I terroristi hanno usato le "frontiere aperte" del sistema sanitario inglese una cellula di medici all'opera nei falliti attentati di Londra e Glasgow
Testata: Il Giornale Data: 04 luglio 2007 Pagina: 13 Autore: Gaia Cesare Titolo: «E sotto accusa finisce l'operazione "Frontiere aperte"»
Dal GIORNALE del 4 luglio 2007:
«Chi sospetterebbe di un medico? Ed è a causa di questa insospettabilità, del rispetto che qui nel Regno Unito, come altrove, si ha della nostra categoria, del nostro lavoro, che quei medici potrebbero aver agito per conto di Al Qaida. Facilità di spostamento, pochi controlli, ottima copertura ». Laurence Buckman è uno dei medici britannici che garantì i primi soccorsi ai feriti del 7 luglio del 2005, decine di persone che a Tavistock Square, di fronte agli uffici della British Medical Association, vissero il terrore di un bus saltato in aria, del quarto kamikaze entrato in azione. «Molti di loro non ce la fecero. Fu uno dei giorni peggiori della mia carriera », racconta al Giornale. Ora anche lui si trova di fronte a una pista che per gli inglesi si fa sempre più inquietante: ad agire nei recenti attacchi di Londra e Glasgow è stata una cellula di Al Qaida composta da sette membri del National Health Service, il sistema sanitario nazionale, piccoli Al Zawahiri,come il luogotenente di Bin Laden, Ayman al- Zawahiri appunto, egiziano. Uno scenario che di ora in ora - anche dopo il fermo di un medico di nazionalità indiana in Australia - si fa sempre più chiaro. Ma anche più preoccupante. Perché il flusso di medici provenienti dall’estero, molti da Paesi a maggioranza musulmana, è massiccio nel Regno Unito e si è intensificato, specie dal 2002 in poi, quando il problema della carenza di personale medico e paramedico è diventata anche per il governo di Tony Blair una priorità nel già sofferente sistema sanitario britannico. Secondo dati del 2007 forniti dal General Medical Council, i medici stranieri che lavorano oggi nel Regno Unito e che si sono specializzati in Paesi a maggioranza musulmana sono migliaia: 6.634 dal Pakistan, 2.581 dall’Egitto, 1.985 dall’Irak, 488 dall’Iran. E poi c’è la componente più massiccia, quella formata dagli indiani (27.558), al cui interno c’è una consistente minoranza musulmana. Circa il 40 per cento dei medici registrati in Inghilterra si è qualificato all’estero, inclusi oltre seimila mediorientali. I terroristi islamici potrebbero avere approfittato di questa falla del sistema, della carenza di personale, dell’opportunità di inserirsi come «insospettabili» all’interno del tessuto della società britannica. «Da quando è nato, nel 1948, il sistema sanitario nazionale recluta medici e personale ospedaliero all’estero - spiega al Giornale Sarah Boseley, responsabile delle pagine del quotidiano Guardian dedicate alla Sanità -. Ci sono stati anni, tuttavia, in cui il flusso è aumentato notevolmente a causa delle esigenze del sistema ». E forse è proprio qui che i terroristi hanno trovato uno spiraglio, un modo per entrare in azione indisturbati, in un Paese in cui le misure di sicurezza sono diventate imponenti, specie dopo gli attentati del 2005. «A causa della mancanza di personale, in passato, alcuni medici professionisti hanno potuto lavorare nel nostro Paese senza un permesso di lavoro», precisa Sian Thomas, vicedirettore dell’ufficio personale del National Health Service. «Stento ancora a credere che possano essere stati miei colleghi ad agire - aggiunge Laurence Buckman, dal suo ufficio della British Medical Association -. Eppure sembra proprio così e l’unica spiegazione che riesco a darmi è che i terroristi abbiano capito che il loro ruolo, la fiducia che le persone e le autorità ripongono in loro, poteva aiutarli a realizzare i propri piani senza subire i controlli a tappeto cui vengono sottoposti molti dei loro connazionali ». A pochi giorni dal secondo anniversario del 7 luglio, Buckman non riesce ancora a togliersi quelle immagini strazianti dagli occhi. «Io come gli altri medici intervenuti in quei giorni avevamo unsolo scopo: salvare più vite possibile ».
Per inviare una e-mail alla redazione del Giornale cliccare sul link sottostante lettori@ilgiornale.it