L'odio e la violenza dei fondamentalisti islamici e il silenzio dei moderati
Testata: Il Foglio Data: 27 giugno 2007 Pagina: 2 Autore: Giulio Meotti - Irshad Manji Titolo: «Educare l’allievo saudita a odiare i cristiani maiali che adorano le tombe - Il silenzio dei moderati potrà mai sconfiggere la violenza integralista?»
Dal FOGLIO del 27 giugno 2007, un articolo di Giulio Meotti:
Roma. “La vergogna delle genti del Vangelo” e “Allontanarsi dai popoli della Geenna” sono due titoli di Ibn Taymmiyya, il padrino del fondamentalismo islamico nonché ispiratore di Abd al Wahhab, il grande dotto sunnita contemporaneo di Voltaire che ha plasmato vita e teologia nel regno saudita. Due libri usati nelle scuole del regno. Quando una settimana fa il cardinale Karl Lehmann ha detto di voler celebrare messa a Riad, sollevando il tema della reciprocità, sapeva che il ministero per gli Affari religiosi dell’Arabia Saudita aveva appena rinnovato il divieto di costruire chiese e che un’insegnante che ha speso parole positive sul Nuovo Testamento è stata condannata a 750 frustate. In Arabia Saudita non si può indossare una tunica, mostrare la croce o pregare in pubblico, “colpa” che ha portato alla decapitazione di due filippini. Alla Mecca ci sono due uscite autostradali: una per i musulmani e una per i non musulmani. Qui la commissione per la Promozione della virtù ha persino suggerito il bando della lettera “X”, troppo simile a una croce. Tra le richieste delle autorità saudite agli americani, durante la prima guerra del Golfo, vi fu quella di chiedere che i cappellani militari portassero i loro distintivi, la croce nel caso dei cristiani e le Tavole della Legge nel caso dei rabbini, cuciti all’interno delle loro giubbe. Il sistema scolastico saudita conta 25 mila scuole, cinque milioni di studenti e filiali educative in quasi tutte le capitali del mondo. Centri di ricerca come Freedom House, l’Institute for Gulf Affairs e il Memri hanno pubblicato nuovi dispacci su come vengono descritti i cristiani nei manuali scolastici della “terra del tawhid” (il monoteismo). Un modello esportato all’estero, a giudicare dalla denuncia sul Times di Colin Cook, un ex insegnante della King Fahad Academy di Londra, che ha accusato i sauditi di fomentare la violenza contro i “cristiani maiali”. “Non salutare per primo un cristiano o un ebreo” recita il libro di testo per gli studenti delle scuole superiori. Al massimo concedigli un “a te”. “Non diventare amico dell’infedele a meno che l’obiettivo sia la sua conversione”. Perché, come sta scritto in Ibn Abbas, “gli ebrei sono scimmie, il popolo del Sabato; i cristiani sono maiali, gli infedeli della comunione di Gesù”. Si insegna che “lo scontro fra la umma musulmana e gli ebrei e i cristiani durerà fino a che Allah lo vorrà”. Il bambino deve imparare a non mostrare gratitudine, amicizia, lealtà, cortesia e rispetto per i non musulmani e gli sciiti. “Non augurare mai all’infedele buone feste”. Nei manuali si definiscono “crociate” attività come le università americane di Beirut e il Cairo, gli studenti devono odiare i “politeisti infedeli” del culto di Maria e dello Spirito Santo. “Il messia, il figlio di Maria, non era altro che un apostolo”. Un odio dal quale si misura la “vera fede”, perché “la fede non è solo sulla punta della lingua, consiste di convinzione e azione”. Il peccato più grave è il culto delle tombe, che per i wahabiti accomuna cristiani, ebrei e sciiti. Dell’epoca di Maometto alla Mecca restano in piedi solo una ventina di edifici. Gli altri sono stati abbattuti dalla furia wahabita. Distrutta è la tomba di Amina bin Wahb, madre del Profeta. Distrutta la casa di Khadijah, moglie di Maometto. Quella di Abu Bakr ospita l’Hilton. La polizia religiosa, la famigerata muttawa, vigila giorno e notte sulla tomba di al Baqi, altra moglie di Maometto, contro chi vuole deporre fiori. “Costruire un luogo di culto sulle tombe è espressione di idolatria” dice il manuale scolastico. “E’ proibito pregare le tombe e solo il nome di Allah può essere proferito durante un funerale (...) Il jihad contro scimmie e maiali continuerà fino al Giorno della Resurrezione. Che Allah possa dannare ebrei e cristiani che trasformarono le tombe in templi”. Lo studente deve indicare un versetto coranico in cui si dice che l’islam è la sola religione, oppure rispondere: “E’ permesso amare un ebreo o un cristiano?”