Com'è buona Hamas la cronaca di Alberto Mattone e l'intervista ad Alan Johnston seguono il copione della propaganda islamista
Testata: La Repubblica Data: 05 luglio 2007 Pagina: 15 Autore: Alberto Mattone Titolo: «Gaza, fine dell´incubo per Johnston - "Quattro mesi da sepolto vivo ogni notte sognavo la libertà"»
Hamas è "nella lista delle organizzazioni terroristiche di Usa e Ue", eppure si deve ad essa la liberazione di Alan Johnston. Non sarà il caso (suggerimento implicito) di rivedere il giudizio ?
Nella più benevola delle interpretazioni possibili, Alberto Mattone, che imposta così la sua cronaca pubblicata da REPUBBLICA il 7 luglio 2007, è caduto in pieno nell'inganno propagandistico del gruppo islamista. Ecco il testo:
GERUSALEMME - I rapitori erano con le spalle al muro. Da settimane, Hamas aveva fatto terra bruciata attorno all´Esercito dell´Islam, che teneva in ostaggio Alan Johnston. Martedì sera, l´ex premier dell´Anp, Ismail Haniyeh, ha schierato seimila uomini nel quartiere di Sabra, attorno al covo dove era tenuto prigioniero il reporter della Bbc, per la resa dei conti finale. Ma a Gaza, il bagno di sangue non c´è stato e, nella notte, il corrispondente britannico dalla Striscia è stato liberato. Provato e pallido, dimagrito di molti chili, Johnston ha visto per la prima volta la luce ieri all´alba, dopo 114 giorni di prigionia. Alle 3 di notte, l´Esercito dell´Islam, nome dato alla propria organizzazione dal clan dei Dughmush, una fazione palestinese vicina ad Al Qaeda, ha consegnato Johnston nelle mani dei miliziani di Hamas, che lo hanno portato nell´ufficio di Haniyeh. Il giornalista della Bbc ha fatto colazione insieme al leader del movimento islamico, davanti alle telecamere di tutto il mondo. Poi, è stato consegnato a un emissario britannico, che l´ha portato al consolato inglese di Gerusalemme. Per Hamas, nella lista delle organizzazioni terroristiche di Usa e Ue, la liberazione di Johnston è un successo politico. Puntuale, da Damasco, è arrivata la dichiarazione di Khaled Meshaal, leader in esilio del movimento: «Siamo stati in grado di chiudere questo capitolo che ha danneggiato l´immagine del nostro popolo». L´ex premier Haniyeh, vuole diventare un interlocutore credibile per la comunità internazionale: deposto dal presidente dell´Anp, Abu Mazen a giugno, adesso potrà cercare di uscire dall´isolamento in cui si è cacciato dopo la conquista di Gaza. «Mi auguro - ha detto seduto accanto al reporter appena liberato - che da oggi in poi nella Striscia vengano ripristinati l´ordine e la sicurezza». Poi, ha mandato un messaggio agli israeliani: «Se si comporteranno in maniera razionale, sarà possibile raggiungere un accordo per la liberazione del soldato Shalit». La risposta di Tel Aviv è arrivata a stretto giro. Fonti vicine al premier Olmert hanno espresso soddisfazione per il rilascio di Johnston, poi hanno avvertito: «Si sa che membri di Hamas lo detengono, e di fatto impediscono che si proceda alla liberazione di prigionieri palestinesi che era stata concordata». La trappola di Hamas contro i rapitori è scattata tre settimane fa. I Dughmush chiedevano soldi. E la liberazione di terroristi legati ad Al Qaeda, detenuti in Gran Bretagna e Giordania. Gli uomini di Haniyeh hanno iniziato ad arrestare i guerriglieri dell´Esercito dell´Islam, che ha risposto sequestrando miliziani di Hamas. La trattativa è entrata tre giorni fa nella fase finale: i Dughmush hanno capito che la morte di Johnston sarebbe stata anche la loro fine. E, per salvare almeno l´onore, hanno chiesto una fatwa che li «obbligasse» a consegnare l´ostaggio. L´accordo è arrivato l´altra notte: scambio di prigionieri e nessuna rappresaglia da parte di Hamas. Abu Mazen ha salutato con soddisfazione la liberazione di Johnston, anche se Fatah ha parlato di «un film girato con la regìa di Hamas». Ma proprio da Londra è arrivata una legittimazione politica per gli integralisti. «Siamo felici», ha detto il premier Gordon Brown. E il ministro degli Esteri, David Miliband: «La Gran Bretagna riconosce il ruolo cruciale che hanno avuto Abu Mazen e il leader di Hamas, Haniyeh».
