Sì al nucleare civile iraniano "rassicurando" Israele sul fatto che non si passerà mai al militare.
Sì ai rapporti con la Siria di Assad, "giacché la Siria esiste ed è importante" e "il non dialogo è pericoloso".
Nella politica mediorentale del governo italiano, delineata in un'intervista di Romano Prodi al quotidiano Maariv, concessa in previsione della visita di stato che inizierà domenica prossima, si nota, quanto meno, una certa vaghezza. Necessaria, evidentemente, a rendere plausibili posizioni che quotidianamente vengono smentite dai fatti. Com'è accaduto nel modo più clamoroso nel caso del sostegno al governo palestinese di unità nazionale.
Ecco il testo dell'intervista di Menachem Gantz a Romano Prodi , tradotto in italiano :
Dobbiamo rassicurare Israele che non ci sarà il nucleare militare iraniano. La clessidra iraniana sta scorrendo", dice il Presidente del Consiglio italiano in un'intervista esclusiva a NRG-Maariv alla vigilia della sua visita in Israele e nell'Autorità palestinese. Prodi raggiungerà Israele domenica e sarà il primo leader europeo a visitare Sderot. Egli esprime la propria delusione dei palestinesi, invita Israele a condurre un dialogo con il Presidente siriano, vuole aiutare nella liberazione dei soldati rapiti ("Ogni tanto riceviamo il messaggio che sono vivi") e promette di prorogare la presenza della forza di pace italiana nel sud del Libano.
"Siamo nel salotto di Mussolini", menziona il Presidente del Consiglio, mentre ci accomodiamo nella stanza attigua al suo ufficio, "In questa stanza lavorava quando era Ministro delle Colonie, e qui è avvenuto l'attentato contro la sua vita. Una pallottola ha penetrato la stanza da fuori". Prodi dedica un'ora e mezza a quest'intervista, la prima intervista approfondita che concede ad un organo di stampa israeliano sin dalla sua elezione circa un anno fa. Questo fatto è indicativo dell'importanza che l'Amministrazione italiana attribuisce a questa prossima visita in Israele. Lunedì incontrerà il Primo Ministro Ehud Olmert e il Ministro della Difesa Barak. Inoltre sarà accompagnato dal Ministro degli Esteri Livni in una visita a Sderot. L'indomani si recherà a Ramallah e lì terminerà la sua visita.
Lunedì sera pranzerà con il Presidente eletto Shimon Peres, al quale non dimentica di fare le congratulazioni. "Shimon Peres ha un ruolo importante non solo politico ma morale in Israele e in tutta la regione", spiega, "Con la sua esperienza può contribuire alla pace, benché io sia consapevole dei poteri limitati della sua carica".
"C'è un problema nell'atteggiamento nei confronti dell'Iran"
Signor Presidente, qual'è secondo Lei una linea rossa che va posta al progetto nucleare iraniano?
"Secondo me bisogna condurre una ferma trattativa con l'Iran e fare una distinzione tra il nucleare a scopi civili e il nucleare militare, in base alle regole internazionali riconosciute. Ci vogliono gli ispettori che seguano da vicino le azioni dell'Iran. Un controllo esteso e continuativo nei siti nucleari deve accertare che si tratta di uso a scopi civili.
C'è un problema con l'atteggiamento nei confronti dell'Iran. L'attuale strategia non ci porta da nessuna parte. L'Iran continua per la sua strada, ogni mese si aggiungono delle centrifughe, ed il tempo scorre. Sono state decise delle sanzioni, e l'Italia le sta applicando con serietà e severità malgrado noi siamo tra i primi partner commerciali dell'Iran, fin dai tempi dello Shah. Ma mi chiedo dove porti tutto ciò. Continueremo la tensione fino al suo sbocco militare?".
Secondo Lei, in Europa c'è comprensione per il fatto che dal punto di vista israeliano il nucleare iraniano potrebbe significare la distruzione di Israele?
