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Ogni tanto sbuca qualcuno che si muove a pietà per i poveri carcerati perseguitati dalla giustizia, ecc., ecc. Ora c'è qualcuno che si scalda perché Priebke è agli arresti domiciliari, perché è vecchio. Poi c'è qualche furbo che insinua che l'attentato di via Rasella, fosse un azione "terroristica" che meritava la rappresaglia. Qui bisogna essere precisi e nessuno osi barare. L'attentato di via Rasella fu un'azione militare e non "terroristica", concordata con il C.L.N. comandato dal gen. Raffaele Cadorna. Fu rivolta contro militari. E' irrilevante che i militari non fossero combattenti, ma facessero parte delle retrovie. In effetti essi consentivano all'esercito nazista di avere più uomini disponibili al fronte. Del resto nessuno dei sopravvissuti all'attentato si è mai lamentato di nulla. Come militari sapevano benissimo qual era il rischio che correvano. Dopo il crollo del comunismo cadde la protezione della quale godevano non pochi criminali nazisti. E così fu possibile processare anche Priebke in quanto il crimine di guerra da lui commesso non andava in prescrizione. Il crimine consisteva nell'aver ordinato e partecipato al massacro di 335 ostaggi anziché di 330 come previsto dalle rappresaglie di guerra. Infatti i militati morti a via Rasella erano 33. Priebke fu condannato all'ergastolo, poi commutato in arresti domiciliari. La revoca degli arresti fu motivata dal fatto che doveva andare a lavorare. Ma figuriamoci! A 93 anni chi ha voglia di lavorare! Se il suo avvocato aveva bisogno di un interprete, bastava che gli porti i fascicoli a casa sua. Queste sono in sintesi le cose elementari che ognuno dovrebbe sapere. A Priebke non è stata resa alcuna ingiustizia. Se qualcuno si meraviglia della durezza dei perseguitati è bene che ponga mente a una legge italiana, che penso sia ancora in vigore. Perché sia usata clemenza il reo condannato deve chiedere perdono alle vittime o ai loro eredi. Ma questo lo sapeva anche Dante: "Perdonare non si può chi non si pente né pentere e volere insieme puossi per la contraddizion che no 'l consente." |
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