Truppe giordano-palestinesi in Cisgiordania la proposta di Benjamin Netanyahu
Testata: Il Foglio Data: 28 giugno 2007 Pagina: 3 Autore: la redazione Titolo: «Netanyahu gioca d’anticipo sulla Giordania e contro l’Iran»
Dal FOGLIO del 28 giugno 2007:
Gerusalemme. Benjamin Netanyahu gioca spesso d’anticipo. Dagli Stati Uniti, dove si trovava in viaggio, il leader della destra del Likud ha lanciato una proposta. Ha consigliato a Israele di favorire il trasferimento in Cisgiordania delle Brigate Badr, unità dell’esercito giordano formata da palestinesi. L’obiettivo è aiutare il presidente dell’Anp, Abu Mazen, a controllare la situazione e l’ordine pubblico in funzione anti Hamas. Poche ore dopo, martedì, il rais ha ufficialmente chiesto a Israele l’autorizzazione all’entrata in Cisgiordania di soldati giordano- palestinesi. Le Brigate Badr fanno parte dell’Armata per la liberazione della Palestina, braccio militare dell’Olp creato nel 1964; come altre unità palestinesi stanziate in paesi arabi è formalmente sotto il controllo dell’esercito nazionale locale. Non è la prima volta che si parla di quest’opzione. Già a novembre, mentre infuriavano a Gaza gli scontri tra Hamas e Fatah, lo stesso rais aveva chiesto a Israele l’autorizzazione per un intervento delle truppe giordano-palestinesi, un’unità che, a seconda delle fonti, conta dai mille ai 5.000 soldati. L’idea, però, aveva trovato molti contrari in Cisgiordania. Il timore è che un loro coinvolgimento possa essere un primo passo per una riannessione del territorio da parte di Amman, che controllò la zona dal 1948 alla conquista israeliana del 1967 (la Giordania rinunciò formalmente alla Cisgiordania nel 1988). Oggi, dopo la conquista armata di Gaza da parte degli islamisti di Hamas e la divisione tra la Striscia e la Cisgiordania controllata da Fatah, la proposta di Netanyahu s’inserisce in un più ampio dibattito, che rivive da settimane, sulla possibilità di una confederazione giordano-palestinese e l’annessione della Cisgiordania da parte del regno ha shemita. Per Netanyahu, Egitto e Giordania sono la chiave per indebolire Hamas. Gaza e Cisgiordania si allontanano ogni giorno di più e se Israele da una parte appoggia Abu Mazen e prende in considerazione la richiesta del trasferimento di truppe dalla Giordania, dall’altra mira a isolare e neutralizzare militarmente Hamas: ieri ha portato a termine diversi raid sulla Striscia contro obiettivi del Jihad islamico, che aveva lanciato sul Negev sei Qassam. Nell’operazione sono morte almeno dodici persone, tra cui dieci uomini armati delle diverse fazioni. Non è la prima volta che Netanyahu anticipa i dibattiti nazionali e regionali. Negli Stati Uniti il leader dell’opposizione c’è stato per riproporre la sua politica d’isolamento di Teheran. Il rilievo dato dai mass media e dalla politica israeliani alla minaccia nucleare iraniana è stato anticipato dall’ex premier che ha fatto dell’Iran atomico uno dei punti cardini della sua precoce campagna elettorale. La sua insistenza su questioni di sicurezza – in un momento in cui le minacce si sono concretizzate in razzi katiusha sul nord del paese lanciati da Hezbollah, movimento sciita libanese appoggiato da Teheran – lo hanno portato a essere il numero uno nei sondaggi. Il premier Ehud Olmert, astuto stratega politico, dato per spacciato soltanto poche settimane fa e ora saldamente al comando di una rinata coalizione, sa bene che Netanyahu è un serio rivale e per questo lo vorrebbe attirare alla sua corte. Domenica i due si sono incontrati. C’è chi dice che abbiano parlato della possibilità di un’entrata in coalizione del Likud e di Netanyahu alle Finanze. Lui nega, ma è indubbio l’interesse di Olmert nei confronti del capo del Likud, che preferisce però, senza nasconderlo, spingere il paese a elezioni anticipate, anticipando dibattiti e tempi.
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