"Proprio per questo dobbiamo rassicurare Israele che non ci sarà il nucleare militare iraniano. È ora di prendere decisioni. Devono accettare il rientro degli ispettori, che verificheranno che il nucleare iraniano servirà solo ed esclusivamente scopi civili. Quello che mi preoccupa è che da due anni stiamo conducendo un dialogo surreale. Se l'Iran non permettere controlli diffusi e analitici, avremo allora la forza morale e l'appoggio politico per prendere misure più dure. Altrimenti facciamo finta di essere rigidi da una parte, e loro, dall'altra parte, continuano a produrre centrifughe. Il non-dialogo ha un prezzo, e sarà la comunità internazionale a pagarlo".
Qual'è l'obiettivo ultimo dell'Iran? Lei sa dove si sta dirigendo?
"L'Iran vuole essere una potenza regionale. E lo è già – una potenza regionale. "Nel mio incontro con Ahmadinejad gli ho raccontato della ragazzina più bella della mia classe a scuola, che era corteggiata da tutti ma che diceva di no a tutti. Una quindicina di anni fa sono ritornato nella mia città e l'ho ritrovata triste e sola. Gli ho detto, "Stai attento, perché adesso è il momento di rientrare nel gioco internazionale. E’ giunto il momento in cui l'Iran deve decidere cosa vuole nel mondo. Dobbiamo dire all'Iran, 'Discutiamo seriamente della vostra volontà di avere il nucleare civile'. Bisogna farlo ora e con chiarezza".
Si preoccupa dei suoi soldati in Libano
Dei 15 mila soldati UNIFIL nel sud del Libano, circa 3000 sono italiani, tra cui il comandante della forza UNIFIL. Trattasi del contingente nazionale più consistente all'interno di UNIFIL. Uno degli obiettivi principali della visita di Prodi in Israele è quello di trattare la questione libanese ed il canale siriano. "I compiti delle forze UNIFIL sono ancora validi", spiega Prodi, "e pertanto intendiamo continuare ad espletarli. Questa è la cosa più naturale e semplice da fare, ma se il Segretario Generale dell'ONU riterrà che vadano inserite delle modifiche, l'Italia le prenderà certamente in considerazione".
La scorsa settimana, per la prima volta, i soldati UNIFIL sono stati bersagliati da un attentato – sei ne sono morti nell'esplosione di un'autobomba. Prodi esprime preoccupazione per l'incolumità dei suoi soldati e collega il grave incidente all'affermarsi del terrorismo mondiale.
"C'è e c'è sempre stata preoccupazione", dice. "Secondo le informazioni che abbiamo, si tratta di terrorismo esterno che non è legato al circuito palestinese-libanese. Fa parte del terrorismo mondiale. Da quanto siamo in grado di giudicare, non è interesse di Hezbollah colpire i soldati di UNIFIL".
"I rapiti – un problema umanitario"
Poco prima dell'intervista, nel piano sopra di noi, il Presidente del Consiglio ha incontrato per una colazione di lavoro Ban Ki-moon, Segretario Generale dell'ONU. Uno degli argomenti trattati durante l'incontro è stato il proseguimento del flusso di armi dalla Siria verso Hezbollah nel Libano.
"Gli ho ricordato la proposta che feci a suo tempo di posizionare alla frontiera dei sorveglianti senza armi né divisa. Quella proposta fu bocciata a causa dell'opposizione dei francesi", dice Prodi. "Secondo me sarebbe il caso di riconsiderarla, con il consenso siriano, ovviamente. La ricostruzione dell'esercito del Libano non può avvenire in un giorno. Conosciamo i problemi del Libano, ma se guardiamo indietro, si può dire che questo processo di ricostruzione ha fatto davvero grandi progressi".
Nel vostro incontro avete trattato la questione dei soldati israeliani rapiti?
