Nell'ospedale che cura la "sindrome di Gerusalemme" un reportage di Francesca Paci
Testata: La Stampa Data: 11 luglio 2007 Pagina: 19 Autore: Francesca Paci Titolo: «La santa follia di Gerusalemme»
Da La STAMPA dell'11 luglio 2007:
Dietro la cancellata invalicabile due bambini giocano a inseguirsi tra i vialetti sotto lo sguardo assente di una donna con il fazzoletto in testa e una lunga tunica seduta sulla panchina tra le aiuole di gerani rosa e rossi. Passa un ragazzo a mani giunte sul petto, dondola la testa avanti e indietro. Kfar Saul non è solo uno dei migliori ospedali psichiatrici israeliani, è la struttura specializzata nella cura della «sindrome di Gerusalemme», il singolare disturbo mentale, quasi una vertigine, che coglie il visitatore della Città Santa investendolo con una tempesta di sentimenti religiosi. Ogni anno Kfar Saul offre ricovero a un centinaio di turisti che tra le stazioni della via Dolorosa, il muro del pianto, i minareti lanciati verso il cielo, perdono l'orientamento e si sentono improvvisamente personaggi biblici. Mosè, Elia, Geremia, Isaia, ma anche Erode, Gesù, Giovanni Battista, Maria Maddalena, San Pietro. I medici li classificano in due sezioni, profeti del vecchio e del nuovo testamento. «Il flusso è diminuito con il calo del turismo dopo lo scoppio della seconda Intifada nel 2000, ma ora la situazione è più tranquilla e stanno tornando» dice Gregory Katz, capo dell'unità di pronto soccorso del Kfar Saul, 46 anni di cui gli ultimi quindici trascorsi alle prese con la «sindrome di Gerusalemme», un'espressione coniata dal direttore del centro Carlos Bar-el. Tre giorni fa ha ricoverato un ragazzo tedesco convinto di essere Gesù di Nazaret: passeggiava nudo sotto le mura della cittadella di David. Sintomi e tipologie sono racchiusi nel manuale in uso alla Facoltà di Psicologia della Hebrew University. Un identikit standard, spiega il dottor Katz: «In genere donne e uomini soli, sui 35 anni, poco istruiti, molti di religione protestante. Arrivano con il mito del pellegrinaggio, la loro prima esperienza all'estero. Vedono Tiberiade, Nazaret e a Gerusalemme esplodono». Una volta su dieci basta una settimana di cure a base di calmanti per tornare più o meno alla normalità. La maggioranza invece è affetta da disturbi precedenti e parte già con l'intenzione di «rinascere» a Gerusalemme: «Dal 2004 a oggi abbiamo seguito almeno cinque scandinave che dichiaravano di essere la vergine Maria, indossavano abiti bianchi, urlavano. Erano venute apposta per cercare l'estasi mistica». Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista «Comprehensive Psychiatry» il 75% dei malati è single, il 44% viene dall'Europa e il 40% dagli Stati Uniti, il 38% è in viaggio per turismo e il 26% per motivi religiosi. L'ospedale Kfar Saul è un'isola senza tempo nella «città dove tutti ricordano di aver dimenticato qualcosa», come la definisce il poeta israeliano Yehuda Amichai. I curiosi sono tenuti alla larga e la ragione non è di sicurezza. Le case in pietra bianca sulla collina a Ovest di Gerusalemme che oggi ospitano alcune decine di malati mentali e i loro medici, affidando alla dimensione domestica la cura della psiche impossibile in corsia, sorgono sui resti del villaggio arabo di Deir Yassin distrutto insieme ai suoi abitanti da un commando dell'Irgun guidato dal futuro premier israeliano Begin il 9 aprile 1948, una settimana prima della nascita dello Stato d'Israele. Un luogo sospeso dove la memoria storica contesa ha lasciato il posto a chi combatte contro la perdita della memoria di sé. «In tutti all'inizio si manifesta uno stato confusionale, quasi un'amnesia» nota Shaul Schreiber, psichiatra dell'Hadassah Hebrew University Hospital di Gerusalemme, dove la polizia accompagna i turisti «profeti» prima del ricovero a Kfar Saul. L'abbandono dell'identità originaria come prezzo per quella nuova, divina: «Ricordo una diciannovenne di Leeds che alla vista della città vecchia si era messa ad abbaiare a quattro zampe. Le chiesi se poteva scrivere e scrisse che era "il cane di Gesù' alla ricerca del suo padrone"». Se la cavò con una dose massiccia di antipsicotici come il coetaneo giapponese che voleva camminare sulle acque del lago di Tiberiade. Ma nell'archivio del dottor Schreiber c'è anche l'ebreo australiano con una mano amputata per farne dono a Dio: «Alcuni compiono veri e propri atti di autolesionismo. Altri ci provano. All'inizio del 2002 mi capitò un avvocato cinquantenne del Nord Europa che sceso all'aeroporto di Tel Aviv si era sentito folgorato: Dio gli aveva dato appuntamento a Beer Sheva, diceva. Doveva andarci a piedi partendo da Gerusalemme e vestito di una tunica bianca. I militari lo recuperarono con l'elicottero a Hebron, nel pieno della seconda Intifada». Il neuropsichiatra Bar-el ritiene che l'improvvisa follia dipenda «dalla delusione dei turisti di fronte ai luoghi della Bibbia calati nella realtà di tutti i giorni». Una vertigine che parte da lontano, racconta l'israeliano Amos Elon nel libro «Jerusalem. City of Mirrors» (Harper Collins, 1996). Ne parlava già nel XV secolo un pellegrino domenicano, Felix Fabi, leggendo nello spaesamento del visitatore di Gerusalemme il caos della capitale delle religioni: ebrei, musulmani, cristiani, greci, siriani, armeni, nestoriani, gregoriani, turcomanni, copti... Alcuni, colpiti dalla sindrome e curati al Kfar Saul decidono poi di restare. Recuperati ma non del tutto, diventano parte integrante della città. Come il canadese vissuto qui vent'anni dichiarandosi Giovanni Battista: lo conoscevano tutti, benediceva a destra e manca, quando tornò in patria la gente se ne dispiacque perfino un po'. Adesso c'è un'italiana di Modena di mezza età sempre vestita di rosa. E' benestante e non ha bisogno di lavorare, viene a Gerusalemme di continuo, resta tre mesi, quando le scade il visto turistico torna a casa, lo rinnova e riparte incurante del conflitto permanente tra israeliani e palestinesi. Trascorre la giornata al Santo Sepolcro, segue otto messe al giorno, prega, vive praticamente nella basilica nell'imbarazzo dei frati. Sostiene di essere stata chiamata da Dio, il suo posto è qui, tra le mille anime perse a cercare la propria strada nella Città Santa.
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