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La Stampa Rassegna Stampa
12.07.2007 Ci sarà la pace in Galilea ?
l'opinione di Abraham B. Yehoshua

Testata: La Stampa
Data: 12 luglio 2007
Pagina: 1
Autore: Abraham B. Yehoshua
Titolo: «Libano-Israele, un anno dopo ancora senza pace»
L'opinione di Abraham B. Yehoshua sulla guerra "del Libano" dell'agosto 2006 e sulle prospettive di pace.
Da La STAMPA del 12 luglio 2007:



Ricordo perfettamente quando fui informato che la prima guerra del Libano stava per iniziare. Era un venerdì pomeriggio del 1982. Ero con una cinquantina di insegnanti che, come me, erano soliti tenere lezioni ai soldati quale parte del loro servizio di riservisti. Chissà perché ci avevano convocato già il primo giorno di guerra, nemmeno fossimo esperti di qualche arma segreta e indispensabile anziché possedere solo capacità oratorie. Un ufficiale appena giunto dal quartier generale dell’esercito ci mise candidamente al corrente che stavamo per sferrare un attacco militare contro il Libano e che il nome scelto per quell’offensiva era «Operazione pace in Galilea». Rimasi sbalordito. Qualche mese dopo l’allora primo ministro, Menachem Begin, e il capo dell’opposizione, Shimon Peres, il cui partito aveva votato alla Knesset a favore del conflitto, sostennero che allo scoppio della guerra non sapevano che il piano originale dell’operazione non si limitasse all’occupazione di 40 chilometri di territorio libanese per creare una fascia di sicurezza ma comprendesse la conquista di Beirut, la capitale di uno Stato arabo, cosa che Israele non aveva mai voluto fare prima di allora.

Noi però, insieme a molti altri, eravamo stati informati già quel primo giorno dell’ambizioso piano di Israele, messo poi in atto e fallito: annientare il piccolo Stato che l’Olp aveva creato nel Sud del Libano, arrivare fino a Beirut, conquistarla, stringere un patto con cristiani e drusi e creare con loro un nuovo governo che firmasse la pace con Israele.
Dopo una settimana fui rimandato a casa insieme ad altri miei colleghi. L’ufficiale nostro superiore capì che si può mandare un soldato a combattere una guerra in cui non crede, ma è assolutamente impossibile costringere qualcuno a legittimare davanti a una platea di soldati un conflitto che considera fin dal primo momento inutile, folle e crudele.
Gli anni trascorsi hanno dato ragione a chi dubitava che quella guerra fosse necessaria, opportuna e inevitabile. Migliaia di soldati sono rimasti uccisi e feriti, enormi risorse sono state impiegate, l’atmosfera di pace con l’Egitto è stata compromessa, c’è stata la tragedia di Sabra e Shatila, la ribellione degli sciiti nel Sud del Libano, la creazione di Hezbollah, ma soprattutto il ritorno dell’Olp nei territori occupati e nella Striscia di Gaza dopo la sua cacciata dal Libano e la parentesi tunisina.
Molto sangue è stato versato invano, il Libano è precipitato in un caos sempre più grande e il clima politico della regione si è inasprito. E durante tutti questi anni difficili il nome originale della prima guerra del Libano, «Operazione pace in Galilea», è stato dimenticato.
Un anno fa, il 12 luglio, un’organizzazione militare libanese denominata Hezbollah ha sferrato un attacco contro Israele. Ha ucciso otto soldati e ne ha rapiti due mentre lanciava razzi sui centri abitati israeliani del Nord. Non starò a ricordare quanto è avvenuto. Le vicende sono note. La forte reazione di Israele all’attacco fu moralmente giustificata e condivisa da gran parte degli Stati del mondo, incluse alcune nazioni arabe.
È vero, nonostante la guerra fosse giustificata, è andata avanti più del necessario rivelando molti punti deboli dell’esercito israeliano e degli apparati di difesa delle retrovie. Ma debolezze e insuccessi non denotano necessariamente colpe morali. Così come vittorie e trionfi non sono una dimostrazione di superiorità morale. Contrariamente alla sua sanguinosa sorella maggiore - la prima guerra del Libano - questo secondo conflitto è stato combattuto per ristabilire la pace in Galilea. A esso spetta il nome originale della guerra scatenata dal governo Begin-Sharon, che provocò tanta morte e distruzione.
Ma la Galilea troverà pace in futuro? Allo stato delle cose è impossibile dirlo. Se sulla scia di questa guerra, di cui ora ricorre il primo anniversario, non assisteremo solo a scambi di accuse e recriminazioni ma il governo israeliano cercherà anche di rimediare alle tante lacune venute alla luce nell’esercito e nei sistemi di difesa del Nord, se questa occasione sarà sfruttata per consolidare la presenza delle forze delle Nazioni Unite lungo i confini internazionali ma soprattutto per portare avanti una coraggiosa iniziativa di pace con la Siria, c’è la possibilità che nel Nord di Israele, una zona molto più ampia di quanto si immagini che si estende da Metula e Nahariya fino alla periferia di Tel Aviv, regni davvero la pace.

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