Di seguito, l'intervistaad Alan Johnoston. Hamas "è considerata un´organizzazione terroristica: che ruolo ha avuto nella sua liberazione?". chiede Mattone. Johnston riponde a tono.
GERUSALEMME - «Sono stati i quattro mesi peggiori della mia vita. Ho vissuto come un sepolto vivo, non ho mai visto la luce, non sapevo come sarebbe finita. Sognavo di essere libero, poi mi svegliavo in quella cella». Poche ore dopo la sua liberazione, Alan Johnston arriva sul prato del consolato inglese di Gerusalemme, ed esplode l´applauso dei colleghi. Il reporter della Bbc, 45 anni compiuti proprio durante il rapimento, da tre anni corrispondente a Gaza, è accompagnato dal capo locale del network, Simon Wilson. Sorride, stringe mani, abbraccia gli amici. È provato dalla prigionia, ma racconta ai giornalisti la sua brutta avventura. Come si sente, Johnston? «É stata un´esperienza terribile, ma ora è bellissimo essere liberi. Voglio rivedere i miei cari, andare al cinema, al mare, per sentire il caldo e il sole». Cominciamo dal 12 marzo, il giorno del rapimento. «Mi hanno fermato per strada, uno era armato di pistola, un altro di mitra. Vivevo a Gaza da tre anni, ho capito subito che era un sequestro. Mi hanno messo sul sedile posteriore di un´auto, mi hanno coperto la testa e preso tutto ciò che avevo: passaporto, orologio, telefonino». L´hanno maltrattata? «Il primo giorno è arrivato un miliziano alle tre di notte, mi ha detto che non mi avrebbero ucciso né torturato, ma mi avrebbero trattato secondo le regole dell´Islam. Dopo cinque giorni mi hanno nuovamente incappucciato e portato in un altro covo». Poi, tre settimane fa Hamas ha preso il potere a Gaza. «Sì, è all´improvviso l´umore dei miei rapitori è cambiato. Sono diventati molto nervosi, hanno iniziato ad essere preoccupati e parlavano di cosa sarebbe successo se Hamas avesse attaccato. In quei giorni, hanno cominciato a inviare ultimatum dove minacciavano di sgozzarmi. Poi hanno girato il video con la cintura esplosiva, ma forse era finta». Quali erano gli obiettivi della banda? «Credo che si tratti di un piccolo gruppo legato alla Jihad, ma non mi parevano interessati al conflitto tra israeliani e palestinesi. Mi sembravano piuttosto vogliosi di infliggere una pugnalata alla Gran Bretagna. Una volta è venuto in cella il capo della banda, ho capito che era sotto pressione perché Hamas gli aveva arrestato il fratello». Hamas è considerata un´organizzazione terroristica: che ruolo ha avuto nella sua liberazione? «Sono certo che se non fosse intervenuta Hamas, adesso sarei ancora in quella cella. Hamas è molto migliore di quello che vogliono far credere, mantiene l´ordine e la legalità e Dio sa quanto a Gaza ce ne sia bisogno». Ha avuto mai paura di morire? «I miei rapitori erano pericolosi e imprevedibili. Mi hanno minacciato di morte in diversi modi, si chiedevano se dovessero uccidermi o torturarmi. Una volta mi hanno tenuto in catene per un´intera giornata. Ci sono stati momenti di sconforto, poi ascoltavo la radio e mi aiutava sentire che i miei colleghi della Bbc tenevano alta l´attenzione sulla mia storia». Ieri notte ha capito che stavano per liberarla? «Improvvisamente, mi hanno incappucciato e ammanettato. Mi hanno detto "torni nel tuo Paese", ma non gli ho creduto. A un certo punto, hanno iniziato a picchiarmi, poi mi hanno consegnato ad altri miliziani, credevo fosse finita. Invece erano gli uomini di Hamas». Tornerà a Gaza? «Sono stato tre anni nella Striscia: ho vissuto bene, lì, ho cercato di dar voce alla gente, ho tanti amici. Ma ora non sono pronto a tornare».