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Il Foglio Rassegna Stampa
07.07.2007 Occupazione e colonizzazione nel linguaggio di Massimo D'Alema
Il passato sovietico che non passa

Testata: Il Foglio
Data: 07 luglio 2007
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «La morsa di D'Alema»

Un editoriale molto duro su D'Alema quello del FOGLIO di oggi, 07/07/2007, a pag.3. Ogni commento è superfluo, tanto il pezzo è essenziale.

La morsa dell’occupazione e della colonizzazione” è frase tipica della più agguerrita propaganda antisraeliana. Esprime uno spregio nei confronti di Israele tipico della sinistra estrema, dei centri sociali, di José Saramago. Abu Mazen e il premier palestinese Fayyad non la userebbero. Invece Massimo D’Alema così si esprime in un’intervista al Corriere della Sera, con questo schema ragiona e trascina il nostro paese in una collocazione indegna, ben oltre “l’equivicinanza” (a meno che non s’intenda quella tra al Fatah e Hamas). Va perfino oltre l’abituale omaggio all’estrema sinistra di un ministro degli Esteri che isola l’Italia dalla platea internazionale (nullo è stato il suo peso nella recente trattativa sull’Unione europea) perché posiziona l’Italia guardando a Diliberto, Giordano e Pecoraro Scanio, invece che a Merkel, Sarkozy e Bush. D’Alema rivendica ormai il ruolo di un franco “antipatizzante” di Israele rivela di non avere compreso il quadro mediorientale. Sulla Siria, per esempio: esorta a non adottare politiche di isolamento, auspica una prospettiva che serva da incentivo, manda Diliberto e Dini a Damasco a offrire di tutto, anche parole dure contro Gerusalemme, intimidazioni perché lasci il Golan.Fa finta di non accorgersi – forse non si accorge davvero – che la Siria non è affatto “isolata”, che è saldamente collocata in una sua prospettiva jihadista. Assieme a Prodi, che sta peraltro per giungere in Israele e nei Territori palestinesi, si muove opportunisticamente tra Teheran e Damasco. I due offrono sponde, esprimono dissociazioni ipocrite – a mezza voce – persino dall’Onu, come se non si stesse affermando un lucido disegno egemonico della Siria e soprattutto dell’Iran sul medio oriente. D’Alema finge di non aver sentito la denuncia di Mubarak che, dopo la vittoria di Hamas a Gaza (da cui Israele si è volontariamente ritirato, altroché “morsa dell’occupazione”), allerta l’Europa sul pericolo di un avamposto siro-iraniano sul Mediterraneo. Di nuovo, una miope, piccola, posizione che guarda alle beghe interne – gli interessi di interscambio del “partito Iri” che sta a cuore Prodi – e che non sente neanche lo stimolo per aggiornare analisi e strategie. Il tutto accompagnato da un tratto biografico: D’Alema appare prigioniero di uno schema di pensiero di marca postsoviettista e quelle parole, “morsa dell’occupazione”, rivelano l’imprinting della lettura della Pravda dei begli anni in cui era giovane pioniere.

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