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Lettera ad Alberto Mattone 11/07/2007
Leggo solo oggi, di rientro da un viaggio, il suo articolo del 7 us.
Come spesso altri suoi colleghi della stessa testata, lei descrive una
realtà a senso unico. Nel suo articolo non spiega perché Tsahal ha deciso di
intervenire, uccidendo quelli che lei stesso descrive come miliziani (forse
altra definizione sarebbe più appropriata). Non fa il minimo riferimento
alle migliaia di missili che arrivano su Sderot, città israeliana a tutti
gli effetti, quasi senza soluzione di continuità. E così il lettore medio,
certo non necessariamente informato della realtà sul territorio, realtà che
sarebbe suo dovere descrivere e ricordare ai suoi lettori, non potrà che
arrabbiarsi contro i cattivi israeliani, come sempre pronti a sparare su
tutti, anche sui suoi poveri colleghi cameramen (e forse è proprio questo
che lei cerca di ottenere, vero?).
Vede, signor Mattone, deve prendere in considerazione i rischi del mestiere,
quelli corsi da coloro che, a differenza sua, vanno sul posto degli scontri,
in tempo di guerra, in tutte le guerre. Solo in tal modo si può avere
un'idea precisa della realtà. In guerra si muore, da una parte e dall'altra.
La guerra è certo una brutta cosa, ma purtroppo esiste da quando esiste
l'uomo. Bisogna tuttavia, se si vuole fare una buona informazione, avere
l'onestà di spiegare bene le cose, anche se si preferisce farlo dalla
propria scrivania. Non basta scrivere che il cattivo ha sparato sul buono,
senza spiegare null'altro. In tal modo lei non fa informazione, ma piuttosto
si rende complice di quegli uomini coi quali lo stesso presidente eletto
palestinese ha dichiarato di non voler più avere a che fare. Ci sarà pure
una ragione se perfino Abbas ha fatto tale dichiarazione?

lettera firmata

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