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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
11.07.2007 Le nuove minacce a Salman Rushdie
un articolo di Christopher Hitchens

Testata: Corriere della Sera
Data: 11 luglio 2007
Pagina: 1
Autore: CHRISTOPHER HITCHENS
Titolo: «Gli estremisti e le (nuove) minacce a Rushdie»

Dal CORRIERE della SERA dell'11 luglio 2007:

È impossibile soddisfare Rage Boy e quelli come lui, ed è stupido cercare di farlo. Se si va sul sito http:// www.snappedshot.com/archives/ 964ProfessionalProtester Jihadi-style.html, si assiste alle scene della vita di un contestatore musulmano di professione.Negli ultimi anni ha avuto innumerevoli opportunità di dimostrare la sua fede religiosa e la sua rabbia. E ogni volta c'erano telecamere pronte a riprenderlo.
Una fatwa? Una copia del Corano buttata, si dice, nello scarico a Guantanamo? Vignette satiriche in Danimarca? Per Rage Boy — l'arrabbiato — sono tutte occasioni per farsi avanti e impressionare il resto del mondo con la sua faccia piena di forte e profonda indignazione islamista.
Qualche tempo fa c'è stata un'altra puntata di questa storia già vista, quando lo scrittore Salman Rushdie, oggetto di una fatwa per il suo libro del 1988 Versi satanici, è stato insignito del titolo di baronetto da sua maestà la regina, e il rito dell'isteria è ricominciato. E ieri la vicenda ha raggiunto il culmine con le minacce che il numero due di Al Qaeda, Ayman al Zawahiri, ha rivolto alla Gran Bretagna (e in particolare alla regina e al neo-premier Gordon Brown) proprio per l'onorificenza assegnata a Rushdie il 16 giugno scorso.
Effigi e bandiere date alle fiamme (c'è qualche fabbrica a Karachi specializzata nel produrre in quantità bandiere di paesi democratici per queste occasioni?); grida di sdegno di fanatici religiosi; incitazioni all'assassinio; solenni risoluzioni approvate da istituzioni pleonastiche come il «parlamento» pachistano. Qualche mese fa era il Papa a essere minacciato, e dei cristiani a essere uccisi in Medio Oriente e nell'Asia musulmana. Sono sicuro che anche in quell'occasione
Rage Boy si era profuso in urla e proteste. Di recente ho assistito ad alcune di queste dimostrazioni nella capitale pachistana di Islamabad, e se fossi il responsabile di un telegiornale suggerirei agli addetti alle riprese di fare qualche passo indietro. Si vedrebbero in questo modo poche dozzine di uomini che gesticolano (pochissime donne, chissà perché) e che con i baffi frementi gettano liquidi infiammabili su un libro, una bandiera o un'effigie preparata in tutta fretta. Intorno a loro, un doppio cerchio di cameraman. Quando le luci vengono spente, il gruppetto si disperde. E avrete notato che la telecamera inquadra sempre da vicino le fiamme, cosa che non sarebbe facile se vi fosse una grande folla in rivolta.
Con questo non voglio dire che sentimenti di indignazione e rivalsa (oltre che di odio) non siano diffusi nel mondo musulmano.
Un ministro del governo pachistano — figlio, peraltro, del disgustoso ex dittatore Muhammad Zia-ul-Haq — sembra abbia detto che il titolo di baronetto conferito a Rushdie giustificherebbe attacchi kamikaze. Ma i nostri mass media danno regolarmente per scontato che i fanatici che bruciano i libri rappresentino la maggioranza, senza che questo assunto sia stato verificato (se lo fosse, e se risultasse vero, non dovremmo forse sentir dire un po' meno che non si deve confondere una delle più grandi religioni del mondo con la sua frangia fanatica?). L'onorificenza accordata a un noto scrittore ex musulmano, che ha scelto liberamente di abbandonare la sua fede — andando incontro già per questo a una condanna a morte per apostasia — ha seguito di poco l'abbattimento dei rimanenti minareti del tempio di Askariya a Samarra. Ricorderete che la cupola era stata distrutta da un'esplosione più di un anno fa — un'offesa che secondo uno dei principali giornali era opera di «rivoltosi sunniti», eufemismo per dire Al Qaeda.
Che cosa ha da dire Rage Boy su questa orrenda profanazione di un luogo sacro musulmano? Quali prese di posizione sono state proposte nel «parlamento » pachistano per denunciare una simile, vergognosa empietà?
Conoscete già la risposta a queste domande. La vita dei musulmani sciiti, degli ebrei, degli hindu e dei cristiani — per non parlare di atei o laici — per i militanti sunniti ha ben poco valore. Eppure accusano chi li critica di essere settari! E tanti sono così ansiosi di prevenire quest'accusa da riportare le reazioni delle folle sunnite come se fossero la vox populi, continuando a ripetere che si deve stare attenti a non offendere persone tanto sensibili.
Questa resa mentale e morale pesa anche sul modo di considerare la questione irachena. Ci viene detto continuamente che l'eliminazione del dispotismo di Saddam Hussein ha infiammato il mondo musulmano contro di noi e ha aperto l'Iraq al terrorismo, come se nell'ultimo decennio il baathismo non avesse propagato retorica jihadista (come fa ancora da Damasco, alleata di Teheran).
Ma come facciamo a sapere che cosa potrà accendere questa rabbia? Sembra che basti una caricatura pubblicata a Copenhagen. Un'affermazione impropria di Joseph Ratzinger (alla testa di una Chiesa contraria alla guerra) può avere lo stesso effetto. Una diceria proveniente da Guantanamo mette in agitazione Peshawar, la stampa musulmana afferma che sono stati gli ebrei ad abbattere il World Trade Center, l'inserimento in un elenco di onorificenze britanniche spinge la stampa di stato iraniana a ripetere che è stato il governo britannico — assieme agli israeliani, naturalmente — a pagare Salman Rushdie perché scrivesse
Versi satanici.
Come si può placare una mentalità del genere?
Forse dovremo sopportare i Rage Boys del mondo, ma non dobbiamo aiutarli nel loro lavoro e non dobbiamo darci la zappa sui piedi. Ho davanti a me
The Economist di questa settimana, in cui si legge che la condanna a morte del 1989 contro Rushdie è «una punizione per aver ritratto, nel suo libro, il profeta Maometto in maniera poco lusinghiera ». Nel romanzo non c'è una rappresentazione diretta del Profeta e il riferimento alle sue molte mogli avviene nel sogno di un pazzo.
Forse nessuno tra i collaboratori dell'Ayatollah Khomeini (che divenne il leader supremo dell'Iran dopo la deposizione dello scià) gli ha letto il libro prima che lanciasse la fatwa, a seguito della quale è diventato pericoloso possederlo. In quell'occasione, però, le librerie degli Stati Uniti hanno ritirato Versi satanici
dagli scaffali, proprio come le librerie
Borders, vergognosamente, hanno ritirato
Free Inquiry (una rivista alla quale collaboro) dopo che aveva riprodotto le vignette danesi.
Rage Boy non vede l'ora di infuriarsi, mentre noi ci preoccupiamo di possibili problemi, ci arrovelliamo sul giusto modo di comportarci e prepariamo la prossima ritirata. Se portato alla sua logica conclusione, questo vorrebbe dire essere in balia di Rage Boy. Ma io non sono disponibile.

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