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Il Foglio Rassegna Stampa
03.07.2007 Illusioni occidentali e odio jihadista
il no di Ahmadinejad a Oliver Stone, le risate per i mea culpa pacifisti, la persecuzione delle donne e dei cristiani

Testata: Il Foglio
Data: 03 luglio 2007
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Il ramoscello di Oliver - Mea culpa e ghigni - Per le donne nell’Islam e i diritti dei cristiani in medio oriente»

Dal FOGLIO del 3 luglio 2007, l'editoriale a pagina 3:

Oliver Stone ha avuto una brutta sorpresa: convinto di poter ripetere con Mohammed Ahmadinejad il “colpaccio” dei film compiacenti girati con Fidel Castro e Yasser Arafat, è stato, letteralmente, mandato al diavolo: “Anche tu sei parte del Grande Satana Usa”. Nulla di strano, per i fondamentalisti il mondo si divide tra musulmani e infedeli, e l’unico infedele buono è quello morto (o convertito). Chi è imbevuto di multiculturalismo politically correct, però, non vuole comprendere che l’offensiva dell’islam fondamentalista non è una reazione alle “colpe dell’occidente”, ma il prodotto di un totalitarismo cieco e violento che urla “Marg bar America”, morte all’America, e pensa anche all’“altra America”, e si attrezza per eseguire la sentenza. Eppure non pochi commentatori continuano nell’errore e ipotizzano che le bombe di Londra e Glasgow siano state una “reazione” alla nomina a baronetto di Salman Rushdie. Teorie consolatorie, che non reggono alla prova dei fatti (attentati simili richiedono mesi di preparazione), che confondono una fatwa di un ayatollah sciita con esecutori di al Qaida sunniti, che considerano gli sciiti infedeli da uccidere, che non colgono il senso del dramma. Fondamentalisti e terroristi conducono – e lo rivendicano – una “guerra di civiltà”; si può anche decidere di non reagire, ma sarebbe bene, almeno, non comunicare ai propri potenziali assassini il senso del ridicolo di chi si sente in colpa perché lo vogliono uccidere, anche se è tanto, tanto progressista, come Oliver Stone.

Dalla prima pagina, un articolo sulle rivelatrici parole di un ex mujaeheddin:

Londra. Con un ghigno. Così Hassan Butt, ex membro del gruppo radicale al Muhajiroun (“i Migranti”), ha spiegato domenica dalle pagine dell’Observer come lui e gli altri jihadisti liquidavano le spiegazioni e i mea culpa degli analisti occidentali, che “gli attacchi terroristici sono la conseguenza della politica estera occidentale”, che sono “il frutto della guerra in Iraq e di quella in Afghanistan”, che “ce la siamo andata a cercare”. Butt – che prima di lasciare la rete estremista nel febbraio del 2006 si occupava della raccolta di fondi e del reclutamento di giovani nel Regno Unito – oggi è un pentito sotto scorta ed è già stato aggredito e accoltellato dagli estremisti che non hanno accettato la sua fuoriuscita. Spiega che il problema del terrorismo non nasce dalla politica estera britannica. E’ piuttosto una questione teologica. “Chi dava la colpa al governo Blair per le nostre azioni faceva soltanto propaganda a nostro favore, e oggi ci aiuta a tenere lontana ogni analisi critica del vero motore della nostra violenza: la teologia islamica”. “La teologia islamica formale – spiega Butt – a differenza di quella cristiana, non ammette separazione tra stato e religione. Non c’è alcun ‘date a Cesare quel che è di Cesare’, sono un corpo unico”. Il mondo intero è “Dar ul-Kufr”, terra degli infedeli. Quindi da covertire. “Quello che un tempo spingeva me, e oggi spinge tanti altri, a progettare attentati devastanti in Gran Bretagna – la nostra madrepatria – o all’estero è la volontà di combattere per la creazione di uno stato rivoluzionario che finalmente porti la giustizia islamica a trionfare sul mondo”. “A riprova delle affermazioni di Hassan Butt, c’è il videomessaggio di Mohammad Sidique Khan, uno dei kamikaze del 7 luglio”, dice al Foglio Shiv Malik, giornalista inglese, autore dei reportage più approfonditi sui terroristi che colpirono Londra nell’estate del 2005 e ora all’opera, con l’aiuto di Butt, per la pubblicazione di un libro sui giovani estremisti britannici. “C’è una parte del video del kamikaze che è la più importante, ma la meno citata. Khan se la prende con gli islamici moderati che continuano a dire ai loro fratelli di rispettare le leggi dello stato in cui vivono. E dice loro: come avremmo mai conquistato territori, in passato, se avessimo obbedito a questa regola?”

