Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Yemen, colonia del terrorismo l'analisi di Guido Olimpio, dopo la strage di turisti spagnoli
Testata: Corriere della Sera Data: 03 luglio 2007 Pagina: 3 Autore: Guido Olimpio Titolo: «La rinascita dei jihadisti sotto gli occhi del potere»
Strage di turisti spagnoli in Yemen. Sette le vittime. il CORRIERE della SERA del 3 luglio 2007 pubblica un'analisi di Guido Olimpio sulla rete jihadista e qaedista nel paese mediorentale.
Ecco il testo:
WASHINGTON — Potremmo definirli dei figli d'arte del terrorismo. Dicono di agire per conto di Osama e si nascondono nell'Hadhramaut, regione d'origine della famiglia Bin Laden. La colonna yemenita di Al Qaeda è simile a quella saudita. Patisce qualche colpo, sembra svanire, poi riemerge con fendenti micidiali. Va avanti così da prima dell'11 settembre, quando inchieste internazionali — compresa una della Digos di Milano— hanno evidenziato il ruolo dello Yemen come piattaforma logistica e culla dei nuclei jihadisti. Sono partiti da Aden gli attentatori che hanno ucciso 17 marinai sulla nave americana Cole nel 2000 e i corsari-terroristi responsabili del sabotaggio di una petroliera francese. Anche dopo la cacciata dei talebani dall'Afghanistan, lo Yemen è rimasto una meta per i combattenti «sacri». Sul suo territorio si sono raggruppati militanti fuggiti da Kabul. Egiziani, sauditi, somali, algerini si sono spostati nella regione in attesa di trovare un nuovo fronte, insieme a molte reclute dalla «pelle chiara». Occidentali che hanno abbracciato l'Islam radicale e hanno trovato qui un rifugio dove studiare e conoscere i cosiddetti facilitatori, i veterani che ti aiutano a entrare nel movimento qaedista. I servizi di sicurezza occidentali hanno registrato gli strani viaggi di «studenti » dalle capitali europee verso lo Yemen. Alcuni tornavano indietro cercando a loro volta di reclutare amici, altri invece si perdevano sui sentieri della Jihad. Una conferma è venuta da alcuni arresti compiuti dalle autorità yemenite. Due australiani, un danese, alcuni tedeschi, degli inglesi e un americano sono stati bloccati. Una piccola legione straniera pronta ad essere impiegata una volta rientrata in patria. I motivi per cui lo Yemen è un Paese ad alto rischio sono diversi: 1) è un punto di passaggio per i terroristi tra Pakistan, Somalia, Arabia Saudita, Iraq; 2) gli 007 sono infiltrati da elementi salafiti, vicini al qaedismo; 3) il governo si appoggia a figure islamiche e non è deciso nella repressione; 4) il ruolo di personalità carismatiche, come sheikh Al Zindani, che oscillano tra legalità ed estremismo, diventando punto di riferimento per i radicali; 5) l'appartenenza degli islamisti a clan tribali fornisce loro uno scudo di fronte alla legge; 6) lo scontro armato tra potere centrale e ribelli sciiti, visti come una sfida al sunnismo. A peggiorare il quadro ha contribuito la crisi irachena. I volontari yemeniti sono accorsi a frotte a Bagdad arruolandosi nella resistenza. Questo ha dato la possibilità di addestrarsi e stringere rapporti con operativi capaci. E i reduci «iracheni » — affermano le autorità — sono la chiave della riorganizzazione segnalata da due episodi. Il primo è l'annuncio — via Internet — della nascita della «Qaeda dello Yemen». Il secondo è il proclama di guerra lanciato il 22 giugno da Abu Basir Al Washishi, presentatosi come il leader. I terroristi hanno rivendicato azioni suicide contro impianti petroliferi e l'uccisione di un alto dirigente dei servizi. Un episodio a lungo smentito dalle autorità ma poi ammesso tanto da mettere una taglia di 25 mila dollari su due stretti collaboratori di Abu Basir. Negli ambienti diplomatici resta la diffidenza verso le mosse del governo. Hanno destato sospetto le clamorose evasioni dalle carceri di alcuni terroristi — tra cui quella del capo di Al Qaeda — e non hanno convinto i rilasci frettolosi di altri. La polizia sarebbe dovuta stare in guardia, soprattutto dopo le minacce di Abu Basir. L'esperienza insegna che i qaedisti esagerano a volte con le sortite propagandistiche ma alla fine sono capaci di uccidere.
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