Leggo solo oggi, di rientro da un viaggio, il suo articolo del 7 us. Come spesso altri suoi colleghi della stessa testata, lei descrive una realtà a senso unico. Nel suo articolo non spiega perché Tsahal ha deciso di intervenire, uccidendo quelli che lei stesso descrive come miliziani (forse altra definizione sarebbe più appropriata). Non fa il minimo riferimento alle migliaia di missili che arrivano su Sderot, città israeliana a tutti gli effetti, quasi senza soluzione di continuità. E così il lettore medio, certo non necessariamente informato della realtà sul territorio, realtà che sarebbe suo dovere descrivere e ricordare ai suoi lettori, non potrà che arrabbiarsi contro i cattivi israeliani, come sempre pronti a sparare su tutti, anche sui suoi poveri colleghi cameramen (e forse è proprio questo che lei cerca di ottenere, vero?). Vede, signor Mattone, deve prendere in considerazione i rischi del mestiere, quelli corsi da coloro che, a differenza sua, vanno sul posto degli scontri, in tempo di guerra, in tutte le guerre. Solo in tal modo si può avere un'idea precisa della realtà. In guerra si muore, da una parte e dall'altra. La guerra è certo una brutta cosa, ma purtroppo esiste da quando esiste l'uomo. Bisogna tuttavia, se si vuole fare una buona informazione, avere l'onestà di spiegare bene le cose, anche se si preferisce farlo dalla propria scrivania. Non basta scrivere che il cattivo ha sparato sul buono, senza spiegare null'altro. In tal modo lei non fa informazione, ma piuttosto si rende complice di quegli uomini coi quali lo stesso presidente eletto palestinese ha dichiarato di non voler più avere a che fare. Ci sarà pure una ragione se perfino Abbas ha fatto tale dichiarazione?