Lara Vapnyar
Ci sono ebrei nella mia casa- Traduzione di Serena Prina- Neri Pozza - Euro 14,50
Come a trattenere il filo di un discorso, a non lasciare cadere nel vano parole sparse intorno a libri letti, esce proprio in questi giorni una raccolta di racconti che segna un’altra interessante esperienza di scrittura ebraica al femminile. Qualcosa si muove, smentisce un’assenza secolare, appena interrotta da qualche sparuta voce. Dunque, oggigiorno le donne narrano, eccome.
Lara Vapnyar è vissuta in Russia fino al 1994, quando è emigrata negli Stati Uniti. Ora vive a Staten Island con marito e due figli. E scrive: sembrerà tautologico ma, a fronte di tanti scrittori che nella vita fanno questo, altro e pure qualche libro, Lara Vapnyar scrive. In sostanza, un profilo divenuto piuttosto interessante. In Italiano è già stato pubblicato il suo Memorie di una musa e ora, sempre per le edizioni Neri Pozza, esce una raccolta di racconti intitolata “Ci sono ebrei nella mia casa” (traduzione di Serena Prina, pp. 160, Euro 14,50).
Sono storie soprattutto di donne, anzi di bambine. Ma non soltanto. L’amante, ad esempio: comincia con la tragica ammissione che “il dermatologo aveva un’amante”.
Misha è un bambino, e di queste cose teoricamente non dovrebbe interessarsi. Però gli tocca a intervalli regolari portare la nonna dal fedifrago. E attraverso quel mirabile filtro per vedere la realtà che sono gli occhi del bambino, il lettore finisce per scoprire qualcosa di interessante sull’amore. Non del dermatologo, beninteso.Complici una giornata di pioggia e qualche tazza di tè.
Questa ed altre sono storie sommesse, molto si svolge o si sussurra fra le mura di casa. Nel racconto che dà il titolo alla raccolta, tutto comincia da come i commensali mangiano ciascuno la propria patata. Sono due donne e due bambine unite dalla guerra e separate da alcuni segreti. Di segreti è colmo anche il manuale per l’educazione sessuale a scuola che la povera e ignara Marija dovrebbe impartire alle sue allieve ma non sa proprio da che parte cominciare.
Lara Vapnyar cesella i suoi racconti, senza però renderli mai stucchevoli. Scrive con estro, senza improvvisare, senza pretendere di sconvolgere il suo lettore: ma lo tocca eccome. Sono sempre storie convincenti, in equilibrio fra partecipazione emotiva e un filo di salutare ironia. In questo ricorda persino il maestro del minimalismo americano, il grande Raymond Carter.
Ma certo c’è una misura “etnica” che unisce queste storie, dalle campagne russe a Brooklyn. Quella della Diaspora seguita al crollo dell’impero sovietico: quando sono in America, questi personaggi hanno un po’ tutti lo spaesamento dell’esule. Cui s’aggiunge una dose omeopatica di identità ebraica, una specie di marranesimo involontario che trascina con sé strane idee, memorie sparute. L’essere ebrei è una cosa sempre un poco misteriosa, che affascina e inquieta.
Elena Loewenthal (Tuttolibri La Stampa)