Infine, sempre dalla prima pagina, un articolo sulla manifestazione romana del 4 luglio per le donne nell’Islam e i diritti dei cristiani in Medio Oriente:

Roma. Quando la “cattiva musulmana” Hina Saleem fu sgozzata dal padre con la complicità della famiglia, fra le voci più alte si alzò quella di Lawrence John Saldanha, arcivescovo di Lahore e storico esponente di quella comunità cristiana martoriata dalla sollevazione islamista in Pakistan, la “terra dei puri”. Monsignor Saldanha stabilì il nesso fra la sorte della ragazza e quella dei cristiani sotto l’incudine della sharia. Domani a Roma si svolgerà la manifestazione per i cristiani in medio oriente (piazza santi Apostoli ore 21). Il pensiero andrà anche a Hina, la cui colpa era di lavorare in un bar dove si vendevano alcolici e di convivere con un italiano. Andrà anche a lei perché fra le vittime di questa furia anticristiana e decollante ci sono molti musulmani, mezzo milione in vent’anni di massacri e pulizie religiose. La manifestazione di Roma è infatti “per la libertà religiosa nel mondo”.
Daniela Santanchè domani sera ci sarà, insieme con Magdi Allam che questa manifestazione l’ha pensata e organizzata, dopo che giovedì era stata al fianco delle tante marocchine accorse a Brescia per il processo su Hina. C’era anche Dounia Ettaib, la vicepresidente delle donne marocchine in Italia assalita il giorno dopo a Milano: “Smettila o sarà peggio per te. Puttana”. Santanchè si è spesa perché con Hina non venisse meno anche la battaglia per i diritti delle donne musulmane in Italia. “Mi è appena stata data la felice notizia che Dounia ha ottenuto la cittadinanza. La vicenda di Hina è stata una svolta per tutti. A pochi metri dalle nostre case una giovane donna venne sgozzata perché non considerata una buona musulmana. Hina doveva diventare il simbolo dell’integrazione, era completamente integrata e come ha detto Nicholas Sarkozy, ‘la patria deve essere di chi la ama’. Abbiamo invece assistito al montare dell’indifferenza, grandi annunci e proclami ministeriali”. Santanchè chiede di raccogliere la richiesta che giunge dalla piazza di Brescia: “Non ha precedenti in Europa. Chi non mette al centro della politica la libertà delle donne musulmane, non potrà mai parlare di convivenza civile”. E’ stata attaccata sul Secolo d’Italia da alcune esponenti di An, dimesse e quietiste quanto a difesa della libertà, a loro avviso la vicenda di Hina non dovrebbe essere trasformata in una battaglia di diritto. “Le parole le lascio al Secolo d’Italia” replica Santanchè. “Non sanno quello che dicono, io rispondo con i fatti. In tre giorni abbiamo ottenuto la protezione di Dounia e le donne immigrate non si sono sentite sole. Sarò a Roma per i cristiani in medio oriente, spero che cada il muro di silenzio. E’ positivo che ci siano donne di sinistra in questa battaglia”.
Souad Sbai, presidentessa dell’Associazione delle donne marocchine in Italia, dice che “la battaglia per i cristiani in medio oriente e quella per le tante Hina non si separano, è una grande medesima battaglia per la persona umana. Il fondamentalismo che uccide e perseguita i cristiani nelle terre arabe, una volta importato in occidente, si rivolta contro i suoi figli. Dobbiamo battere questo maledetto multiculturalismo che massacra le donne. Gli estremisti hanno trovato un vuoto in occidente, hanno costruito la loro fortezza fanatica che riempiono con il multiculturalismo costruito in buona fede dagli intellettuali occidentali”.

Il ricatto ai cristiani di Gaza
Dal fronte della persecuzione cristiana in terra araba arrivano nuovi proclami di sottomissione. “I cristiani potranno vivere sicuri a Gaza solo se accetteranno la legge islamica, compreso il no agli alcolici e alle donne che vanno in giro con il capo non appropriatamente coperto” ha detto lo sceicco Abu Saqer, leader di Jihadia Salafiya, movimento di beneficenza attivo nella Striscia. I suoi uomini sono sospettati d’aver attaccato il mese scorso una scuola dell’Onu a Gaza dove ragazzi e ragazze avevano partecipato insieme alla stessa manifestazione sportiva. Nell’attacco era stata uccisa una persona.
Abu Saqer ha detto che i cristiani che a Gaza si impegneranno in “attività missionarie” “verranno trattati duramente”. “La Jihadia Salafiya e altri movimenti islamici garantiranno che scuole e istituzioni cristiane mostrino pubblicamente che cosa insegnano per essere sicuri che non facciano attività missionarie. Basta alcool per le strade. E tutte le donne, comprese le non musulmane, le cristiane, dovranno capire che in pubblico devono sempre coprirsi. Dovranno cessare anche le attività di bar, internet cafè e sale da gioco. Se andranno avanti, li attaccheremo duramente”. Islam Shahawan, portavoce dell’ala armata di Hamas, ha aggiunto che “l’era della legge islamica è arrivata”.

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