenti, atteggiamenti demagogici? Ai tempi del terrorismo interno rosso e nero che ci ferì tremendamente, maturò via via la capacità di riflettere insieme.
Si individuò un “brodo di coltura” della violenza nelle zone di ambiguità, di confusione del giudizio, di indulgenza strisciante.
Oggi potrebbe formarsi un altro terreno favorevole dove non si ha la capacità o il coraggio di mettere in chiaro che la presenza e la vita in Italia, e la compartecipazione ai diritti, implicano come segno e strumento di appartenenza alla nuova comunità l’osservanza della nostra legge.
Non sono tollerabili in particolare le pratiche, di qualunque origine, violente, sopraffattrici, negatrici della dignità personale e dell’uguaglianza di tutti, senza distinzioni di sesso e religione.
Chi non ci sta, sia punito e se ne vada.
Ma perché il sistema regga e tuteli l’ordine presente e lo sviluppo futuro di una società multietnica, bisogna che la giustizia funzioni tempestivamente e abbia prestigio, invece di essere al centro di lotte partigiane e di tentativi di riduzione delle sue prerogative essenziali. Bisogna che i servizi di informazione controllino appunto le infiltrazioni pericolose ed eversive, si procurino notizie sui terroristi e non sui magistrati!
Troppi anelli deboli. Si perde tempo nonostante l’urgenza dei problemi. La stessa politica estera risente di una stantia contrapposizione tra filo e antiamericani, pro e contro Nato, come se fosse in discussione un’antica e solida alleanza di Paesi liberi, ma perciò vicendevolmente aperti alla critica; come se si potesse lasciar correre l’eccidio di civili, intollerabile per sé, che accresce odi e rancori, spinge alla disperazione e prepara così un buon terreno al fanatismo.
Gli episodi in apparenza minori, come l’intimidazione verso la vicepresidente delle donne del Marocco a Milano, compongono pur essi questa atmosfera e vanno combattuti. Anche noi siamo interessati, ma a condizione di fare in tempo cose utili.
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