. “I non credenti fra il Popolo del Libro e i politeisti bruceranno per sempre all’inferno, sono le creature più vili”. Ai bambini si dice che “è permesso distruggere, bruciare e demolire i castelli degli infedeli”. Quanto al matrimonio: “E’ proibito per una donna musulmana sposare un infedele, è proibito per un uomo islamico sposare una donna politeista e del Popolo del libro, ebree e cristiane”. Combattere il cristiano che “diffonde veleno” è parte del Jihad fi sabil Allah, la guerra santa sul sentiero di Allah. “L’islam è la religione che conduce in Paradiso, le altre distruggono i fedeli. Qual è il destino degli infedeli, cristiani e ipocriti nel Giorno del Giudizio? La loro dimora è l’inferno”. Si dice che Allah ha dato all’uomo molti modi per fare il bene dell’islam. Fra questi, “l’uccisione di apostati ed eretici”. Ogni libro è insufflato di complotti contro l’islam: “Non c’è dubbio che il potere dei musulmani irrita gli infedeli e diffonde invidia nei cuori dei nemici dell’islam, cristiani ed ebrei. Essi complottano contro di loro, li rapinano e colgono ogni opportunità per eliminare i musulmani. Si inizia con il complotto degli ebrei contro il Messaggero. Dissociatevi dagli infedeli, detestateli per la religione che professano, non contate mai sul loro appoggio, non esprimete loro la vostra ammirazione e opponetevi a oltranza, conformemente alla legge islamica”. Infine, rivolti alle future madri: “Le vostre donne non devono star lontane dalle domestiche infedeli, ma non devono trattarle come tratterebbero una donna islamica. Devono odiarle per la grazia di Allah”. E’ stato l’11 settembre, quando si scoprì che quindici dei diciannove attentatori erano passati dalle scuole saudite, che ci ha fatto conoscere questo curriculum anticristiano, che Nina Shea, a capo del Center for Religious Freedom, bolla come “di tipo nazista”.
Un articolo della dissidente musulmanaIrshad Manji:
Il silenzio dei moderati potrà mai sconfiggere la violenza dei fondamentalisti? A Vancouver, durante la mia adolescenza, frequentavo una scuola islamica. Lì ho imparato che non ci si può fidare degli ebrei perché l’unico dio che riconoscono è il denaro. Stando alle parole della mia insegnante, tutti gli ebrei, nessuno escluso, sono ossessionati dagli affari. Ma guardandomi attorno, notavo che la maggior parte dei nuovi negozi nel mio quartiere recava insegne scritte in lingue orientali: mandarino, cantonese, giapponese, coreano, hindi, punjabi; tantissime in urdu. Non ebraico, ma urdu, lingua nazionale in Pakistan. Ricordo di essermi chiesta se la mia scuola religiosa, invece di educarmi, cercasse piuttosto di indottrinarmi. Oggi quell’interrogativo riaffiora alla mente grazie alla notizia che Salman Rushdie, autore dei Versetti Satanici e di altri romanzi, sarà nominato Sir dalla Regina d’Inghilterra. La sua investitura ha scatenato l’indignazione del mondo musulmano, che minaccia nuovi e feroci attacchi suicidi. Lunedì il ministro pachistano per gli Affari religiosi ha detto di non essere affatto sorpreso da questa reazione, che anzi giudica comprensibile, in quanto Rushdie è colpevole di aver insultato l’islam con i suoi libri blasfemi. Membri del Parlamento, come anche il governo pachistano, si sono espressi contro la nomina a Sir dello scrittore, alimentando così l’ondata di proteste che si è sollevata