L’ex capo del Sismi Nicolò Pollari ha ieri chiesto al presidente del Consiglio Romano Prodi di potersi difendere violando il segreto di Stato.precisando di essere lui “il solo portavoce” di se stesso. In questo modo ha risposto a chi gli rimproverava di avere mandato avanti il senatore Sergio De Gregorio, presidente della commissione difesa del Senato. Il quale ha gettato altra benzina sul fuoco in un’intervista al quotidiano israeliano “Maariv” che già ieri aveva pubblicato le sue precedenti dichiarazioni sui tentennamenti e gli errori che il governo italiano in carica avrebbe fatto nel teatro di guerra libanese a cavallo dell’inizio della guerra con gli hezbollah. C’è stato anche un giallo sulle date perché ieri ne era stata riportata una errata per il rapimento di Ehud Goldwasser e Eldad Regev, che non è avvenuto il 28 giugno, ma il 12 di luglio del 2006.
La confusione era avvenuta con il rapimento di Gilat Shalit a Gaza da parte di Hamas. Ma la sostanza delle dichiarazioni di De Gregorio, che presto Pollari potrebbe confermare se Prodi lo scioglierà dal segreto di stato, non cambia. Ed ecco come Maariv ricostruisce con De Gregorio tutti quegli eventi: “Il governo italiano mediò fra Israele ed Iran per ottenere la liberazione dei soldati israeliani rapiti dai miliziani libanesi Hezbollah nel luglio 2006. L'Italia poi – secondo De Gregorio - svolse un incarico nel tentativo di liberare i soldati Eldad Regev ed Ehud Goldwasser. Pollari in persona si recò a Teheran ed incontrò il presidente del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale Ali Larijani”. In seguito avrebbe intessuto contatti anche con il presidente del parlamento libanese Nabih Berri. De Gregorio aggiunge di aver lui stesso incontrato Berri a Beirut. “Tutto era pronto per la liberazione dei soldati. Fu stabilito che la ambasciata italiana a Beirut avrebbe funzionato da base per quello scambio - dice De Gregorio - e Israele ed Iran accettarono la mediazione italiana. Israele avrebbe dovuto liberare sette-nove detenuti libanesi, definiti di qualità, fra cui Samir Quntar”. Si tratta di un druso libanese membro del Fronte di liberazione palestinese condannato a quattro ergastoli per aver ucciso nel 1979 quattro israeliani in un attentato terroristico. “Da parte loro – prosegue il racconto di De Gregorio - gli Hezbollah avrebbero liberato immediatamente i due soldati”.
Secondo queste intese, in un secondo tempo, anche il soldato israeliano Ghilad Shalit sarebbe stato rilasciato da Hamas, in cambio di centinaia di detenuti palestinesi. Poi tutto andò a monte e la guerra tra Israele e Hezbollah che nel frattempo era scoppiata continuò il suo drammatico corso. Sia come sia, quando a marzo del 2007 la moglie di Ehud Goldwasser, Karnit, venne a Roma per incontrare il Papa, ebbe anche un colloquio con D’Alema. Il quale, se sono vere le informazioni che De Gregorio attribuisce a Pollari, ben sapeva della trattativa abortita all’ultimo momento a cavallo dell’inizio della guerra nel luglio precedente e ciò nonostante rassicurò la signora Goldwasser che l’Italia stava facendo tutto il possibile per la liberazione dei due ostaggi. Mentre invece la trattativa era subito abortita per ragioni non chiare ma che De Gregorio fa risalire a precise volontà politiche all’interno dell’attuale maggioranza.
Una dimostrazione di cinismo allo stato puro da parte di D’Alema, qualora la circostanza venisse confermata. Tutto il contrario dell’atteggiamento avuto ieri da Sarkozy nell’incontrare gli stessi familiari dei soldati israeliani rapiti ai confini con il Libano in territorio dello stato ebraico. Sarkozy, infatti, oltre a testimoniare la solidarietà della Francia, ha parlato senza mezzi termini degli hezbollah come di “una formazione terroristica che noi non riconosciamo”. Anche se poi nel linguaggio della diplomazia questa dichiarazione va intesa come riferita all’ala militare di detto movimento, visto che quella politica, che conta alcuni ministri nel governo di Beirut, proprio la Francia la ha invitata a fine luglio a partecipare alla conferenza di pace per il Libano che si terrà a Parigi.
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