Da L'OPINIONE del 6 luglio 2007 un articolo di Gualtiero Vecellio:E’ stato Thomas Friedman ad osservare che i terroristi, dalle stragi delle Twin Towers in poi, non lasciano messaggi, perché il “messaggio” è racchiuso nelle loro azioni: vogliono distruggere gli Stati Uniti e quello che gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali rappresentano, a partire dai centri finanziari e militari. Non c’è nulla da interpretare, insomma; semmai occorre prenderne atto. Questi terroristi, per usare ancora le parole di Friedman, “non vogliono un nuovo tipo di coesistenza con noi. Vogliono semplicemente e puramente la nostra inesistenza”. E si capisce: al di là di Bush e di quello che si pensa su di lui e il suo operato, la visione del mondo che anima gli Stati Uniti e la maggioranza della sua popolazione è quella di un paese che promuove e protegge la libertà: di espressione, di culto, di commercio e politica. E’ questo che si celebra il 4 luglio. E’ questo che celebriamo idealmente con loro. E’ questo che i terroristi vogliono distruggere e annichilire. Veniamo agli attentati: prima quelli falliti per un soffio di Londra e Glasgow; poi quello in Yemen.
Ci ricordano che i conti con il terrorismo islamico sono tutt’altro che fatti. Poco importa che non ci sia più una Spectre che pianifica e centellina attentati e stragi in omaggio a piani e strategie che – per quanto perverse – hanno pur sempre una logica. Ora le “cellule” si sono “polverizzate”, ognuna agisce indipendentemente dall’altra; sono bombe ad orologeria che autonomamente si “svegliano” e mettono in essere i loro piani criminosi. D’altra parte è l’ennesima conferma che è illusorio credere e pensare che i terroristi si siano “dimenticati” di noi; è piuttosto vero il contrario: molti di noi vorrebbero rimuoverli, cancellarli, dimenticarli semplicemente negandoli: come se questo fosse il rimedio per annullarne i micidiali effetti. Non solo. Occorre prendere consapevolezza del fatto che il fenomeno terroristico procede secondo meccanismi e schemi in continua evoluzione; e tuttavia la “trama” di questo percorso è facilmente “leggibile”. Che Al Qaeda si sia “polverizzata” e non sia più una piovra dai mille tentacoli e un’unica testa criminale pensante, è ormai un dato acquisito.
Anzi, si può perfino sospettare che Osama bin Laden e il suo braccio destro Ayman al Zawahiri ormai controllino una piccola “quota” del network terrorista; se proprio si vuol fare ricorso a una figura mitologica, si può parlare di un’Idra, con una moltitudine di teste, ognuna indipendente. La galassia terrorista, insomma, si è polverizzata, con cellule che ormai vivono e operano in piena autonomia. Non c’è più bisogno e necessità di impartire ordini, “segnali”, parole d’ordine. I “martiri” non hanno più bisogno di input. Colpiscono quando e come credono opportuno, operano per compartimenti stagni. Neutralizzare una cellula non equivale insomma a smantellare l’intera struttura: che si avvale della rete logistica e finanziaria garantita dalle moschee e dalle madrasse: luoghi privilegiati per il proselitismo. Perché, come non ci si stancherà mai di ripetere, non tutti gli islamici che frequentano la moschea sono terroristi; ma certamente tutti i terroristi frequentano o hanno frequentato una moschea.
Questa polverizzazione del fenomeno terroristico comporta problemi e vantaggi. Il problema è che ogni cellula opera il “solitudine”, e può “impazzire” quando meno lo si aspetta, imprevedibili; colpirle e neutralizzarle, o anche “solo” infiltrare, è qualcosa di estremamente difficoltoso. Sono avversari senza volto e senza storia.