in Europa e in Asia per l’offesa arrecata al mondo musulmano. E in quanto musulmana, potete scommetterci, io mi sento offesa – offesa da queste assurde reazioni! Offesa perché non è la prima volta che simili onorificenze concesse dal mondo occidentale a personaggi provenienti da paesi arabi vengono accolte da censura e manifestazioni di violenza. Nel 1979 il pachistano Abdus Salam divenne il primo musulmano a ottenere il Nobel per la Fisica. Nell’accettare il premio, cominciò il suo discorso con un verso del Corano. La sua nazione avrebbe dovuto celebrarlo come un eroe. Invece, un gruppo di fanatici rivoltosi tentò di impedirne il rientro in patria. Il Parlamento arrivò a etichettarlo come un “non-musulmano” semplicemente perché apparteneva a una minoranza religiosa. A tutt’oggi è considerato un personaggio scomodo e il suo nome continua a essere pronunciato a bassa voce dalle autorità di stato. Mi sento offesa perché ogni anno il numero di donne uccise in Pakistan per aver (presumibilmente) violato l’onore della famiglia è superiore a quello dei detenuti di Guantanamo. Il popolo musulmano ha giustamente denunciato i maltrattamenti subiti dai prigionieri a Guantanamo. Ma dov’è l’indignazione per la morte di tanti musulmani per mano dei propri fratelli? Mi sento offesa perché ad aprile i mullah della Moschea Rossa di Islamabad hanno lanciato una fatwa contro chi osi abbracciarsi. La ministra del Turismo pachistana lo ha fatto, ha abbracciato il suo istruttore di paracadutismo – in realtà, ha ricambiato una pacca di congratulazioni – dopo aver effettuato con successo un lancio a fini caritatevoli: raccogliere fondi per i terremotati del 2005. Gli integralisti della moschea sostengono che l’aver toccato un altro uomo debba essere considerato un “peccato osceno” e ne hanno chiesto le dimissioni. Mi sento offesa dalla loro fatwa secondo cui le donne dovrebbero rinchiudersi in casa e non dovrebbero mai mostrarsi in pubblico se non coperte integralmente. Mi sento offesa perché vogliono costringere i negozi di musica e di video a chiudere. Mi sento offesa perché il governo non ha il coraggio di prendere una netta posizione di condanna nei confronti di questi episodi folli per paura che i mullah mettano in pratica le loro minacce di attacchi suicidi. Mi sento offesa perché il 17 giugno, a Kabul, 35 musulmani sono stati fatti saltare in aria da altri musulmani e due giorni dopo, a Baghdad, la stessa sorte è toccata a 87 persone, uccise da “rivoluzionari” islamici. Il governo pachistano non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali di condanna per questi attacchi fratricidi. Mi sento offesa perché nonostante le continue carneficine, si sposti l’attenzione su un ateo dichiarato come Rushdie. E soprattutto mi sento offesa perché tantissimi altri musulmani non sono abbastanza indignati da scendere in strada per dimostrare contro coloro che si auto-proclamano ambasciatori di Dio. Non facciamo altro che ripetere al mondo intero che i fondamentalisti sfruttano l’islam, ma quando si tratta di combattere uniti le loro prese di posizione, ecco che stranamente precipitiamo in un profondo silenzio. Chi pensate che possa vincere la battaglia: la violenza dei fondamentalisti o il silenzio dei moderati? Non dico che opporsi alle intimidazioni sia facile, ma è giunta l’ora di “bandire” l’ipocrisia dal regno dell’islam. Rushdie non è un problema. Il vero problema sono i musulmani. La prima taglia sulla testa di Rushdie era di un milione di dollari. Arrivò poi a 1 milione e 250 mila dollari; e continuò a salire. Il principale benefattore, il governo iraniano, ha detto di aver investito, con profitto, sulla condanna a morte dello scrittore. Questo spiega l’aumento del valore della ricompensa. Pare che gli ebrei non siano gli unici a saper condurre gli affari.
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