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Il Manifesto Rassegna Stampa
24.06.2007 Le pruderie piccolo borghesi del quotidiano comunista
con in più le solite menzogne

Testata: Il Manifesto
Data: 24 giugno 2007
Pagina: 1
Autore: Alessandro Robecchi
Titolo: «Un nude-look per farsi amare»

Che al MANIFESTO ci fosse nel DNA del quotidiano comunista una buona dose di pruderie piccolo borghese lo sapevamo sin dalla sua fondazione. E' dote tipica dei rivoluzionari, invocare la violenza del cambiamento, per poi scandalizzarsi per delle immagini di donne/uomini nudi. Non poteva fare eccezione la rivista americana Maxim, della quale abbiamo scritto ieri (è nella rubrica "Dite la vostra") dopo l'uscita del pezzo di Francesca Paci sulla STAMPA a proposito delle immagini sexy delle soldatesse di Tsahal. Naturalmente il MANIFESTO ci aggiunge la solita palata di menzogne, che non stiamo nemmeno a rettificare. Il pezzo è breve,lo lasciamo ai nostri lettori perchè ne apprezzino la lievità e l'eleganza. L'autore è Alessandro Robecchi, è in 1a pagina, titolo " Un nude-look per farsi amare".

Gran bella cosa, la comunicazione. Ma è opinione diffusa che con l'ausilio di un bel paio di tette funzioni meglio. È questo il motivo per cui - con lo zelo tipico degli uffici stampa - giornali e telegiornali italiani ci hanno mostrato le avvenenti soldatesse di Israele in versione sexy, cioè nude. Grande lancio mediatico per un servizio del mensile Maxim, edizione americana, periodico pornosoft per maschietti dalla virilità declinante. Fosse il solito servizio cochon, passi. Ma si apprende che l'idea viene da lontano. Addirittura da una preoccupazione del ministro degli esteri israeliano, signora Tzipi Livni, cosciente del «problema d'immagine» del suo paese. Pr, dipolomatici, specialisti di comunicazione hanno studiato il problema. Dalla teoria alla pratica il passo è breve: il console generale di Israele a New York, signor Ariyeh Mekel, ha avuto l'ideona del servizio, che il mensile per maschi dal testosterone triste ha subito messo in pratica. Et voilà, le soldatesse desnude. Vi risparmio le chiacchiere di contorno, i sapienti discorsi di marketing sul «re-branding» dello stato di Israele, le dotte dissertazioni sul «new-look» di un paese che non gradisce la sua pessima fama. Pure, resta qualche perplessità. Che qualche paio di tette, qualche bel visino incorniciato dall'elmetto, qualche chiappa che fuoriesce dalla divisa, possano fare effetto si sa: siamo umani, e non c'è da vantarsi. Che tutto questo possa far dimenticare - in quanto a new look - i ragazzini palestinesi con le braccia spezzate, o legati ai paraurti delle autoblindo, o un muro che rende i territori prigioni a cielo aperto, o le esecuzioni mirate, è già più arduo. Insomma, sull'efficacia del re-branding è lecito dubitare, tantopiù che tette e belle ragazze ci sono dappertutto, anche senza elmetto. Ma Israele è un grande paese e non c'è dubbo che avrà altri modi per rifarsi l'immagine. Per esempio presentando al prossimo salone di Parigi le sue nuove micidiali armi hi-tech. Molti le sanno costruire, ma non tutti - come loro - hanno tante cavie su cui sperimentarle.
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