"E' un argomento che sollevo in qualsiasi discussione ed incontro su questioni mediorientali. Lo tratto prima di tutto come un problema umanitario di prima importanza, ma anche come l'occasione che può creare un'atmosfera politica migliore, che permetta l'apertura di un dialogo. Non ho alcuna informazione nuova oppure informazioni che io sia in grado di controllare personalmente. Ogni tanto riceviamo il messaggio che sono vivi. Io tratto il problema come un insieme, anche in contesto palestinese, per tutto ciò che concerne la sorte di Shalit. Ritengo che la liberazione di 250 prigionieri, secondo la dichiarazione del Primo Ministro Olmert, potrebbe essere un gesto che spinga la controparte a fare un passo e un gesto simile. Siamo nella fase in cui bisogna agire e prendere iniziative".
"Attualmente non ci sono le condizioni per una forza internazionale a Gaza"
Il Suo Governo ricorda sempre che Hamas ha preso il potere in maniera democratica. La conquista violenta di Gaza da parte di Hamas ha portato ad un suo cambiamento di posizione nei confronti dell'organizzazione?
"Non prevedevamo che Hamas si impadronisse di Gaza con una tale velocità. Credevamo che un governo di unità palestinese fosse il miglior partner per un dialogo tra le parti. Le divisioni interne palestinesi hanno reso questo impossibile. Sono molto preoccupato da questa divisione, che potrebbe portare ad una situazione incontrollabile. Da parte nostra c'è delusione per il fatto che i palestinesi non abbiano trovato il modo di unirsi, che non si sia trovata la leadership capace di rappresentare come si deve il popolo palestinese. Non so dove possano condurre gli avvenimenti ora e siamo molto preoccupati per la nuova situazione".
Lei vede la possibilità di inviare una forza multinazionale, soldati UNIFIL, a Gaza?
"Non vedo che vi siano oggi le condizioni. Le forze di pace vengono inviate quando il quadro è chiaro. L'atteggiamento dell'Italia è naturalmente di aiutare le mosse dell'ONU. Non ho la certezza che una forza del genere sia in grado di evitare il peggioramento della situazione, né c'è consenso per il loro arrivo. In Libano non avrei mandato i soldati se non vi fosse stata l'accettazione di entrambe le parti".
"Bisogna costruire i rapporti con Assad"
Il Suo Ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, ha recentemente visitato Damasco incontrando Bashar Assad. Lei è soddisfatto di questa sua visita?
"La sua visita non poteva avere risultati immediati, ma giacché la Siria esiste ed è importante, credo che sia utile mantenere i contatti con essa ed un dialogo. Anche un dialogo difficile. Ho sempre avuto contatti telefonici con Assad, e per questo sono anche stato criticato, finché un giorno è andata lì Nancy Pelosi (Presidente della Camera di Rappresentanti americana – nota di MG) e tutti hanno cominciato a correre in Siria. Bisogna agire con la logica. Non sto qui a giustificare la politica della Siria, che deve finalmente fare gesti concreti, a cominciare dal Libano, ma il non-dialogo è pericoloso. Mi hanno insegnato che i gatti lasciati in un angolo sono più pericolosi e più arrabbiati".
I lunghi anni trascorsi nella politica europea hanno permesso a Romano Prodi di fare intima conoscenza anche di Assad il padre, non soltanto del figlio. "Ciascun mio incontro con Assad durava oltre due ore. Nella prima mezz'ora parlavamo solo di eventi storici e mosse dei tempi dell'Impero Roma e dell'era antica. Solo dopo arrivavamo a toccare argomenti più attuali", rammenta Prodi.
Per inciso, questo è un fatto che egli ricorda agli americani anche oggi: "Guai a chi guarda gli avvenimenti in Medio Oriente in maniera semplicistica. Forse perché noi italiani siamo mediterranei, siamo più sensibili alla necessità di conoscere bene la storia, i problemi e gli interessi dei popoli in quest'area".
A prova di ciò porta l'esempio dei contatti aperti che aveva con il leader della Libia anche quando la comunità internazionale lo rigettava. "Sono stato duramente criticato per aver fortemente sostenuto il rientro della Libia in uno spirito di cooperazione internazionale, ma ora quando vado in Libia devo fare la coda dietro agli inglesi e gli americani. Le situazioni internazionali non sono uguali (La Libia di allora e la Siria di oggi – nota di MG) ma bisogna costruire il rapporto con Assad perché assuma un ruolo positivo nello scacchiere politico".
