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Europa Rassegna Stampa
28.06.2007 Metà liberaldemocrazia, metà teocrazia
assurdità sull'Iran nella recensione dell'ultimo libro di Renzo Guolo

Testata: Europa
Data: 28 giugno 2007
Pagina: 3
Autore: Roberto Saliba
Titolo: «Il “presidente con l’elmetto” e una costituzione metà liberale metà illiberale»

Metà liberale e democratica, metà, illiberale e teocratica. E' la corretta descrizione della Costituzione iraniana secondo Roberto Saliba, che su EUROPA del 28 giugno 2007 recensisce i libro di Renzo Guolo "La via dell'immam".
Per "metà liberale" ?
In Iran non esistono diritti individuali,  anche perché  la Costituzione si richiama alla legge islamica, dunque il regime, e la costituzione, sono  del tutto illiberali.
Per "metà democratica" ?
Il potere religioso in Iran ha, secondo la Costituzione, diritto di veto sui nomi dei candidati alle elezioni.
Dunque il regime e la Costituzione sono  completamente teocratici.

Ecco l'articolo:

Una sorta di reductio ad unum della rivoluzione iraniana, tanto socialmente quanto politicamente complessa, ha reso a molti difficile capire appieno quanto è accaduto in Iran dopo la caduta dello scià.
Renzo Guolo, con il suo “La Via dell’Imam”( Laterza, euro 18) ci consente di cogliere la portata di questa rivoluzione, dalle origini fino ai suoi spasmi odierni.
Il libro, al contempo accurato e divulgativo, ci porta infatti a leggere il cammino odierno dell’Iran del “presidente con l’elmetto” Ahmadinejad grazie all’analisi delle varie fasi della storia della Repubblica islamica dell’Iran. Nulla ovviamente viene tolto alla centralità del vero golpe con cui i “fondamentalisti” tolsero di mezzo gli altri, cioè la cattura degli ostaggi all’ambasciata americana, né della lunghissima e atroce guerra con l’Iraq. Ma è con il racconto degli esordi della stagione rivoluzionaria che Guolo ci consente di intendere questi snodi tragici e decisivi, e quindi il presente. Il libro infatti si sofferma in modo non sfuggevole su due figure cruciali, quelle di Ali Shariati e di Jalal Al-e Ahmad, i due intellettuali che da opposte sponde, quella religiosa e quella laica, hanno saputo avviare il cammino dell’Iran verso il rovesciamento del regime dello scià. Jalal Al-e Ahmad, frutto di prima grandezza non solo a livello iraniano della cultura liberale, con la sua teorizzazione di una “intossicazione da Occidente” «sottopone a radicale critica la modernizzazione forzata imposta dallo scià, invita a non imitare l’Occidente e a tenere conto dell’eredità culturale iraniana, compresa quella religiosa, nel delineare un nuovo modello di sviluppo e istituzionale ».
Lo stesso fa dal campo religioso Ali Shariati, che conia l’immagine di uno sciismo rosso contrapposto a quello nero per plasmare un pensiero religioso che si incardini sui concetti di democrazia e servizio ai poveri, o meglio agli oppressi, ai diseredati.
«La radicale critica al clero è sintetizzata da Shariati nella sua invocazione, di origine mossadeqiana, di un islam senza chierici, portatori di una visione del mondo pietrificata, deformata, superstiziosa». Entrambi, Al-e Ahmad e Shariati, appaiono protagonisti della cultura degli anni Settanta, della sua genialità e dei suoi eccessi e quindi sembrano in grado di dirci cosa fosse il loro paese, la sua gioventù, essendo loro i veri motori che sono stati capaci di portare i giovani e i ceti medi urbani a scegliere il moto rivoluzionario.
Renzo Guolo sa, e scrive, che in quella prima metà degli anni Settanta l’ayatollah Khomeini aveva già elaborato la sua dottrina teocratica, velayat el-faqih, ma ciò nonostante respinge le richieste dei suoi che gli chiedono di dichiarare apostata dell’Islam Ali Shariati, non perché dissenta da loro, ma perché consapevole che questo danneggerebbe gravemente la sua corsa verso il potere. Solo rappresentando con onestà e chiarezza questa complessità d’origine si riesce a spiegare, come il libro di Guolo fa molto bene, la tragedia della costituzione iraniana, di una costituzione cioè per metà liberale e democratica e per l’altra metà illiberale e teocratica. Una dualità terribile e foriera degli infiniti guai nei quali i riformatori, espressione eletta del popolo in virtù della metà democratica della costituzione, si troveranno nell’impossibilità di andare al di là della metà del guado, per gli ostacoli frapposti ai loro disegni da quei guardiani della rivoluzione che possono sbarrargli il passo dai gangli illiberali e teocratici disegnati con l’altra metà della costituzione.
È questo il filo di fondo del capitolo breve, se possiamo chiamarlo così, del libro di Renzo Guolo, quello relativo all’illusione riformista dell’epoca Khatami. Preciso e dettagliato anche il racconto del progetto pragmatico, alla cinese afferma l’autore, di Rafsanjani. Che poi si dimostrerà anch’esso indigeribile per i custodi dell’ortodossia. I quali preferiranno l’abisso Ahmadinejad.
Nelle pagine dedicate all’attuale presidente iraniano, il libro di Guolo prospetta una verità piuttosto sottaciuta nel nostro paese: “il presidente con l’elmetto”, come lo definisce l’autore, oltre a un messianesimo islamico un po’ ridicolo se non fosse tragico, ha portato alla ribalta un nuovo grumo di potere, quello espresso dai Pasdaran e dalle organizzazioni che durante la guerra con l’Iraq hanno offerto carne da macello, per lo più infantile, all’ayatollah Khomeini: e oggi presentano il loro drammatico conto.
Guolo però non si congeda lasciandoci senza speranza: le figure di due grandi intellettuali iraniani dissidenti, interpreti coraggiosi del nuovo riformismo iraniano, riportano respiro nelle ultime pagine: si tratta del già apprezzato Sorush e di Kadivar, meno studiato in Italia, che rende un enorme servizio alla sua religione elaborando la teoria dell’islam intellettuale, che a differenza di quello tradizionale ritiene che i principi religiosi siano al servizio della dignità umana: gli obiettivi restano gli stessi, ma gli strumenti ai tempi di Maometto, afferma Kadivar, non potevano essere quelli odierni. Sorush e Kadivar, sono questi i due brevi ritratti conclusivi con i quali il libro di Guolo ci fa ricordare come tante pagine addietro ci avesse raccontato di un altro ex “combattente della rivoluzione”, Hashem Aghajari; pochi anni fa si era meritato frustate e condanne a morte per aver osato ricordare il sogno di Shariati nell’anniversario della sua morte: un protestantesimo islamico, a Teheran.

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