Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Lo Human Rights Council dell'Onu mette sotto osservazione Israele ma assolve Cuba e Bielorussia
Testata: Corriere della Sera Data: 21 giugno 2007 Pagina: 15 Autore: Michele Farina Titolo: «Israele sotto esame Onu, promosse Cuba e Bielorussia»
Dal CORRIERE della SERA del 21 giugno 2007:
Per fortuna c'è re Juan Carlos che procura l'imbianchino. Louise Arbour, Alto Commissario per i diritti umani dell'Onu, non poteva che applaudire «lo spirito di cooperazione » dimostrato dai rappresentanti dei 47 Paesi che a mezzanotte di lunedì in extremis, dopo 18 ore di trattative evitando l'ultimo sgambetto della Cina, son giunti ad approvare il nuovo ordinamento dello Human Rights Council. Alla sua nascita, più di un anno fa, lo si poteva immaginare (se non come la pietra miliare delle nuove Nazioni Unite favoleggiata da Kofi Annan) almeno come un onesto «cane da guardia», un botolo ringhioso pronto ad abbaiare (il Consiglio non ha poteri sanzionatori) contro tutti i governanti che se ne fregano dei diritti umani. Il «watchdog» ha cuccia a Ginevra, Svizzera, nello stesso palazzo dell'Alto Commissariato. Ora sa su cosa abbaiare. Risultato della votazione: 46 a 1. L'unico no dal Canada, il Paese della Arbour. Che nel suo discorso al Consiglio ha glissato su questo particolare un po' imbarazzante. Trovando motivo per dilungarsi nei grazie al re di Spagna, che s'è offerto di allestire (a proprie spese con un artista iberico) la sala XX del Palais, che diventerà così il quartier generale del Council «contribuendo a farne un'istituzione moderna e rinvigorita». L'aula c'è. I dipinti ancora misteriosi (dove ambientare una Guernica del XXI secolo?), il vigore è da dimostrare. La principale novità rispetto al passato è la «Universal Periodic Review»: d'ora in poi tutti i 192 Paesi Onu passeranno a rotazione sotto la lente del Consiglio. Ma il primo effetto concreto dell'accordo sembra indicare che il cane da guardia se vuole si addormenta, e che la lente in certi punti è appannata. Nella lista dei Paesi «sorvegliati speciali» — ereditata dalla screditata Commissione per i diritti umani — restano (senza averne danno, per la verità) la Birmania e lo Zimbabwe, il Sudan e la Nord Corea, ma spariscono la Bielorussia e Cuba. E resta sotto specialissima osservazione la crisi nei Territori Occupati palestinesi, con Israele che di fatto continua a essere l'unico Paese oggetto di reprimende (10 «risoluzioni» in un anno). E' proprio per il trattamento riservato allo Stato ebraico che il Canada ha votato contro gli altri 46 membri. «E' un compromesso che non ci lascia completamente soddisfatti — ha ammesso Michael Steiner, ambasciatore tedesco e rappresentante dell'Ue — Ma il fatto che si sia raggiunta un'intesa è molto significativo ». Gli fa eco il cinese Jingye Cheng: «Non è perfetto, ma è il massimo che si poteva ottenere». Pechino, all'ultimo, sembrava voler mandare a monte tutto. I cinesi lunedì pomeriggio si erano impuntati chiedendo che, per designare gli esperti da inviare in un dato Paese per indagare sui diritti umani, fosse necessario il sì di due terzi e non la maggioranza semplice: questo avrebbe significato il blocco delle inchieste, data la composizione del Consiglio i cui membri sono eletti a rotazione per aree (i Paesi più sensibili ai diritti umani in minoranza). Poi (in spirito olimpico) i cinesi hanno fatto marcia indietro. Secondo l'organizzazione Human Rights Watch l'accordo «lascia margini ai Paesi che cercano di indebolire la protezione dei diritti umani». Dure critiche dagli Stati Uniti, che fin dall'inizio hanno bocciato il Consiglio chiamandosi fuori. «Vittoria storica» la definisce il governo cubano, ovvero «la fine delle manipolazioni degli Usa contro di noi». Adrian Severin, dal 2004 osservatore in Bielorussia, si aspetta «una reazione trionfale» a Minsk, dove ora «le vittime della repress ione del presidente lukashenko si trovano più sole e indifese». Tra i comunicati diffusi dall'Onu a Ginevra, l'unico Paese a stigmatizzare nero su bianco la scelta su Cuba e Bielorussia è la Repubblica Ceca. La Polonia bolla il regalo alla Bielorussia. Dagli altri, tanta diplomazia. In fondo cosa si voleva, la rottura? Anche Giovanni Caracciolo di Vietri (l'Italia è appena entrata nel Consiglio) sottolinea che «le nuove misure sono largamente positive, anche se alcuni punti sono insoddisfacenti». I disgraziati di Minsk valgono bene un'aula al Palais, fatta affrescare da re Juan Carlos.
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