Il fatto positivo è costituito dal fatto che questa nuova struttura organizzativa comporta per forza di cose una selezione meno rigida dei “militanti”; le cellule sono meno organizzate ed efficienti, e dunque meno micidiali nei loro effetti. La galassia terrorista ormai ha assunto una dimensione planetaria, attentati e stragi sconvolgono l’intera area mediorientale e tutti i paesi del Magreb: che sono tremendamente vicini a noi. Le più recenti inchieste di Milano e Napoli, rivelano, per esempio, che il nostro paese viene utilizzato come area di transito, di reclutamento e di raccolta di finanziamenti. Siamo una via di mezzo tra il “buen retiro” e la retrovia logistica di appoggio. Piaccia o no, è una realtà con cui occorre fare i conti. Di recente, il vertice di al Qaeda ha invitato Hamas ad agire di concerto. Un’offerta fortunatamente respinta, per ora. Ma non è detto che sarà sempre così. Ad ogni modo, per ora le divisioni e le rivalità ci sono, e rendono il terrorismo islamico più vulnerabile e meno efficiente. Bisognerebbe approfittarne. Perché i terroristi si possono permettere di fallire nove volte; se poi il decimo tentativo va in porto, per loro è comunque una vittoria; al contrario, chi i terroristi li combatte, può neutralizzarli nove volte, come è accaduto a Londra; ma anche se fallisce una sola volta, ecco che si viene sconfitti.
E uno di Dimitri Buffa:
Francia e Inghilterra non imparano proprio mai e anche nella lotta al terrorismo hanno la poco simpatica caratteristica di mettere il politically correct e spesso anche l’idiozia prima della sicurezza. Ieri in una sola giornata due notizie hanno confermato questo assunto: in Inghilterra la stampa ha diffuso una specie di decalogo del neo insediato premier Gordon Brown ai propri ministri in cui si vieta categoricamente di usare l’aggettivo “islamico” in abbinamento con il sostantivo “terrorismo”. Che è una forma di ipocrisia che sembra fare finta che se pure è vero che non tutti gli islamici sono terroristi è altrettanto certo che tutti i terroristi negli ultimi anni erano di fede islamica. In Francia invece la frontiera dell’imbecillità ministeriale si è spostata anche un po’ oltre, se possibile, grazie al ripescaggio di una vecchia intervista dell’attuale ministro Christine Boutin (Politiche urbane e degli alloggi) in cui si da per probabile che il vero mandante dell’11 settembre sia lo stesso presidente americano George W Bush.
Gordon Brown paradossalmente è scivolato sul politically correct anche quando ha vietato di parlare più di “war on terror”, forse per distinguersi anche lui da Bush. E però gli islamici gli hanno dimostrato così tanta gratitudine che nell’ultima settimana dal suo insediamento ha già dovuto innalzare l’allarme generale per attentati al massimo livello tre volte. Ma in tutto questo casino la sua unica preoccupazione sembra essere quella di non usare aggettivi ed espressioni che infrangano l’islamically correct. Contento lui. . . Ben peggiore, se possibile, la gaffe, chiamiamola così, della ministra Christine Boutin. Che potrebbe anche risolversi con le sue dimissioni dall’esecutivo appena formato da Sarkozy e guidato dal premier François Fillon. L’intervista incriminata andò in onda lo scorso novembre su Canal plus e all’epoca nessuno si accorse di questa dichiarazione visto che la signora era per l’appunto una sconosciuta o quasi.
Oggi però sembra incompatibile la permanenza in una compagine che si dice amica degli Stati Uniti d’America per una ministra che a suo tempo dichiarò (al giornalista di Canal Plus che la provocava, chiedendole se per lei fosse plausibile che il presidente George Bush potesse essere dietro agli attacchi terroristici alle Torri Gemelle e al Pentagono) queste testuali parole: “penso di sì, tanto più che i siti internet che parlano dei complotti dietro l'11 settembre hanno il più elevato numero di visitatori ed essendo io sono molto sensibile alla problematica della nuove tecniche dell'informazione e della comunicazione, rispondo a me stessa che una tale espressione di massa e di popolo non può essere del tutto ingiustificata”. Per la cronaca il video dell'intervista è stato rilanciato dal sito internet francese www. rue89. com. E immediatamente le dichiarazioni del ministro sono state riprese e citate da tutti i siti web che sostengono le ipotesi complottiste per spiegare gli attentati dell'11 settembre. Quando si dice gli utili idioti. . .
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