Deluso da Berlusconi
La visita in Israele permetterà a Prodi di distaccarsi dall'intricata politica interna italiana e da un'offensiva pesante ed acerba in linguaggio spregiativo che gli viene rivolta in questi giorni dal leader dell'opposizione, Silvio Berlusconi. In un primo riferimento alle dichiarazioni di Berlusconi, Prodi dice: "Sono molto deluso. Credo che siano dichiarazioni non al livello di un Paese democratico".
Nelle elezioni del 2006, il blocco di sinistra guidato da Prodi ha ottenuto solo 24 mila voti in più rispetto al blocco di destra guidato da Berlusconi. Finora si registra molta delusione del Governo Prodi, anche tra i suoi sostenitori. Inoltre, il fatto che gode di una maggioranza di soli due voti al Senato restringe molto i margini della libertà di azione del Presidente del Consiglio italiano.
La Settimana Scorsa il Sindaco di Roma Walter Veltroni ha dichiarato di avere l'intenzione di battersi per la guida di un nuovo partito, "Il Partito Democratico", che unisce il partito di destra e quello di sinistra. Le persone che hanno ideato la mossa hanno chiarito che lo spirito politico che adottano è simile a quello del partito israeliano Kadima.
Berlusconi ha voluto sfruttare l'aggiornato spirito politico e ha dichiarato questa settimana che sta dando la caccia ad alcuni Senatori indisciplinati che realizzino la sua aspirazione – portare alla caduta del Governo e alle elezioni anticipate al più presto possibile.
Nel frattempo, Prodi e il Governo italiano di sinistra stanno dimostrando – in linea con le aspettative e le valutazioni che c'erano alla vigilia delle elezioni in Italia – che non conducono guerre politiche interne a spese di Israele solo perché il Governo precedente era identificato come il Governo europeo più amichevole nei confronti di Israele. Anzi, di fatto, la cooperazione tra i due Paesi in fatto di sicurezza e di economia non è stata affatto danneggiata in seguito al cambio di Governo, e Israele gode oggi di ascolto e rispetto presso tutti i Ministeri.
Situazione migliore che quella di Olmert
In tutti i suoi anni alla Presidenza del Consiglio, Berlusconi si è ostinato a non concedere interviste alla stampa israeliana, anche alla vigilia delle sue visite in Israele. Non si tratta di una discriminazione nei confronti dei media israeliani. Fonti prossime a Berlusconi hanno più volte confermato a Maariv che il motivo ha a che vedere con la scatenata lingua del leader dell'opposizione italiana. "Berlusconi sarebbe stato capace durante un'intervista del genere di raccontare barzellette sugli ebrei, che avrebbero poi alimentato i titoli dei giornali di tutto il mondo", hanno detto. Con Prodi, invece, non esiste un timore del genere. Egli è esattamente l'opposto: parla piano e ha una figura poco attraente dal punto di vista mediatico. Ha abilità minime in questo campo.
In vista del suo incontro con Olmert, un altro leader che non gode dell'appoggio del pubblico in questi giorni, Prodi ammette che la sua situazione è migliore di quella del suo omologo di Gerusalemme, perché – a differenza di Israele – l'Italia non è minacciata da una guerra ed il Presidente del Consiglio non è tenuto a prendere decisioni di vita o di morte per i propri cittadini.
"Ho adottato una politica che chiaramente non era popolare, ma era necessaria", confessa al termine dell'intervista. "Tra una politica di risanamento e il calo di popolarità scelgo il risanamento. Più l'economia darà segni di ripresa, più crescerà la popolarità. Se invece non ci saranno buoni risultati, vorrà dire che le scelte che ho fatto sono state sbagliate, e allora sarà giusto pagarne il prezzo. Ma sono convinto che le decisioni prese, anche se difficili, erano necessarie".
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